Nei summit degli ultimi giorni, con Trump al centro del tavolo, l’Europa ha mostrato tutta la sua debolezza geopolitica. All’incontro del 18 agosto alla Casa Bianca, i leader europei – da von der Leyen a Starmer, Merz e Meloni – sono arrivati in massa per chiedere garanzie di sicurezza per l’Ucraina.
Eppure, ciò che doveva essere una testimonianza di responsabilità, si è ridotto a un appello sterile, in larga parte vago e passivo, affidando completamente nelle mani di Trump la cabina di comando.
Sul fronte delle trattative, i leader politici del Vecchio Continente, ancora una volta, sono costretti a reagire per inerzia, quasi da comparse più che da protagonisti, con il Presidente statunitense a dettare il passo.
Il prezzo del ritardo nelle capacità dell’UE
Dalla conferenza di Londra fino a oggi, l’UE ha sostenuto formalmente che “nessuna decisione sull’Ucraina può essere presa senza l’Ucraina stessa”. Ma mentre l’America fagocita l’agenda geopolitica, Bruxelles rischia di restare nella zona d’ombra, senza avere spirito di iniziativa.
La realtà è che l’Europa non è dotata per proteggere l’Ucraina da sola. Mentre Trump esclude l’invio di truppe statunitensi, “gli europei sono disposti a mettere personale sul campo”, ma il rischio è che si tratti di un’enunciazione anziché di sostanza a causa del livello di industrializzazione della difesa continentale che continua a costare in termini di credibilità. Le dichiarazioni di intenti si scontrano con budget nazionali restrittivi, capacità di produzione limitata e ritardi persistenti nella consegna di armamenti.
Una scena dominata da Putin e Trump
Il contesto geopolitico oggi è chiaro: gli analisti osservano che il Presidente della Federazione Russa ha convinto Trump a puntare a un “accordo complessivo” che trascini il negoziato, consentendo alla Russia di erodere lentamente la resistenza ucraina, guadagnando così terreno sul campo.
Gli Stati Uniti si avvicinano a una posizione concordata con la Russia, con il paradigma che è diventato “fine della guerra in cambio di territori”, scenario che Zelensky sembra rifiutare nettamente, con l’appoggio dell’Unione europea, incapace però di plasmare accordi e sempre più destinata a giocare un ruolo di secondo piano, senza la possibilità di dettare il passo e porre veti.
Rischi e prospettive sul ruolo dell’Unione Europea
Il futuro del conflitto in Ucraina non si gioca solo sul campo di battaglia o nelle trattative tra Washington e Mosca, ma anche sulla capacità dell’Europa di dimostrare di non essere un attore geopolitico irrimediabilmente dipendente da altri. Finora, Bruxelles ha brillato più come finanziatore, mettendo miliardi di euro sul tavolo, congelato asset russi e avviato programmi di sicurezza, ma ha quasi sempre atteso che fossero gli Stati Uniti a scandire i tempi del negoziato. Questa postura reattiva alimenta il sospetto che l’UE, pur coesa a parole, resti prigioniera della sua fragilità decisionale e della dipendenza militare dall’ombrello atlantico.
Rischi e potenzialità
La guerra in Ucraina è stata la cartina di tornasole della vulnerabilità strategica dell’Unione, ma anche la spinta verso un salto di qualità: coordinamento industriale nel settore difesa, primo embrione di garanzie comuni di sicurezza, fondi vincolati per la ricostruzione. Se queste leve venissero integrate in un disegno politico chiaro, l’Europa potrebbe emanciparsi dal ruolo di comprimaria e mostrarsi come potenza autonoma.
Il rischio, tuttavia, è che prevalgano i veti e le esitazioni, con l’unanimità che blocca le decisioni, gli Stati membri riluttanti a sacrificare pezzi di sovranità e le agende divergenti delle varie forze politiche dei governi nazionali. Se questa paralisi si imponesse anche al tavolo delle trattative, l’immagine internazionale dell’Unione subirebbe un colpo durissimo poiché si dimostrerebbe, a differenza di altri attori, incapace di prendere decisioni.
Conclusioni
Il negoziato tra Putin e Zelensky sarà la prova di maturità di un continente che da trent’anni rivendica un ruolo globale senza mai assumerselo fino in fondo. Dalla capacità di Bruxelles di imporsi non dipende solo l’esito del conflitto, ma il destino stesso della sua identità politica. Se l’UE riuscirà a dettare condizioni e a garantire che la pace non sia un compromesso al ribasso, allora potrà riscrivere la percezione del proprio peso internazionale.
Se invece accetterà di accomodarsi tra gli spettatori, sarà destinata a restare ciò che i critici le rimproverano da sempre, cioè una potenza economica senza volontà politica, un gigante che paga i conti ma lascia agli altri la regia della storia.
20250313