Attualmente l’endometriosi colpisce 190 milioni di donne in tutto il mondo, di cui circa il 10% in età fertile. Si tratta di una malattia cronica associata non solo a forte dismenorrea, ma anche a problemi intestinali e urinari, depressione, ansia, e infertilità nel 30-40% dei casi. Seguono, infine, altre patologie croniche come vulvodinia e cistite interstiziale, per non parlare di tumori e gravi malattie autoimmuni.
La malattia consiste nella crescita fuori sede del tessuto endometriale. Non esiste una cura definitiva per l’endometriosi, che può essere solo temporaneamente migliorata da chirurgia o farmaci ormonali, utili esclusivamente a ridurre i sintomi, ma non ad eliminare il problema.
Una malattia invalidante
In Italia, dal 2017 è considerata una malattia invalidante solo al terzo e al quarto stadio, quando ormai l’insorgere dei sintomi sta alterando l’anatomia e le funzionalità degli organi.
Non è così ovunque. In Gran Bretagna, ad esempio, l’endometriosi è considerata una disabilità a pieno titolo dal 2010, anno nel quale è stato varato l’Equality Act, che definisce la disabilità una condizione che porta chi ne soffre a subire effetti negativi sostanziali e a lungo termine rispetto all’abilità di condurre normalmente le proprie attività quotidiane.
Chi soffre di endometriosi o malattie femminili simili ha grandi difficoltà a condurre una vita regolare, soprattutto quando fanno insorgenza i sintomi più acuti, e ciò intacca pesantemente anche la vita lavorativa. Chi vive gli stadi più avanzati della malattia, ma non solo, può trovarsi in una condizione tale da non poter lavorare o lavorare bene.
Soffrire sul luogo di lavoro
Uno studio australiano del 2021 ha messo in luce il reale impatto della malattia sulla produttività lavorativa: più della metà delle 389 donne in esame ha riscontrato difficoltà sul lavoro a causa dell’endometriosi. Oltre un terzo ha avuto paura di perdere il proprio posto di lavoro; tante altre donne hanno segnalato la mancanza di conoscenza e di comprensione da parte del proprio capo quando il ritmo aziendale entra in conflitto con la gestione dei sintomi. Una donna su dieci non ha parlato della malattia a lavoro perché non a suo agio nel farlo.
Con la pandemia da Covid-19 e la modifica della routine lavorativa di molte donne, sono stati registrati cambiamenti non indifferenti nel controllo della sintomatologia e nella produttività delle donne in questione. Circa l’80% di esse riferisce che durante la pandemia convivere con i sintomi era diventato più semplice; il 60% ha notato un miglioramento nella produttività.
Chiedendo alle donne quali iniziative potrebbero essere benefiche per la conciliazione dell’endometriosi con il proprio lavoro, il 70,44% di esse ritiene utili congedi specifici per la malattia. In aggiunta, la maggioranza di esse ha comunque segnalato la necessità di orari flessibili, sia sul posto di lavoro, sia per quanto concerne lo smart working.
In Italia poche tutele
In Italia non è ancora prevista una tutela specifica per questa malattia, a prescindere dal già citato riconoscimento dell’invalidità con la legge 104/92. È stata portata avanti una proposta di legge – la cui prima firmataria è stata Stefania Ascari, deputata del Movimento 5 Stelle – da parte dell’associazione ‘La voce di una è la voce di tutte’, il cui iter è stato interrotto ormai due anni fa. La proposta prevedeva, tra le altre cose, un congedo mestruale per dismenorrea – un permesso retribuito di tre giorni al mese – e la previsione di garanzie specifiche per le persone affette da endometriosi, spesso vittime di mobbing a causa delle frequenti assenze dal posto di lavoro.
Nel nostro Paese il congedo mestruale non è riconosciuto come diritto legale e quindi non esiste una protezione per le donne che decidono di prendersi una pausa durante i picchi di dolore causati non solo dal ciclo mestruale, ma anche da malattie come l’endometriosi. Nonostante ciò, alcune aziende hanno cominciato a implementare questa pratica in modo autonomo. Un esempio positivo è quello di Carrefour, che dal 2023 concede dodici giorni di congedo retribuito all’anno a chi soffre di endometriosi.
All’estero i primi passi
All’estero la situazione cambia. In Cina e in Spagna esiste una legge che regola il congedo mestruale. Nello specifico, in Spagna il Congresso ha approvato un permesso di tre giorni per le donne che soffrono di mestruazioni dolorose e invalidanti, ottenibile con un certificato medico rilasciato dal proprio medico di base.
In Giappone il congedo esiste addirittura dal 1947. Pur avendo diritto a un numero illimitato di giorni di congedo mestruale, le lavoratrici in questo frangente non sono retribuite, quindi solo lo 0,9% ne usufruisce effettivamente.
Cambiamenti che coinvolgono tutti
I passi da fare sono ancora molti, partendo dagli stessi datori di lavoro e arrivando fino alle istituzioni. Secondo un altro studio australiano, le aziende del Paese potrebbero ottenere un risparmio di quasi due miliardi di dollari all’anno offrendo un solo giorno di congedo al mese per la salute riproduttiva.
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