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    Ripensare il personale sanitario per affrontare le sfide del futuro

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    I sistemi sanitari di tutto il mondo stanno affrontando un periodo di forte e radicale mutamento. La carenza di personale sanitario, accentuata dall’invecchiamento della popolazione, unita alle crescenti esigenze di salute e alle innovazioni tecnologiche che richiedono competenze sempre più specializzate, rappresenta una crisi strutturale. In Italia, questa situazione è aggravata da disuguaglianze territoriali, da modelli organizzativi spesso obsoleti e da una scarsa capacità del sistema di attrarre e trattenere professionisti qualificati.

    Occorre dunque un ripensamento profondo, che abbracci non solo il reclutamento e la valorizzazione delle risorse umane, ma anche una revisione complessiva dei modelli di governance e delle modalità di interazione tra sanità pubblica e privata. In questo contesto, l’adozione di principi di Open Science e Open Governance si rivela cruciale per promuovere una comunicazione più efficace e una disseminazione capillare delle conoscenze, favorendo una maggiore mobilità e un confronto continuo tra i sistemi sanitari.

    La composizione e l’evoluzione della Health and Care Workforce

    Il termine “Health and Care Workforce” comprende in senso lato un ampio spettro di figure: dai medici agli infermieri, passando per tecnici e specialisti, oltre a tutti coloro che non sono considerati formalmente come personale sanitario, quali volontari e studenti in formazione o tirocinio, ma che comunque contribuiscono in maniera rilevante. Non si tratta dunque soltanto di professionisti, ma di una rete che coinvolge anche chi, come i volontari della Protezione Civile o della Croce Rossa, si attiva durante le emergenze per fornire un supporto cruciale ai nosocomi e ai territori.

    Nel corso del tempo, il ruolo del personale sanitario si è evoluto profondamente. Un esempio emblematico è quello degli infermieri: un tempo visti come semplici assistenti dei medici, oggi sono veri e propri protagonisti dei percorsi di cura, con competenze che spaziano dalla gestione dell’urgenza nei servizi di emergenza territoriale (come il 118) alla continuità assistenziale nei contesti domiciliari e territoriali. Tuttavia, in Italia, questo riconoscimento non si è ancora tradotto in un percorso di valorizzazione professionale adeguato, lasciando emergere criticità che meritano un’attenzione prioritaria.

    Il ruolo degli infermieri e il bisogno di valorizzazione

    Nonostante il loro contributo fondamentale, gli infermieri italiani sono penalizzati da un sistema che non prevede percorsi accademici strutturati per il conseguimento di dottorati o per la specializzazione avanzata. In altri contesti internazionali, come negli Stati Uniti, i paramedics godono di maggiore autonomia, potendo formulare diagnosi protocollate e intervenire direttamente sul paziente. In Italia, questa possibilità è ancora preclusa, limitando le potenzialità di una professione che costituisce un pilastro imprescindibile di qualsivoglia modello organizzativo si intenda considerare in futuro.

    La desertificazione sanitaria: una sfida non più solo territoriale

    Una delle problematiche più gravi e prioritarie è la desertificazione sanitaria, che colpisce in particolare i territori periferici e i piccoli borghi d’Italia. In alcune aree, il rapporto tra personale sanitario e popolazione è drammaticamente insufficiente. Per esempio, secondo il Report Ahead 2023 di Cittadinanzattiva, ad Asti si registra un pediatra ogni 1.813 bambini, ben lontano ciò che prevede la normativa (uno ogni 800).

    La desertificazione non dipende unicamente da retribuzioni poco competitive, ma è motivata anche da condizioni lavorative ed orari insostenibili, dalla mancanza di prospettive di carriera e dalla scarsità di incentivi. Per affrontare questa emergenza, occorre un approccio integrato che comprenda:

    • l’introduzione di incentivi economici e contrattuali, accompagnati da una maggiore mobilità nazionale, coordinata dal Ministero della Salute, per allocare le risorse umane laddove sono più necessarie; 
    • un maggior equilibrio di quello che oggi viene definito come work life balance, in realtà sempre esistito (Orazio definì metriotes, l’equilibrio tra otium e negotium). Turni di lavoro troppo massacranti da 12 ore (quando non si fa “la doppia”) e mancanza di tempo utile alla formazione impediscono un reale sviluppo della persona e della sua professionalità, con conseguenti ricadute sulla salute mentale del personale sanitario;
    • la creazione di programmi di edilizia sociale per il personale sanitario e le famiglie dei pazienti ricoverati nei pressi delle aree dei nosocomi, soprattutto nelle zone rurali e periferiche, che faciliterebbe la mobilità del personale sanitario;
    • l’implementazione di percorsi di formazione e l’istituzione di certificazioni gratuite per il personale sanitario, soprattutto per ciò che concerne il capacity-building legato a nuove cure innovative e alla digitalizzazione dei sistemi;
    • l’implementazione di percorsi di formazione mirati per i volontari, trasformando questi ultimi in risorse competenti attraverso processi di professionalizzazione.

