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    Strategia o rispetto delle istituzioni?

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    Martedì 8 ottobre, il Parlamento si è riunito in seduta comune per eleggere un giudice costituzionale, che manca al plenum della Consulta dall’11 novembre 2023, quando concluse il proprio mandato la presidente Silvana Sciarra. Per l’ottava volta Camera e Senato non hanno trovato l’accordo sul nome: il centrodestra ha votato scheda bianca – 323 schede bianche, dieci nulle e nove voti dispersi – mentre le opposizioni non hanno partecipato.

    Corte Costituzionale: composizione e funzioni

    La Corte Costituzionale è il principale organo preposto a proteggere la Costituzione italiana: ad essa sono affidati importantissimi compiti per la garanzia e la tutela dei principi, delle norme e dei valori della nostra Costituzione. Stando all’articolo 134 della Costituzione, infatti, la Corte si esprime sulla legittimità delle leggi e degli atti aventi forza di legge, emanati dallo stato e dalle regioni. È competente, poi, anche nel dirimere i conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, tra lo Stato e le regioni o tra le regioni stesse.

    Inoltre, interviene nel caso in cui il Parlamento riunito in seduta comune metta in stato d’accusa il Presidente della repubblica (articolo 90, comma 2). A questo elenco si aggiunge, infine, il giudizio sull’ammissibilità dei referendum abrogativi e sulla legittimità degli statuti delle regioni a statuto ordinario (articolo 123, comma 2 Costituzione).

    In base all’articolo 135, comma 1, della Costituzione la Corte è composta da 15 giudici. Un terzo di essi è scelto dal Presidente della Repubblica e un altro terzo è eletto dal Parlamento in seduta comune (a maggioranza dei due terzi dei componenti dell’assemblea per i primi 3 scrutini, e dei tre quinti a partire dal quarto – legge costituzionale 2/1967, art. 3). La parte restante, invece, è eletta dai più alti gradi della magistratura, sia ordinaria che amministrativa. In particolare, 3 giudici sono scelti dalla Corte di Cassazione, uno dal Consiglio di Stato e uno dalla Corte dei Conti. Tali figure restano in carica 9 anni e non sono rieleggibili. Dopo la nomina, eleggono a scrutinio segreto il Presidente della Corte costituzionale che, invece, resta in carica per 3 anni ed è rieleggibile.

    Osservando il periodo compreso tra il 2009 e il 2023, possiamo notare che le pronunce della Corte Costituzionale sono state complessivamente 4.421. Mediamente le decisioni – comprensive di sentenze e ordinanze – sono state circa 295 ogni anno. Nel 2023 sono state 229, di cui 210 erano giudizi di legittimità costituzionale.

    La nostra Costituzione assegna alla Corte Costituzionale quattro fondamentali funzioni: vigilare sulla legittimità delle leggi dello Stato; giudicare i conflitti di attribuzione; ammettere o meno la richiesta di referendum abrogativo; esprimersi in merito alle accuse contro il Presidente della Repubblica. Ovviamente, visto il pregio ricoperto da questa istituzione, è fondamentale che venga assicurata, principalmente tramite la lunghezza del mandato dei magistrati che la compongono l’indipendenza della Corte dagli organi politici che designano i suoi membri.

    L’elezione del nuovo giudice

    Quella dell’8 ottobre, nel voto sulla Corte costituzionale, è stata la prima autentica ‘vittoria’ del centrosinistra. La premier Giorgia Meloni avrebbe voluto chiudere su Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Palazzo Chigi, ma il muro delle opposizioni – unite nel non partecipare al voto – e i numeri risicati per il via libera, alla fine, hanno suggerito prudenza. La scelta di non partecipare al voto non era affatto scontata: per qualche momento, il Partito Democratico ha rischiato di rimanere isolato, ma alla fine è riuscito a spingere le altre forze di opposizione sulla stessa linea, compreso il Movimento 5 Stelle.

    Giorgia Meloni ha tentato una duplice forzatura: nel merito, per la scelta del candidato, il suo attuale consigliere giuridico – l’uomo che ha contribuito a scrivere la riforma del premierato, su cui in futuro dovrà pronunciarsi la stessa Corte costituzionale – e nel metodo, con un colpo a sorpresa che soltanto la fuga di notizie delle celebri chat dei gruppi parlamentari ha fatto fallire. E così, dopo averci provato fino all’ultimo, alle dodici di mercoledì 10 ottobre la maggioranza si è rassegnata a votare scheda bianca, per non bruciare Marini, accusando l’opposizione di fare “propaganda“.

    Tentando di piazzare il consigliere Marini alla Consulta prima del 12 novembre, quando la Corte comincerà a discutere di Autonomia regionale, Il Governo ha così tentato il tutto per tutto.

    Le accuse dell’opposizione

    Per l’elezione, è necessaria la maggioranza dei tre quinti (363 voti) dei componenti del Parlamento riunito in seduta comune. L’opposizione, reduce da settimane di scontri interni, riesce a trovare in Aula una strategia comune: non si risponde all’appello. “La nostra compattezza ha fermato la forzatura che la maggioranza voleva fare” – esulta la segretaria del PD Elly Schlein – che rilancia: “ora accettino il dialogo”. Dopo aver confermato in mattinata la linea comune, i parlamentari dem, insieme a quelli del Movimento 5 Stelle, di AVS, Azione, Iv e Più Europa disertano in modo compatto il voto. Anche l’ottavo scrutinio si è infatti concluso senza alcuna elezione.

    Conflitto di interessi in vista?

    Da Fratelli d’Italia fanno sapere che, per loro, il conflitto di interessi su Francesco Saverio Marini è un caso che non esiste. Nonostante ciò, il nome del candidato ha scatenato le proteste dell’opposizione. Una figura, questa, non solo molto vicina al Governo, ma a tutti gli effetti interna all’esecutivo. Una scelta non certamente casuale; un giurista considerato ‘padre’ della riforma del premierato, la legge che porterebbe all’elezione diretta del presidente del Consiglio e che, proprio la Corte costituzionale, si troverà certamente a valutare nei prossimi mesi o anni.

    Detto ciò, vale la pena menzionare che quest’ultimo organo di garanzia dovrà pronunciarsi (molto presto) sull’autonomia differenziata, sulla separazione delle carriere, nonché sul referendum promosso da Riccardo Maggi di +Europa. Inoltre, è utile citare anche l’appello effettuato dal Capo dello Stato lo scorso 24 luglio, durante la cerimonia del ventaglio, sulla scelta di un giudice da eleggere. Da mesi la Corte opera a scartamento ridotto, poiché i giudici sono 14 anziché 15.

    “Cancellate tutti gli impegni, non sono ammesse assenze”: così recitava un messaggio circolato nella chat di Fratelli d’Italia. A questo punto si voterà ad oltranza poiché proprio la Corte Costituzionale ha fissato un’udienza per il prossimo 12 novembre per discutere del ricorso di 4 Regioni contro la legge sull’autonomia differenziata.

    Proprio l’elezione di Marini, prima di questa data, potrebbe cambiare gli equilibri interni alla Camera sulla scelta della costituzionalità o meno del quesito referendario. Il gioco è chiaro: la Corte Costituzionale dovrà verificare la legittimità dei quesiti referendari sull’autonomia differenziata e sulla cittadinanza, e Giorgia Meloni vuole una persona di fiducia in grado di influire su queste decisioni.

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