Un riconoscimento che non è solo simbolico, ma politico, giuridico e morale: così il dibattito sullo Stato palestinese torna a dividere l’Europa, spingendo alcuni governi a compiere scelte storiche e altri a rimanere in silenzio. Quali sono le conseguenze e perché questo tema riguarda anche l’Italia?
La storia
Dal 1948 esiste lo Stato di Israele, nato sotto l’egida delle Nazioni Unite in seguito alla risoluzione 181 dell’Assemblea Generale. Ma accanto a quel progetto, la parte araba della Palestina storica rimase senza pieno riconoscimento statale, fra guerre, occupazioni e confini mai definiti. La Palestina ha proclamato la propria indipendenza nel 1988, attraverso l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), che ottenne ampio sostegno internazionale.
Nel 1993, con gli Accordi di Oslo, fu istituita l’Autorità Nazionale Palestinese, riconosciuta da Israele come interlocutore per la gestione dei territori. Tuttavia, lo Stato palestinese non è mai stato pienamente riconosciuto né dall’ONU né da tutti i Paesi occidentali, lasciando una frattura aperta nel diritto internazionale e nel processo di pace. Oggi più che mai, il riconoscimento dello Stato palestinese torna al centro dell’agenda diplomatica.
Gli Stati che stanno riconoscendo la Palestina
Negli ultimi giorni, Francia, Regno Unito e Malta hanno annunciato la loro volontà di riconoscere ufficialmente lo Stato di Palestina. Si tratta di un passaggio storico: la Francia ha dichiarato che “il riconoscimento è una leva politica per rilanciare il negoziato”; anche il Regno Unito, tradizionalmente più vicino a Israele, ha deciso di seguire una linea più autonoma, ammettendo che l’equilibrio va ripristinato. Malta, infine, ha affermato che il diritto internazionale non può più restare in attesa. Questa svolta europea è maturata nel contesto della crisi umanitaria a Gaza e dell’espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, che hanno aggravato l’instabilità dell’intera regione.
Chi ha riconosciuto la Palestina
Il riconoscimento dello Stato di Palestina non è una novità per la comunità internazionale. Oltre 130 Paesi – tra cui Russia, Cina, India, Brasile, Sudafrica e la stragrande maggioranza dei Paesi arabi e africani – hanno già riconosciuto formalmente la Palestina, soprattutto a partire dalla proclamazione del 1988 ad Algeri. In Europa, la Svezia è stata la prima a farlo nel 2014, seguita da numerosi Parlamenti che hanno approvato mozioni simboliche, pur senza effetti giuridici immediati.
Nel 2012, l’Assemblea Generale dell’ONU ha approvato una risoluzione che riconosce la Palestina come Stato osservatore non membro: 138 Stati votarono a favore, 9 contro (tra cui Stati Uniti e Israele), e 41 si astennero. Questo status ha permesso alla Palestina di aderire a organismi internazionali come l’UNESCO e la Corte Penale Internazionale, rafforzando la sua personalità giuridica internazionale anche senza pieno riconoscimento statale.
Nel 2015, su scelta di Papa Francesco, il Vaticano riconobbe lo Stato Palestinese.
L’approccio dell’Italia e degli Stati Uniti
Nonostante le recenti aperture da parte di vari Stati europei, gli Stati Uniti e l’Italia hanno deciso di proseguire con una linea diversa, ovvero non riconoscere l’esistenza di uno Stato Palestinese, temendo che in questo momento sia presto, ed anche perché si teme una possibile rottura dei rapporti con Israele, che, a detta di Trump e Meloni, rischierebbe di far saltare ogni forma di mediazione.
L’Italia, a sua volta, ha finora adottato una linea di cautela, esprimendosi in termini generali sul principio della coesistenza pacifica tra due popoli e due Stati. Nel 2015, la Camera dei Deputati approvò una mozione non vincolante favorevole al riconoscimento della Palestina; tra i firmatari e votanti a favore figurava anche l’attuale presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Tuttavia, nessun esecutivo ha finora tradotto quell’indirizzo parlamentare in un atto formale.
Il riconoscimento della Palestina e le possibili implicazioni
Riconoscere lo Stato di Palestina non implica necessariamente una contrapposizione nei confronti di Israele, ma può essere inteso come un’affermazione del principio secondo cui tutti i popoli hanno diritto all’autodeterminazione e alla sovranità. Inoltre, dal punto di vista formale, consentirebbe agli Stati che riconoscono la Palestina di poter inviare un ambasciatore in Cisgiordania e viceversa.
Non è poi da sottovalutare il dato politico, ovvero il creare dei rapporti con tutti quei Paesi arabi che già riconoscono la Palestina come Stato – questo secondo obiettivo è quello che ha spinto il Presidente Macron ad accelerare il riconoscimento – i quali, recentemente, durante una conferenza, hanno condannato gli attacchi di Hamas del 7 ottobre e richiesto il rilascio degli ostaggi israeliani, supportando, la creazione di due popoli e due stati, così come sancito da diverse risoluzioni ONU e dagli Accordi di Oslo del 1993.
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