Destra o sinistra, poco cambia: l’educazione sessuale ed affettiva all’interno dei contesti scolastici continua inesorabilmente a rappresentare un tema piuttosto dibattuto. Dalle malattie sessualmente trasmissibili alla fertilità, passando per mezzo del corretto utilizzo dei contraccettivi, esiste comunque un minimo comune denominatore: l’aleatorietà delle parole e la mancanza di misure strutturali.
Le dichiarazioni del ministro Salvini
Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, intervenuto a Montecitorio alla presentazione di un libro sul gender scritto dal deputato leghista Rossano Sasso, pare aver cambiato opinione relativamente all’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole. Letteralmente, “siamo pronti domattina a parlare di educazione alla sessualità nei licei per i ragazzi dai 14 anni in su”.
Esplicitato il discorso, ecco comparire subito il primo problema: stando a quanto dichiarato dal vicepremier, i destinatari di questo corso sarebbero solamente gli studenti delle scuole superiori di secondo grado. Assodato il fatto che sempre più giovani giungono all’età dello sviluppo con un background di conoscenze reperito in molti casi in rete, ci si dimentica di considerare la prematurità delle prime esperienze, attestate talvolta ben prima dei 14 anni. Insomma, un’apertura a metà e densa di criticità.
L’ideologia gender
In seguito, il ministro si è detto favorevole ad “incrementare le pene per chi aggredisce in base all’orientamento sessuale”. Espressa perplessità, invece, per quanto riguarda l’utilizzo di asterischi o dello schwa; pare che la neutralità qui sottesa, veicolata per mezzo delle parole scritte, sia “ideologia”. Quest’ultima matrice anti – ideologica compare anche in un secondo momento, quando Salvini spera in un ritorno del Parlamento sul tema dell’educazione sessuale “senza ideologia alla Zan, che voleva creare una marmellata unica” […] “Mi piacerebbe che i nostri figli, da professionisti non ideologizzati, capissero cosa si rischia se non si adottano alcune precauzioni, piuttosto che cercarselo sui siti porno, su Tik tok o su Instagram”.
Sulla stessa scia anche la conclusione: “Ci riteniamo più moderni e più aperti rispetto ad altri che usano la sessualità per fare propaganda politica” […] “Fare il pro Pal con le bandiere della Palestina inneggiando ad Hamas e fare il sostenitore della comunità lgbt, o ci sei o ci fai“.
Dati scorretti alla mano
Ed è proprio quest’ultimo punto a sollevare non pochi interrogativi: in passato, infatti, lo stesso Salvini aveva pubblicato sui social un messaggio contro l’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole elementari: ”Parlare di sesso, di coito e penetrazione a bimbi delle scuole elementari? Dal 70 per cento di mamme e papà, me compreso, un secco NO”.
In quell’occasione, l’esponente leghista aveva citato come fonte dei dati Tecnica della scuola, un sito volto all’approfondimento di questioni relative all’insegnamento e alla didattica, dando quindi modo anche ad altri colleghi parlamentari di rilanciare lo stesso messaggio oppure uno molto simile.
All’immediatezza sottesa alla condivisione sui social non ha però affatto fatto seguito un’altrettanta prontezza di verifica: difatti, come spiegato da Pagella Politica, Tecnica della scuola aveva pubblicato i dati senza fornire una chiara spiegazione della metodologia utilizzata per la realizzazione del sondaggio. Indagando più approfonditamente, si scopre che alla domanda “Educazione sessuale fin dalla scuola primaria: favorevole o contrario?” posta attraverso un modulo domande Google, ha risposto un campione piuttosto ristretto di genitori – appena 649 – difficilmente rappresentativo dell’intera popolazione italiana.
Qualsiasi esperto in materia potrebbe a questo punto commentare che la chiarezza e la precisione del campione raggiunto rappresentano pilastri a dir poco fondamentali di una rilevazione statistica, pena un effetto fortemente fuorviante dei risultati ottenuti. In aggiunta, il fatto che un esponente del Governo abbia bellamente sorvolato su quanto detto poc’anzi, dovrebbe quantomeno far dubitare dell’attenzione effettivamente riposta in una questione oggigiorno centrale.
Allo stato, con le dichiarazioni fornite a Montecitorio, emerge una netta rotazione copernicana – siamo infatti transitati dal no assoluto al sì seppur con riserve. Che quest’ultima sia frutto di una riflessione oppure sopraggiunta per pura casualità, in ottica propagandistica, non è dato saperlo. In attesa di conoscere meglio la natura del cambiamento intrapreso, sorgono comunque dubbi circa l’eticità con cui ci si appresta ad affrontare il futuro delle nuove generazioni.
La realtà quotidiana
Archiviate le parole pronunciate, la realtà mostra un quadro diametralmente opposto: l’educazione sessuale all’interno dei contesti scolastici è auspicata da quasi 8 studenti su 10. Nonostante ciò, la retorica politica pare ancora pregna di valutazioni scorrette, nonché alimentata da quella divisione un tempo salda e ferrea tra destra e sinistra. A rimetterci sono chiaramente gli stessi studenti che, oltre a subire una politica ridotta a spettacolo, vedono gli stessi esponenti eletti in Parlamento barcamenarsi in un mare di inconcludenza e scarsa competenza specifica.
Basti pensare che i fondi destinati dalla Legge di Bilancio alla salute sessuale non saranno volti all’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, ma saranno piuttosto impiegati per la formazione degli insegnanti delle scuole secondarie sul tema della fertilità maschile e femminile. Che dire invece dell’aspetto culturale? Quest’ultimo pare non essere pervenuto, persino tra le fila dei deputati e dei senatori.
A cura di Fiammetta Freggiaro – Vicedirettrice editoriale
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