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    Riforma fiscale: le fondamenta del diritto tributario

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    Secondo la nuova riforma fiscale presentata dal governo Meloni, il nuovo modello tributario dell’imposta Irpef sarà il seguente:

    1. Aliquota del 23% per i redditi fino a 28 mila euro
    2. Aliquota del 35% per i redditi compresi tra i 28 mila e i 50 mila euro 
    3. Aliquota del 43% per i redditi superiori ai 50 mila euro

    Il governo, quindi, ha intenzione di accorpare i primi 2 scaglioni Irpef. Il provvedimento ha suscitato numerose polemiche, ma non è obiettivo di tale approfondimento stabilire l’efficacia del provvedimento.

    Il principio di progressività

    Tale prescrizione deve, pertanto, rispettare il principio di progressività stabilito nell’articolo 53 della Costituzione, secondo cui “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. La norma costituzionale determina, quindi, che l’aliquota d’imposta aumenta all’aumentare dell’imponibile.

    Per capire bene come si è giunti all’attuale sistema tributario che affida al Parlamento il potere di emanare la legge e all’esecutivo il compito di intervenire nella fase di dettaglio, dobbiamo fare un tuffo nel passato, più precisamente è necessario far ritorno al XVI secolo, inInghilterra: qui emerse il bisogno di introdurre una giustificazione al prelievo coattivo dei tributi. Si definì così il principio “No taxation without rapresentation” sancito nella sua versione più antica nella Magna Charta Libertatum del 1215. In questo modo si assicurava che il prelievo fiscale non venisse disposto in maniera arbitraria dal sovrano o dalla famiglia reale. Tale principio permetteva una partecipazione più democratica del popolo, coinvolgendo i cittadini del Regno attraverso i loro rappresentanti in Parlamento.

    Anche in Francia il prelievo fiscale diventa costituzionalmente legittimo a partire dalla prima Costituzione post-rivoluzione. Nel 1814 l’oligarchia aristocratica aveva perso molto potere, facendo spazio al cosiddetto “terzo stato”. Questo passaggio di classe fece sì che nell’articolo 48 della Costituzione francese del 1814 venisse per la prima volta menzionato il concetto di riserva di legge. Un’arma giuridica con la funzione di garantire che determinate materie vengano decise, in questo caso, dall’Assemblea Nazionale Costituente.

    Tasse e imposte

    Ritornando all’Irpef  precisare, innanzitutto, che non si tratta di una tassa, bensì di un’imposta e la differenza è molto importante. L’Irpef è un’imposta, non una tassa, così come lo sono l’Iva o l’Irap. L’imposta viene definita come una prestazione patrimoniale coattiva effettuata dallo Stato a sostegno della spesa pubblica secondo i criteri di progressività. La tassa, invece, è un tributo da pagare in cambio di un preciso servizio, come ad esempio la Tari, la tassa rifiuti. L’Irpef, l’imposta sulle persone fisiche, è il tributo più importante dal punto di vista quantitativo. Preso singolarmente garantisce un apporto di un terzo circa sull’intero gettito erariale. Esso si compone di aliquote progressive che tengono conto del reddito del contribuente.

    Nel 2021 le entrate tributarie comprendevano 496.09 miliardi di euro, di cui 198.203 miliardi di Irpef. È bene, inoltre, sottolineare come le entrate tributarie rappresentino la fonte d’entrata maggiore per lo Stato, ma non certo l’unica. 

    A cura di

    Saif Jelassi

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