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    Palestina: la dichiarazione del 1988. OLP e rapporti internazionali

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    Il 15 novembre segna la ricorrenza della proclamazione della Palestina quale stato indipendente, avvenuta in questa data 36 anni fa, con la Dichiarazione di Algeri, letta da Yasser Arafat nel corso del 19esimo Consiglio Nazionale Palestinese.

    Analizziamo i due conflitti che più hanno contribuito all’affermazione dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, la guerra dei sei giorni e la guerra dello Yom Kippur, nonché i provvedimenti diplomatici internazionali che hanno tentato di mettere un punto che potesse definire la risoluzione della ‘questione’ palestinese.

    1967 – La guerra dei sei giorni 

    A quasi vent’anni dalla formazione dello Stato di Israele, nel 1967, il Medio Oriente diveniva teatro della guerra dei sei giorni, avvenuta tra il 5 ed il 10 giugno, avvenimento che segnerà indelebilmente tutta la storia politica e militare dei decenni successivi: da quel momento, un conflitto che fino ad allora era stato prettamente arabo-israeliano, vedrà apparire quale terzo ed esplicito protagonista i palestinesi, che, di fatto, non avranno uno spazio territoriale proprio, sicuro, riconosciuto e stabile.

    Lo scontro vedeva contrapposti Israele – che aveva deciso di attaccare in maniera ‘preventiva’ – ed Egitto, Siria e Giordania, che vedranno sottrarsi, in un tempo brevissimo, Sinai e Striscia di Gaza, Golan, Cisgiordania e Gerusalemme Est.

    Qualche mese dopo, con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza 242/1967, l’ONU affermava la necessità di due elementi, in primis del «ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati nel recente conflitto», ed in secondo luogo della «cessazione di ogni pretesa o stato di belligeranza e rispetto e riconoscimento la sovranità, l’integrità territoriale e politica indipendenza di ogni Stato della zona e il loro diritto a vivere in pace in un ambiente sicuro e confini riconosciuti liberi da minacce o atti di forza».

    1973 – La guerra dello Yom Kippur

    Era il 1973 quando Egitto e Siria, parallelamente, attaccavano Israele, anche nell’intento di riprendere ciò che era stato sottratto loro nel 1967. L’azione militare avveniva ‘a sorpresa’: infatti, a differenza del conflitto dei sei giorni, Israele, pur essendo a conoscenza dei preparativi di un attacco nei propri confronti, decideva di non intervenire preventivamente.

    Nuovamente il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si esprimeva, con la risoluzione 338/1973 del 22 ottobre, imponendo il cessate il fuoco e richiedendo l’inizio delle trattative. Iniziativa, questa, in un primo momento inascoltata, e quindi reiterata con le successive risoluzioni 339/1973 e 340/1973, rispettivamente del 23 e 25 ottobre.

    Il conflitto, iniziato il 6, cessava il 26 ottobre 1973, con la graduale e successiva restituzione all’Egitto, da parte di Israele, del Sinai.

    La rappresentanza della Palestina – OLP e ONU

    L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina nasceva nel 1964, su iniziativa della Lega Araba, al fine di creare un ente che potesse rappresentare i palestinesi, sia da un punto di vista politico che da un punto di vista militare, dando voce a quella che veniva considerata una vera e propria resistenza. Dopo la guerra dello Yom Kippur, nel 1974, il Summit Arabo concedeva all’organizzazione lo status di “legittimo rappresentante” della Palestina.

    Anche in virtù di questo riconoscimento, l’Assemblea generale dell’ONU, con la risoluzione 3236/1974, deliberava l’«inalienabilità» del diritto dei palestinesi all’«autodeterminazione senza interferenze esterne», nonché il diritto «all’indipendenza nazionale ed alla propria sovranità». Con la risoluzione 3237/1974 invitava dunque l’OLP a partecipare ai lavori dell’Assemblea come osservatore.

    Nel 1976 l’organizzazione per la Liberazione della Palestina accedeva anche alla Lega araba, quale membro effettivo.

    La dichiarazione d’indipendenza del 1988 e gli auspici mai realizzati

    Il 15 novembre 1988, il Consiglio Nazionale Palestinese, organo assembleare legislativo rispondente all’OLP, approvava la dichiarazione d’indipendenza che identificava la Palestina come stato, ponendone come capitale Gerusalemme.

    Da qui cominciava il percorso internazionale per mezzo di cui, oggi, lo Stato palestinese risulta riconosciuto da 143 Paesi, su un totale di 193 Stati membri delle Nazioni Unite. Secondariamente, si avviavano i tentativi di accordo territoriale tra Israele e Palestina, mai pienamente realizzati, per mancanze di entrambi.

    Ancora, più di vent’anni dopo, la risoluzione 67/19 del 4 dicembre 2012 dell’Assemblea Generale dell’ONU, concedendo alla Palestina lo status di osservatore non membro, riaffermava ulteriormente «il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione e all’indipendenza del proprio Stato di Palestina sul territorio palestinese occupato dal 1967», nonché la necessità di due Stati, indipendenti, sovrani, democratici e contigui, con la riapplicazione dei confini sanciti ante-1967.

    Conclusioni?

    Abbiamo trattato, e stiamo trattando ampiamente su POLITICA il conflitto attualmente in corso in Medio Oriente, già estesosi e potenzialmente ancora estendibile. Un accordo sembra mera utopia, le parti in causa sono diverse e spesso, per alcuni, confondibili negli intenti e nelle azioni.

    Di certo c’è il fatto che il susseguirsi dei decenni non ha portato ad una soluzione capace di mettere la parola “fine” alla disputa territoriale ed alla proliferazione di gruppi armati e terroristici. Ciò non ha fatto altro che aggrovigliare ancora più gli interessi degli attori in atto, definendo nel tempo quello che sembra un conflitto mondiale, benché concentrato in una fascia limitata di mondo.

    Non possiamo di certo trarre delle conclusioni in questa vicenda. L’unico mezzo che abbiamo ora è quello dell’informazione, tentando di plasmarla in modo che non susciti scontri, ma che sia mezzo per comprendere il presente.

    A cura di

    Yari Nicholas Turek – Direttore editoriale

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