Il cambiamento climatico non riguarda solo l’ambiente: sta ridisegnando la nostra economia e il nostro modo di vivere. Ogni tornado, ogni nubifragio, ogni siccità estrema è parte di un quadro più ampio che non possiamo più ignorare.
La situazione attuale
Ci sono stati 1.899 eventi estremi nel solo nei primi nove mesi del 2024 in Italia, tra cui tornado, grandinate eccezionali e nubifragi. Questi numeri allarmanti, nonché la distruzione che implicano, riflettono la nuova realtà con cui dobbiamo fare i conti. Le violenti alluvioni che hanno colpito ripetutamente l’Emilia Romagna senza precedenti, le grandinate record in Toscana, con chicchi di 7-9 cm di diametro, la devastante siccità in Sicilia – dove i bacini idrici stanno letteralmente sparendo – sono solo alcuni esempi di un Paese che vive fenomeni meteorologici sempre più estremi. L’agricoltura, la sicurezza idrica e la stabilità economica di intere regioni vengono minacciate, e con esse la tenuta stessa della società.
Nel mondo
Allargando il campo visivo al resto del mondo la prospettiva non migliora, anzi. Se limitiamo il nostro sguardo al solo settembre 2024, si nota che il ciclone Boris ha recentemente devastato l’Europa centrale, provocando evacuazioni di massa. Centinaia di decessi in Nepal sono stati causati da piogge torrenziali di oltre 72 ore. Il rapido susseguirsi di uragani negli Usa è stato definito dagli esperti un evento millenario: prima Helene, che ha portato morte e miliardi di danni, poi Milton, abbattutosi sulla Florida.
Il ciclone extratropicale che ha attraversato il Sahara nord-occidentale ha portato pioggia in ampie zone di Marocco, Algeria, Tunisia e Libia. Infine, il crollo della diga di Alau in Nigeria ha sfollato oltre un milione di persone. Questo rapido susseguirsi di eventi conferma che il cambiamento climatico non solo non conosce confini, ma è anche molto più rapido dei nostri modelli climatici. In aggiunta, questa carrellata intende segnalare che gli eventi italiani non possono essere compresi senza essere inseriti in un contesto globale.
Gli scienziati climatici e le organizzazioni che si occupano del clima sottolineano l’urgenza, oltreché di ridurre le emissioni il più rapidamente possibile, di avviare piani di adattamento che preparino le nostre società a questa nuova realtà climatica.
Eppure, la classe politica, così come gli organi di informazione, continuano a trattare il tema come fosse un dibattito nazionale in cui si confrontano opinioni diverse, anziché un’emergenza globale.
Le implicazioni
Una catastrofe che non è solo ambientale, ma che sta presentando un salato costo economico. I danni causati dai fenomeni atmosferici estremi non si limitano, infatti, alla distruzione di infrastrutture; stanno già erodendo il tessuto economico. Le perdite per l’Italia sono stimate essere tra le più gravi in Europa, e specialmente calamitose per Veneto ed Emilia Romagna. Una generazione che, oggi, va a scuola sarà adulta in un’Italia più povera e insicura.
Le misure proposte dall’attuale Governo sono frammentate e insufficienti. Con enormi ritardi, a fine 2023 è stato approvato un Piano Nazionale di Adattamento al Cambiamento Climatico. Tuttavia, non solo il piano è inadeguato ad affrontare le sfide odierne, bensì la sua implementazione resta lenta, quasi inesistente, con fondi destinati alla transizione ecologica inadeguati e una generale noncuranza sul tema.
Così, dopo anni di inazione o azione politica insufficiente, la cosa più sconcertante è il tentativo di trasferire il peso economico di questa nuova realtà unicamente su cittadini e imprese. Uno dei provvedimenti discussi riguarda infatti l’introduzione di assicurazioni obbligatorie contro le catastrofi naturali per le aziende, e forse anche sulle case private. Questa misura non è una cattiva idea in assoluto, ma lo diventa se implementata in assenza di un quadro più ampio per arginare le cause e le conseguenze del cambiamento climatico. Questo perché non solo non incide sulle cause della crisi, ma rischia anche di esacerbare ulteriormente le disuguaglianze economiche che attraversano in maniera ormai profonda le nostre comunità.
Se la capacità di assicurarsi, con tutti i conseguenti oneri economici, venisse completamente demandata a cittadini e imprese, le compagnie assicurative private potrebbero ritrovarsi in mano uno strapotere, dunque profitti incredibili. Insomma, il risultato di una manovra simile, se messa in atto in maniera completamente scollegata da un piano d’azione sistemico con investimenti strutturali, potrebbe essere quello di impoverire ancora più il settore pubblico e la sua capacità di provvedere a tutte e tutti. Come del resto sta già avvenendo.
Sforzi collettivi
Il problema delle assicurazioni contro i danni climatici, inoltre, ha anch’esso una dimensione internazionale: molte compagnie assicurative stanno abbandonando le regioni più a rischio, in particolare nel sud Europa, a causa dei costi crescenti legati ai disastri naturali. Il divario economico tra le regioni più ricche e quelle più povere viene così ampliato, dando vita ad un circolo vizioso difficile da arrestare.
Il costo sociale, economico e ambientale del cambiamento climatico, non è più una discussione teorica, ma una catastrofe ampiamente in corso. Per affrontare tutto questo serve un sistema informativo capace di unire i puntini, in grado di descrivere i rischi reali a cui andiamo incontro. L’attuale inazione politica rappresenta un errore drammatico che dovrebbe allarmare tutti, non solo i cosiddetti ambientalisti.
L’unica cosa pragmatica da fare di fronte a un crescente numero di disastri, nonché di fronte a una scienza unita nel descrivere scenari sempre più catastrofali, è intraprendere rapidamente e coraggiosamente misure radicali. La sfida di cui stiamo trattando, proprio perché globale, merita di essere affrontata con strumenti adeguati.
A cura di
Andi Shehu e Francesca Romana D’Antuono (Volt Europa)