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    Tanzania, proteste e vittime dopo le elezioni. Cosa sta succedendo

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    La vittoria di Samia Suluhu Hassan alle presidenziali in Tanzania con il 97,66% dei voti segna un risultato schiacciante. La sua rielezione – era stata eletta per la prima volta nel 2021, dopo la morte dell’allora presidente John Magufuli – ha acceso le rivolte nel Paese, con scontri e proteste che hanno portato a oltre 700 vittime, secondo quanto ha dichiarato Chadema, il principale partito di opposizione.

    Le elezioni, che si sono svolte lo scorso 29 ottobre, hanno avuto una risonanza tra i media internazionali molto ampia, nonostante la difficoltà di gestione delle notizie: negli ultimi giorni, infatti, il governo tanzaniano ha interrotto l’accesso a internet e ha impedito l’aggiornamento dei siti web locali. 

    Diverse fonti, parlando con media internazionali, hanno però confermato la morte di diverse centinaia di manifestanti durante gli scontri con le forze di difesa. Il portavoce di Chadema, John Kitoka, ha confermato che almeno 350 persone sono state uccise a Dar es Salaam, città-capitale economica della Tanzania, e oltre 200 a Mwanza, sul lago Victoria. Cifre simili sono state confermate alla BBC e all’Agence France-Presse da funzionari diplomatici, che sono rimasti anonimi. 

    Da colonia a repubblica, un percorso storico 

    Con 68 milioni di abitanti, una superficie 948 mila km² – circa tre volte superiore a quella italiana – e un’età media di 19 anni, la Tanzania rappresenta uno degli stati africani dove negli ultimi anni si sono accese le proteste e le rivendicazioni sociali, compromettendo la stabilità politica. Ma facciamo un passo indietro.

    La Tanzania è un’ex colonia tedesca, denominata Africa Orientale Tedesca (Deutsch-Ostafrika) a partire dal 1885. Successivamente, fu occupata dal Regno Unito nel corso della prima guerra mondiale e integrata nell’Impero britannico con il nome di Territorio del Tanganica (Tanganika Territory). Per l’indipendenza fu necessario attendere fino al 1961, quando il Paese ottenne autonomia come Reame del Commonwealth per poi diventare una repubblica nel 1962. L’ufficialità dello stato ci fu il 26 aprile 1964, giorno in cui ancora oggi si celebra la festa dell’unità nazionale.  

    I principali partiti di opposizione

    Il principale partito politico è il Chama Cha Mapinduzi (CCM), il partito di cui Samia Suluhu Hassan è anche leader, che dal 1977 è sempre riuscito ad imporsi ottenendo la maggioranza dei seggi, arrivando già nel 2005 a oltre l’80% dei voti. A partire dal 2015, nel corso delle elezioni, il monopolio politico del partito fu messo in discussione grazie al consenso sempre più ampio del principale partito di opposizione, Chama cha Demokrasia na Maendeleo (Chadema). All’epoca il candidato alle presidenziali, Edward Lowassa, morto nel 2024, aveva raggiunto all’incirca il 40% dei voti. 

    Nel 2020, però, Chadema era nuovamente sceso nei consensi, registrando solo il 13% e contestando alcune irregolarità. L’allora presidente Magufuli, intanto, stava portando avanti alcune restrizioni nella libertà dei media e in generale della società civile. Con Suluhu Hassan un’inversione di tendenza aveva fatto ben sperare, anche grazie alla cosiddetta  strategia delle 4R (Reconciliation, Resilience, Reforms, and Rebuilding).   

    Nell’ultimo anno e mezzo, un’atmosfera politica più rigida, sparizioni di alcuni dissidenti – tra loro Deusdedith Soka, Jacob Godwin Mlay e Frank Mbise – e l’ingresso sempre più forte della polizia hanno compromesso la stabilità. I partiti di opposizione, oltre Chadema anche ACT-Wazalendo – Alliance for Change and Transparency, sono stati esclusi dalla corsa alla presidenza. Nei fatti, dunque, la presidente ha ottenuto la rielezione senza particolari difficoltà. La Tanzania resta, per questo, un obiettivo da monitorare, soprattutto per comprendere quali potrebbero essere le ripercussioni anche a livello internazionale.  

    Un’economia in espansione

    A questo fa da specchio una politica economica molto viva. Sulla rivista Nigrizia si sottolinea come “se ci si dovesse basare solo sui dati macroeconomici dei principali istituti finanziari internazionali, la Tanzania si confermerebbe tra le economie più dinamiche del continente africano

    Con un Pil stimato a circa 84 miliardi di dollari nel 2025 e con una crescita che si avvicina al 6%, il Paese punta a consolidare la propria posizione di hub economico nell’Africa orientale”. Tra i settori più floridi c’è proprio quello minerario. “La Banca centrale tanzaniana ha certificato – secondo Nigrizia – ricavi record per 4,1 miliardi di dollari nell’anno conclusosi a gennaio 2025. 

    Una cifra che rappresenta oltre la metà dei guadagni dalle esportazioni non tradizionali. Il merito va soprattutto all’oro, con le vendite dei piccoli e medi produttori cresciute del 23,4%, mentre le principali miniere rimangono saldamente nelle mani della joint venture Twiga Minerals, controllata per l’84% dalla canadese Barrick Mining. Ma l’espansione mineraria non si ferma al metallo giallo. 

    I diamanti hanno quasi raddoppiato i ricavi portandoli a 54,8 milioni di dollari, mentre all’orizzonte si profilano progetti ancora più ambiziosi come il Kabanga Nickel Project, tra i più grandi giacimenti di nichel solfuro ad alta qualità al mondo, e i depositi di grafite a scaglie di Mahenge, che potrebbero trasformare ulteriormente il panorama estrattivo della nazione. La Tanzania ospita poi significativi giacimenti di gas naturale nella regione meridionale al confine con il Mozambico, destinati a rafforzare l’autosufficienza energetica”. 

    20250423

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