In un contesto politico sempre più dominato dai social media, la figura del consulente politico diventa essenziale per garantire strategie efficaci e un dibattito pubblico di qualità.
Nell’era dominata dai social media e dalla comunicazione istantanea, la politica sembra aver perso la bussola. Le figure dei politici arrancano nel tentativo di districarsi tra tweet, meme e dirette Facebook. A farne le spese è la qualità del dibattito pubblico, sempre più approssimativo e superficiale. In questo scenario caotico, emerge la necessità di una figura professionale che possa supportare i politici nella loro attività. Negli Stati Uniti, la figura del consulente politico vanta una lunga tradizione e un’alta professionalizzazione, mentre in Italia è ancora agli albori.
I vantaggi di una nuova professionalità
Un consulente esperto può aiutare i politici a sviluppare una strategia di consenso efficace basata sulle vere esigenze dei cittadini e che non miri solamente ad acquisire consenso facendo leva sugli istinti o su hate speech. Questo significa evitare i frequenti strafalcioni che costellano le pagine social di molti politici nostrani, spesso vittime di social media manager o comunicatori improvvisati.
Le competenze richieste a un consulente politico sono molteplici e spaziano da una solida conoscenza del diritto amministrativo alle tecniche di public relations, dall’analisi delle politiche pubbliche alla storia, dall’economia alla psicologia, fino alla sociologia delle organizzazioni. Insomma, un bagaglio culturale e professionale di tutto rispetto. E’ importante sottolineare che il ruolo del consulente politico non si esaurisce all’interno del mondo strettamente politico. Anche all’interno delle grandi aziende, infatti, si sviluppano dinamiche di potere e relazioni che richiedono competenze simili a quelle di un consulente politico.
Office politics nel settore privato
La cosiddetta “office politics“ è un terreno fertile per chi possiede le capacità di analisi e di comunicazione necessarie per navigare tra le complesse reti di potere aziendali. Un buon consulente politico deve sapersi muovere nell’ombra, tessendo relazioni con i “grandi commis” di ciascuna pubblica amministrazione, locale o nazionale. La sua discrezione e la sua abilità di networking sono fondamentali per il successo del suo lavoro. Un politico privo di un consulente formato fatica a mettere in campo il programma per cui è stato votato.
Il braccio operativo, la pubblica amministrazione, formata da dirigenti, funzionari, capi di gabinetto necessita di un continuo confronto. Il buon consulente conosce bene la macchina amministrativa, il suo funzionamento, i suoi bisogni.
Solo negli ultimi anni stanno uscendo dei libri che raccontano, grazie alle esperienze di persone che hanno rivestito importanti cariche, cosa accade in questo buco nero dove televisione, giornalisti e ricercatori fanno fatica ad accedere. Un mondo sotterraneo e riservato ai pochi, in cui le vere decisioni importanti vengono prese ogni giorno, senza che l’opinione pubblica possa essere mai pienamente informata.
Recentemente, diverse figure hanno incarnato alla perfezione l’arte della consulenza politica. Tra i più celebri si ricordano Antonio Funiciello, capo di Gabinetto dei presidenti Gentiloni e Draghi. Filippo Sensi, portavoce del Presidente Renzi. Alaistair Campbell, spin doctor di Tony Blair. Come sottolineava Max Weber, “la politica è una vocazione“. E per chi sente di avere questa vocazione, la figura del consulente politico può rappresentare un’occasione per mettere le proprie competenze al servizio del bene comune.