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    Salute mentale maschile: superare lo stigma per affrontare il disagio psicologico

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    La salute mentale è un aspetto fondamentale del benessere umano. Eppure, quando si tratta degli uomini, l’argomento è spesso avvolto nel silenzio. Per generazioni, tramite aspetti culturali e sociali, si è trasmessa l’idea che gli uomini debbano essere forti, invulnerabili e autosufficienti, mettendo in secondo piano, o addirittura nascondendo, le emozioni e il disagio psicologico.

    Tuttavia, i numeri parlano chiaro: gli uomini soffrono, spesso in silenzio. I tassi di suicidio maschile superano di gran lunga quelli femminili. Inoltre, gli uomini tendono a ricorrere meno spesso al supporto psicologico e alle cure per la salute mentale. È dunque urgente affrontare apertamente il tema della salute mentale maschile.

    Le radici del disagio: norme culturali e pressioni sociali

    Sin dalla prima infanzia, a molti uomini viene insegnato a “non piangere”, a “non mostrarsi deboli” e a “tenere tutto dentro”. Questo tipo di educazione emotiva impedisce loro di sviluppare un rapporto sano con le proprie emozioni. A lungo andare, il risultato è un’incapacità di riconoscere il proprio malessere e di esprimerlo con le persone.

    L’immagine dell’uomo forte, razionale, autosufficiente è ancora profondamente radicata. Chi cerca di deviare da questo modello viene percepito come meno virile, meno competente e meno degno. Questo porta ad una forte pressione interna che, a lungo andare, nasconde ogni segno legato alla vulnerabilità. 

    La cultura della performance e della stabilità maschile è ben radicata anche tutt’oggi. Per antonomasia, è l’uomo che deve garantire protezione e stabilità economica, caratteristiche che – se unite alla competizione e ad una pressione sociale elevata – possono accentuare il senso di inadeguatezza. In assenza di valvole di sfogo, queste continue tensioni possono sfociare in problemi gravi, tra cui ansia, depressione, violenza o maggiore vulnerabilità nei confronti delle dipendenze.

    Il disagio maschile e le disparità di genere

    Gli uomini presentano tassi più bassi di diagnosi per depressione e ansia rispetto alle donne, ma tassi più alti di suicidio, abuso di sostanze e comportamenti impulsivi o aggressivi. Questo apparente paradosso riflette una realtà inquietante: il disagio maschile spesso non viene riconosciuto o non ha il peso che merita di avere nelle tematiche sociali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riporta che circa il 77% dei suicidi a livello globale è commesso da uomini, con tassi circa tre volte superiori a quelli femminili in Europa. Inoltre, solo il 36% degli utenti dei servizi di salute mentale in molti Paesi occidentali è rappresentato da uomini, a dimostrazione della loro difficoltà ad accedere a un supporto psicologico per ragioni culturali e di stigma.

    Problematico è anche il comportamento espresso da molti uomini depressi: non appaiono tristi, ma mostrano irritabilità, rabbia, isolamento o iperattività lavorativa. Altri, invece, cercano sollievo nell’alcol, nelle droghe o nel gioco d’azzardo. Queste tendenze, pur essendo espressione di un malessere profondo, raramente vengono interpretate come segnali di una sofferenza psichica, bensì come caratteristiche dannose che rispecchiano una persona da evitare totalmente. 

    Il suicidio rappresenta una delle principali cause di morte tra gli uomini sotto i 50 anni in molti Paesi occidentali. In Italia, oltre il 75% delle persone che commette un suicidio è uomo: si tratta di una percentuale che rivela in primis la gravità di questo fenomeno, ma soprattutto la scarsa efficacia dei sistemi di prevenzione nel raggiungere il target maschile.

    Solitudine e mancanza di un linguaggio emotivo

    In media, gli uomini, chiedono aiuto molto raramente, sbagliando anche la tempistica: quando lo fanno la maggior parte delle volte è troppo tardi o si è generata una situazione di grande emergenza. Molti di questi non riconoscono – o non voglio accettare – che il loro disagio sia in realtà un problema psicologico e, di conseguenza, non sanno come parlarne. Il timore più grande è quello di non essere capiti e di essere successivamente percepiti come deboli, fragili ed inadeguati.

    La mancanza di linguaggio emotivo rende la comunicazione molto difficile e peggiora la possibilità di esprimere il proprio malessere. In particolare, molti uomini tendono a sostituire il linguaggio delle emozioni con quello fisico, manifestando il disagio attraverso sintomi corporei, piuttosto che verbalizzarlo. 

    Un altro tema molto importante è sicuramente legato alla solitudine, una problematica che tende ad aumentare con l’età ed eventi di rottura come il divorzio o la pensione. Questi ultimi possono segnare un profondo senso di smarrimento e contribuire all’isolamento sociale, aggravando ulteriormente le difficoltà psicologiche.

    Padri divorziati e giovani: ansia, identità e futuro incerto

    Tra gli uomini adulti, i padri divorziati rappresentano una categoria ad alto rischio psicologico. Il divorzio o la separazione comportano una serie di fratture non solo affettive e familiari, ma anche identitarie ed economiche. La crisi emotiva e l’abbandono a sé stessi diventano più profondi quando si aggiunge la ridotta possibilità di rimanere in contatto con i figli. 

    Alcuni studi mostrano che circa un terzo – il 33% – dei padri divorziati presenta sintomi di depressione clinica, una condizione che impatta negativamente sul loro benessere mentale. Mancano delle vere e proprie reti di supporto dedicate a questa categoria di uomini, i quali spesso si trovano improvvisamente esclusi dalla routine familiare, emotivamente spaesati e ulteriormente coinvolti in una forte pressione finanziaria. Può essere essenziale offrire dei percorsi di sostegno psicologico per i padri divorziati per evitare che una crisi familiare si trasformi in una profonda crisi esistenziale.

    I giovani

    Anche gli uomini più giovani tendono a vivere una loro crisi in maniera silenziosa, chiudendosi i loro stessi in maniera anche meno evidente rispetto agli uomini adulti. In un mondo in rapida trasformazione, caratterizzato da instabilità economica, precarietà relazionale e competizione sociale elevata, molti giovani si sentono spesso disorientatiinadeguati, incompresisenza punti di riferimento.

    Studi recenti mostrano che i disturbi d’ansia, il ritiro sociale e l’uso problematico di videogiochi, pornografia o sostanze psicoattive sono in aumento tra i maschi under 30. Anche in questo caso, la difficoltà ad accedere a supporti psicologici adeguati e la paura del giudizio rendono questi ultimi meno propensi a chiedere aiuto.

    Cambiare rotta: il coraggio di parlare e ascoltarsi 

    Cambiare lo stato della salute mentale maschile non è solo un compito sanitario: è una questione culturale, educativa, sociale.  Bisogna utilizzare strumenti che mirano all’educazione emotiva fin dall’infanzia, così da superare lo stereotipo del “maschio duro”. È importante normalizzare la terapia e il supporto psicologico tramite gruppi di sostegno o anche attraverso testimonial maschili legati al mondo dello sport o della musica. 

    Importante è anche rivalutare il ruolo paterno, in particolar modo nei contesti post-separativi. Serve dunque andare oltre all’immagine, inteso quale eroe invincibile. L’uomo può e deve essere un essere umano che non ha paura di esprimere le proprie fragilità senza vergogna, chiedendo aiuto quando necessario. 

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