La presidenza siriana ha annunciato un cessate il fuoco immediato e totale nella provincia meridionale di Sweida, teatro di violenti scontri tra milizie druse, tribù beduine e forze governative. La decisione giunge al termine di una settimana di combattimenti che ha causato quasi mille vittime, secondo le stime dell’Osservatorio siriano per i diritti umani. Si tratta del più grave episodio di violenza interna nel Paese dalla fine del regime di Bashar al-Assad.
Coinvolgimento israeliano e pressione internazionale
La tregua è maturata dopo un improvviso cambio di scenario geopolitico. Israele, a seguito di gravi episodi di violenza contro la minoranza drusa, ha deciso di intervenire direttamente nel conflitto, colpendo obiettivi governativi a Damasco, tra cui il ministero della difesa.
Il governo siriano, sorpreso dall’attacco, ha quindi ritirato le truppe dalla provincia su richiesta del presidente ad interim Ahmed al-Sharaa, con l’intento di evitare un’escalation regionale. La mediazione statunitense e il sostegno diplomatico di Turchia e Giordania hanno contribuito a formalizzare la tregua.
Situazione umanitaria critica a Sweida
Nonostante la sospensione dei combattimenti, la situazione nella città resta drammatica. Le infrastrutture sanitarie sono fuori uso, mancano alimenti e medicinali e le comunicazioni risultano interrotte.
Secondo il Comitato Internazionale della Croce Rossa, l’ospedale principale di Sweida è al collasso, e i blackout elettrici impediscono la conservazione dei corpi nelle camere mortuarie. Il responsabile della missione ICRC ha dichiarato che “la popolazione sta finendo ogni risorsa essenziale”.
Promesse di sicurezza e tensioni settarie
In un discorso ufficiale, il presidente Sharaa ha ribadito che il governo è “impegnato a proteggere tutte le minoranze presenti sul territorio nazionale” e ha annunciato l’avvio di indagini sugli abusi commessi da qualsiasi parte coinvolta nei combattimenti. Tuttavia, diversi osservatori internazionali segnalano un deterioramento del clima di fiducia tra il governo centrale e le comunità minoritarie, specialmente dopo i massacri compiuti contro civili alawiti nel marzo scorso.
Timori per la tenuta dell’unità nazionale
Alcuni analisti intendono la concessione del controllo della sicurezza locale ai leader drusi come un segnale di fragilità dell’autorità centrale. L’ex funzionario Abdel Hakim al-Masri ha dichiarato che “se Sweida ottiene un’autonomia de facto, altre regioni potrebbero avanzare richieste analoghe, con il rischio di una frammentazione territoriale della Siria”. La comunità internazionale, attraverso le parole dell’inviato USA Tom Barrack, ha espresso sostegno alla tregua e ha invitato “tutte le componenti della società siriana a costruire un’identità comune basata sulla convivenza”.
La tregua di Sweida rappresenta un momento cruciale per il futuro politico della Siria. La gestione delle minoranze e delle autonomie locali appare oggi una sfida centrale per la stabilità del Paese, chiamato a ricostruire non solo le sue infrastrutture, ma anche la fiducia tra le sue componenti sociali. Resta ora da capire se il cessate il fuoco potrà consolidarsi come premessa di un dialogo duraturo o se rappresenti soltanto una pausa temporanea in un conflitto ancora irrisolto.
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