    Il sistema sanitario italiano tra pubblico e privato

    Un ulteriore elemento di criticità è rappresentato dall’eccessiva frammentazione del sistema, con differenze significative nella gestione sanitaria a livello regionale e locale. Questa eterogeneità, alimentata da modelli che delegano ampie competenze alle singole Regioni, ha accentuato disuguaglianze strutturali già esistenti nell’accesso alle cure e nella qualità dei servizi offerti.

    Inoltre, l’affidamento della gestione del personale sanitario a cooperative ha creato un sistema disfunzionale. I contratti a partita IVA, i pagamenti a gettone e l’assenza di stabilità lavorativa hanno incentivato la fuga dagli ospedali pubblici verso il privato, aggravando ulteriormente la carenza di personale.

    Per rispondere a queste sfide, è necessario promuovere una maggiore centralizzazione delle decisioni a livello nazionale, accompagnata da una revisione del rapporto tra pubblico e privato. Un esempio emblematico è rappresentato dall’intramoenia che, se non regolamentata adeguatamente, può generare disuguaglianze e compromettere l’efficienza complessiva del sistema. Se è vero che per l’articolo 117 della Costituzione la salute sia una materia che spetta alle Regioni, è altresì vero che esse potrebbero esprimere il loro potere esecutivo attraverso pareri vincolanti e proposte. In aggiunta, il potere deliberativo deve essere condiviso tra chi ha uno sviluppo capillare sussidiariamente più vicino al cittadino e chi dispone di una visione d’insieme.

    Le iniziative europee: un’opportunità da capitalizzare

    A livello europeo, numerose iniziative mirano a supportare la Health and Care Workforce attraverso programmi di formazione, digitalizzazione e sviluppo delle competenze. Tra queste, si segnalano:

    • il Joint Action HEROES, che affronta le sfide della carenza di personale sanitario in Europa; 
    • il Pact for Skills, finalizzato a potenziare le competenze digitali; 
    • le Skill Partnerships for Long-Term Care, che promuovono una formazione continua per affrontare le sfide dell’invecchiamento della popolazione; 
    • la Partnership THCS, tesa tra i vari obiettivi a creare le competenze che permettano al personale di poter fronteggiare la trasformazione dei sistemi sanitari e di cura; 
    • H-PASS, iniziativa che intende costruire le skill digitali del personale sanitario; 
    • TEAMCARE, anch’essa rivolta a colmare una discrepanza esistente tra le competenze attualmente caratterizzanti i professionisti e quelle richieste dal settore pubblico.

    Tuttavia, una delle criticità principali risiede nella difficile disseminazione di queste iniziative. È essenziale che i professionisti sanitari siano informati e coinvolti attivamente, garantendo loro accesso a strumenti di formazione e aggiornamento.

    Conclusioni: verso un nuovo modello organizzativo

    Il rilancio del sistema sanitario italiano non può prescindere da una riforma strutturale della Health Care Workforce, che metta al centro la valorizzazione delle risorse umane e l’adozione di modelli organizzativi innovativi. Per garantire una risposta efficace alle sfide attuali, è necessario:

    • promuovere una maggiore mobilità e attrattività attraverso incentivi economici e alloggi sociali, in particolare per chi opera nelle aree periferiche e svantaggiate; 
    • investire in modelli di Open Science e Open Governance, che consentano una diffusione capillare delle conoscenze e una maggiore trasparenza nelle decisioni; 
    • integrare formazione e aggiornamento nella routine lavorativa, assicurando al personale la possibilità di accedere alle innovazioni tecnologiche e alle migliori pratiche;
    • riconoscere il valore della diversificazione di carriera, prevedendo percorsi che rispettino le diverse fasi della vita professionale, in modo da trattenere le competenze più esperte e garantire un passaggio di conoscenze alle nuove generazioni.

    Infine, è fondamentale che il sistema sanitario italiano favorisca il dialogo tra pubblico e privato, ripensi i ruoli e le responsabilità a livello centrale e territoriale e si assicuri di fornire agli operatori le migliori condizioni per svolgere il proprio lavoro. Solo investendo in nuove professionalità flessibili interdisciplinari sarà possibile costruire un sistema resiliente, equo e capace di rispondere alle esigenze di una società in continua evoluzione.

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