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    Serbia: tre mesi di proteste portano alle dimissioni del primo ministro

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    La Serbia sta attraversando un periodo di intensa agitazione sociale e politica, avviatasi a partire dal tragico crollo di una pensilina della stazione di Novi Sad, con conseguenti accuse di corruzione e malagestione governativa. Le proteste, iniziate dagli studenti, hanno rapidamente assunto una portata nazionale, coinvolgendo vari settori della società e portando a significativi cambiamenti nel panorama politico del Paese.

    La tragedia di Novi Sad e l’inizio delle proteste studentesche

    Il 1° novembre 2024, la tettoia della stazione ferroviaria di Novi Sad è crollata, causando la morte di 15 persone e ferendone gravemente altre due. L’incidente ha sollevato gravi preoccupazioni riguardo alla sicurezza delle infrastrutture pubbliche, portando inevitabilmente a interrogativi sulla supervisione e la manutenzione strutturale da parte delle autorità. Nonostante l’avvio di un’indagine ufficiale, la mancata individuazione di un responsabile, aggiunta ad alcuni provvedimenti del governo Vučić hanno alimentato il malcontento.

    Le proteste studentesche sono iniziate tre settimane dopo il tragico incidente, proteste partite dagli studenti, che hanno coinvolto in breve tempo tutte le facoltà della Serbia, unite nel chiedere giustizia per le vittime e l’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni.

    La voglia di cambiamento degli studenti

    Gli studenti serbi hanno espresso con forte determinazione un cambiamento sistemico, richiedendo la pubblicazione di tutti i documenti relativi alla ristrutturazione della stazione ferroviaria di Novi Sad, ristrutturata ben due volte negli ultimi anni, da parte di un gruppo societario che vede comprese anche delle imprese statali cinesi.

    Questo aspetto non è da sottovalutare: questo legame viene visto dai giovani come un segnale chiaro di corruzione e noncuranza, per la probabile presenza di materiali scadenti.
    Gli studenti serbi, inoltre, per rispondere alle pressioni esercitate da parte del governo per placare le proteste, chiedono l’identificazione e il perseguimento legale di coloro che hanno aggredito studenti e professori durante le proteste, il licenziamento dei funzionari pubblici coinvolti in tali aggressioni e un aumento del 20% del budget per l’istruzione superiore.

    Il ruolo di Aleksandar Vučić

    Il presidente Aleksandar Vučić è al centro delle critiche dei manifestanti, che lo accusano di autoritarismo, corruzione e cattiva gestione del Paese. Le proteste hanno evidenziato un crescente malcontento nei confronti del suo governo, con richieste di maggiore democrazia, trasparenza e responsabilità.
    Vučić ha risposto alle proteste accusando forze straniere di orchestrare una “rivoluzione colorata”, convocando in più occasioni contro-manifestazioni dei sostenitori del suo “Partito progressista serbo”, minacciando di ricorrere all’utilizzo delle forze speciali per reprimere le manifestazioni.

    La caduta del governo

    Le proteste hanno esercitato una crescente pressione sul governo serbo, che si è trovato sempre più in difficoltà nella gestione del dissenso: tali manifestazioni sono culminate nelle dimissioni del primo ministro Miloš Vučević.

    Vučević ha dichiarato che la sua decisione mira a ridurre la tensione sociale, ribadendo allo stesso tempo che non ha alcun dubbio che le forti manifestazioni locali siano state alimentate da “agenti stranieri”.

    Anche il sindaco di Novi Sad, Milan Đurić, ha annunciato le sue dimissioni.

    L’annuncio del premier serbo, è seguito ad una delle ultime proteste degli studenti, scesi in piazza bloccando per 24 ore la zona di Autokomanda, una delle strade più importanti di Belgrado.

    Reazioni internazionali e nuovi sviluppi

    Le dimissioni del primo ministro Vučević hanno sicuramente aumentato l’attenzione dei media, che iniziano anche a pensare ad eventuali processi o implicazioni legati non solo alla politica serba ma anche alla stabilità della regione balcanica.

    Le reazioni ufficiali però sono state finora limitate, con molti paesi che adottano un approccio cauto in attesa di ulteriori sviluppi. È innegabile che la situazione in Serbia potrebbe avere ripercussioni sulle relazioni del paese balcanico, in particolar modo con l’Unione Europea, la quale potrebbe non aver gradito la gestione di Vucic in questi ultimi mesi ricchi di proteste e tensione.

    Le prossime settimane saranno determinanti per verificare se la determinazione dei manifestanti si protrarrà, proseguendo la richiesta di un cambiamento ancora più significativo, e quale sarà la risposta del nuovo governo.

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