Per il momento é solo una proposta, ma appare ugualmente singolare l’ultimo disegno di legge avanzato dal deputato Fabio Rampelli (FDI): al centro della questione l’intenzione di disincentivare l’impiego eccessivo di termini stranieri e preservare la piena indipendenza della nostra lingua. Nulla di così assurdo fin qui, a fronte di una diffusa tendenza in tutta Europa a limitare l’incombere dilagante di anglicismi.
L’articolo 1 della proposta recita infatti che «La Repubblica garantisce l’uso della lingua italiana in tutti i rapporti tra la pubblica amministrazione e il cittadino nonché in ogni sede giurisdizionale». Negli articoli successivi, si aggiunge poi che «la lingua italiana è obbligatoria per la promozione e la fruizione di beni e servizi pubblici sul territorio nazionale,» e ancora che «Chiunque ricopre cariche all’interno delle istituzioni italiane, della pubblica amministrazione, di società a maggioranza pubblica e di fondazioni è tenuto alla conoscenza e alla padronanza scritta e orale della lingua italiana».
L’elemento quantomeno particolare é rinvenibile successivamente, nell’articolo 8 della proposta stessa: si allude, infatti, a multe fino a 100 mila euro per i responsabili della pubblica amministrazione che si sottragono, arbitrariamente e senza specifiche ragioni, all’utilizzo di un italiano quanto più incontaminato possibile.
Difatti, nell’articolo 8 della proposta, viene stabilito che: «La violazione degli obblighi di cui alla presente legge comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 5.000 euro a 100.000 euro». La domanda che pare spontanea è: come definire un limite all’utilizzo “legale” di termini provenienti dall’estero?
Le maggiori perplessità sono, infatti, legate ai criteri di determinazione della multa stessa (il range é ampissimo, partendo da 5 mila euro) e alla scelta, proprio di questo Governo, d’istituire il Ministero del Made in Italy (in chiara controtendenza con quanto affermato nella proposta).
Un tema dibattuto che ha scatenato l’ilarità del web e che probabilmente troverà spazio in molteplici dibattiti anche nei mesi a venire.
A cura di Lorenzo Minio Paulello