Domenica 18 maggio si è tenuto il primo turno delle elezioni presidenziali in Polonia, un appuntamento fondamentale per comprendere quello che sarà il futuro del Paese e il suo ruolo nell’Unione Europea.
Testa a testa tra Rafał Trzaskowski, candidato del partito europeista e liberale Piattaforma Civica, e Karol Nawrocki, esponente di Diritto e Giustizia, di matrice nazionalista e conservatrice. La divisione politico-ideologica del Paese è stata confermata così dai risultati del primo turno, con i due leader che ora si sfideranno al ballottaggio che si terrà il primo giugno.
I risultati
Il popolo polacco ha risposto alla chiamata elettorale comprendendo l’importanza del momento storico: l’affluenza è stata pari al 66,8%, uno dei dati più alti degli ultimi anni. Trzaskowski, sindaco di Varsavia, ha ottenuto il 31,3%. Nonostante ci si aspettasse un maggior numero di voti, rimane comunque un ottimo risultato che permette al leader di Piattaforma Civica di accedere al ballottaggio del primo giugno, rimanendo in pole position rispetto al suo avversario.
Nawrocki, figura celebre della destra polacca, ha collezionato invece il 29,5% dei voti, accaparrandosi un’ampia fetta dell’elettorato conservatore, il quale ha scelto prevalentemente Diritto e Giustizia e il partito Confederazione. Quest’ultimo è rappresentato da Slawomir Mentzen, libertario di destra, che ha raccolto il 14,8%, un risultato che, insieme al 6,3% raggiunto dall’ultranazionalista Grzegorz Braun, presenta un grande pericolo per gli europeisti, dato che questi voti potrebbero andare a Nawrocki al ballottaggio.
La controparte liberale potrebbe invece beneficiare dei voti della sinistra progressista, che ha ottenuto il 15%, ed è costituita dal partito ambientalista Polska 2050 e il leader Szymon Hołownia (Presidente del Sejm, la Camera bassa polacca), la Nuova Sinistra rappresentata da Magdalena Biejat e dal Partito Insieme di Adrian Zandberg.
La divisione politica
L’outcome di questo primo turno elettorale riflette la divisione politica e sociale del Paese, il cui popolo risulta essere diviso in due fazioni. Vi è una parte fermamente europeista, che ritiene che la Polonia debba aprirsi ulteriormente all’Unione e le sue istanze, cercando di ritagliarsi un ruolo di primo piano nelle dinamiche continentali. L’altra, invece, è fortemente scettica nei confronti dell’Unione europea, è ancorata al tradizionalismo cattolico polacco, e ritiene che le linee politiche europee non giovino al futuro della nazione.
Queste due differenti visioni si scontreranno al ballottaggio, e la compagine che uscirà vincente dalla sfida elettorale non determinerà solo l’indirizzo politico interno, ma anche la parabola geopolitica e il suo allineamento con le direttive europee. Allo stesso tempo, sono presenti segmenti sociali che risultano essere profondamente delusi dalla propria classe dirigente e hanno optato per i movimenti ultranazionalisti.
In questo senso, è possibile parlare di voti di protesta, caratterizzati da un netto rifiuto del classico dualismo della scena politica polacca, e mirano a favorire partiti minori ed anti-establishment. Saranno proprio questi voti a spostare l’ago della bilancia e ad influenzare il destino della Polonia, che necessita una leadership di governo capace di fare i conti sia con una divisione sociale persistente, che con un contesto internazionale delicato e pieno di insidie.
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