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    Precariato senza freni e reclutamento affidato “al caso”

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    In Italia l’inadeguatezza e la criticità del sistema d’istruzione rappresenta un problema cruciale che non può più essere ignorato. Tale disfunzione è dovuta a cause di carattere strutturale, e non solo. Tra queste il meccanismo controverso del reclutamento dei docenti, origine di una precarietà diffusa, salari inadeguati e, ragione primaria e determinante, la responsabilità delle istituzioni che non riescono a garantire politiche efficaci e sostenibili, di supporto e di tutela dei diritti. A queste si aggiunge l’inefficienza dei sindacati, dovuta prettamente ad una divisione interna e ad una mancanza di dialogo e collaborazione con il Governo.

    Inefficienza di un sistema

    Non c’è da meravigliarsi se in Italia si sente parlare ancora di inefficienza del sistema scolastico, nonostante esso vanti una lunga tradizione culturale e la più importante storia dell’istruzione accademica. Tra le principali cause rientrano i finanziamenti inadeguati e l’eccessivo precariato dei docenti, motivi per cui, ad oggi, la nostra scuola presenta significative carenze in termini di efficienza rispetto ad altri Paesi europei.  

    A queste si aggiungono altre criticità che impattano negativamente sull’efficacia ed equità dell’istruzione. Si considerino le disparità territoriali e le disuguaglianze socioeconomiche, che collocano il Paese tra le ultime posizioni continentali, come fanalino di coda, per povertà educativa e carenze di competenze base. Sono conseguenze, indubbiamente, della marcata disomogeneità della distribuzione in termini economici e del cronico sottofinanziamento, che va poi a tradursi in edifici scolastici fatiscenti, riduzione di risorse didattiche, limitazioni all’innovazione digitale e, come già accennato, una erosione della qualità dell’istruzione, generando così una classe di studenti inclini ad una competizione poco dinamica in una società avanzata e all’avanguardia nell’innovazione. 

    Sebbene, ad oggi, sono state proposte numerose iniziative per fronteggiare l’ingente fenomeno dell’abbandono scolastico, l’Italia registra ancora un tasso del 12,7% con una percentuale dei NEET che è, invece, del 22,1%, dati che si ripercuotono sullo sviluppo economico, ma soprattutto sociale, della nazione (l’incidenza maggiore si denota nelle regioni meridionali).

    Armiamoci e partite: il grande ordine all’esercito dei precari

    Se è vero che il malfunzionamento incide prevalentemente sugli studenti, è vero anche che tale disfunzione si ripercuote negativamente sul lavoro dei docenti, sempre più sfiduciati e immotivati. Tra le questioni ancora insolute del sistema educativo italiano c’è quello del precariato, una ferita aperta nel tessuto dell’istruzione da considerarsi ancora sanguinante e mai rimarginata. Il grande esercito dei docenti precari provoca instabilità, e questo è sotto gli occhi di tutti, generando conseguenze sia sul processo educativo scolastico in generale, sia sulla sostenibilità della psicologia umana. 

    È surreale come in un Paese, tra i più sviluppati del mondo, il settore scolastico si trovi a dover fronteggiare un’ironia inquietante proprio perché, mentre si promuovono politiche di valorizzazione nel settore, il 25% circa dei docenti si trova a dover lavorare in condizioni in cui le aspettative di stabilità professionale sembrano un’utopia. 

    La condizione di precariato scolastico prevede tipologie contrattuali discutibili, poiché ‘ben che vada’ possono addirittura (ironicamente) durare un anno, mal che vada nove mesi o anche settimane, con l’intento e la speranza di cumulare quanto più punteggio possibile. 

    Vittime di un sistema migratorio, ogni anno i docenti si trovano costretti a trotterellare da una regione all’altra (a migliaia di km da casa, dalla famiglia e dagli affetti), da una scuola a un’altra, affrontando, in questo caso, sfide logistiche e relazionali che possono tradursi in rapporti vulnerabili e spesso di tensioni poiché ultimo arrivato male accontentato; spesso considerati meri tappabuchi, costretti ad adattarsi alle mutevoli logiche della scuola in questione, i docenti precari si ritrovano a sopperire alle carenze scolastiche e salvare il salvabile. 

    Gli insegnanti, trattati come pedine bianche su una scacchiera poco stabile, si ritrovano, dunque, a vivere una situazione degradante poiché vittime di un sistema che non garantisce uno stipendio solido, con una retribuzione all’altezza della loro mansione considerando che, come ha sottolineato anche il Presidente della Repubblica Mattarella “agli insegnanti, ai presidi, ai docenti, al personale di supporto si chiede molto, talvolta troppo.” Infatti, oltre alla responsabilità educativa, ad oggi, gli insegnanti si ritrovano a dover affrontare un ingente carico di compiti amministrativi e burocratici che non solo grava sulla loro professionalità, anche sulla qualità dell’insegnamento poiché, con i loro adempimenti, si trovano a dover destreggiarsi tra obblighi sempre più complessi.

    Tuttavia, a causa di una discutibile gestione del sistema, che prevede l’assenza di una struttura normativa che definisca con precisione i compiti e le responsabilità del docente e di un piano di assunzione strutturato, la precarietà scolastica è diventata ormai un cancro lacerante che mina le fondamenta della formazione.

    Un reclutamento affidato “al caso

    Ciò che fa rabbia, tra tutto, di un sistema ormai in declino è sicuramente il metodo di reclutamento dei docenti: un algoritmo rigido e dunque stupido (Repubblica, 16 settembre 2024). Ricordiamocelo, gli algoritmi operano sulla base di dati storici e criteri rigidi, il che può portare a decisioni statiche e poco flessibili. 

    Sebbene i big del Governo ritengano sia una modalità veloce ed efficace, affidarsi all’algoritmo significa delegare a un sistema automatizzato decisioni fondamentali, che indubbiamente non riflette le reali competenze e potenzialità dei docenti. 

    Trattasi di una disumanizzazione del processo poiché poco, se non per nulla, meritocratico; non si dimentichino le qualità richieste ai docenti ‘in cattedra’, tra le tante: empatia, capacità pedagogiche, flessibilità e collaborazione, gestione della classe e formazione continua, tutto ciò che l’algoritmo bypassa. Inoltre, quello dell’algoritmo diventa un processo che genera ansia e stress per i docenti che sono costretti ad ‘attendere la sorte’, con convocazioni che pervengono a pochi giorni prima dell’apertura scolastica, consentendo ai suddetti sole 24h per la presa di servizio. Tuttavia, l’ingiustizia è comprovata anche dalla poca trasparenza e dalla mancata possibilità di avere un colloquio con le istituzioni competenti le quali rigettano qualsiasi tipo di confronto e richiesta di chiarimenti.

    Una partita a perdere

    Ignorando deliberatamente le richieste di aiuto, sindacati e Governo continuano a scambiarsi le responsabilità, attribuendosi colpe a vicenda. 

    I primi segnalano la carenza di investimenti nel settore e l’eccessiva burocrazia che rallenta i processi di assunzione e di gestione delle risorse umane, lamentando soprattutto le conseguenze che comportano. Dal canto suo, il Governo, lamenta i diversi ostacoli che rallentano la riforma del sistema, tra questi il fatto che i sindacati, nel difendere i diritti dei lavoratori, sono restii ad accettare cambiamenti strutturali, come, per esempio, l’introduzione di valutazioni meritocratiche per i docenti. 

    Il risultato? Non solo perdono entrambi ma ne escono sconfitti anche i docenti, anzi soprattutto.  

    Questi ultimi pregano in ginocchio per vedersi riconosciuti i propri diritti, chiedono concorsi pubblici che non siano lenti e fatiscenti. A tal proposito, se si considera l’ultimo concorso bandito si denota tale inefficienza: la prima fase del concorso PNRR si è conclusa ad agosto, mentre nella seconda il MIM ha dovuto accantonare i posti perché le prove orali sono ancora in corso con commissioni ancora in work in progress. Tanti posti vacanti, ricambio costante di supplenti, classi senza insegnanti, docenti convocati “fino ad avente diritto”: questo è quello che vive la nostra scuola, nel 2024! La categoria dei docenti è vergognosamente privata della legittima dignità, messa al muro e costretta ad accettare i capricci delle istituzioni.

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