Il presidente Donald Trump ha annunciato l’imposizione di dazi del 30% su tutte le importazioni provenienti dall’Unione europea, con decorrenza dal primo agosto. La misura rappresenta un significativo inasprimento rispetto alle tariffe precedenti, che si attestavano al 20%, e si inserisce in un quadro più ampio di tensioni commerciali che l’amministrazione statunitense sta riattivando nei confronti di numerosi partner internazionali.
Tra le motivazioni dichiarate vi è il tentativo di ridurre un disavanzo commerciale giudicato eccessivo, ma anche il contrasto alle cosiddette barriere non tariffarie, come le imposte digitali adottate da diversi paesi membri dell’UE.
Trump ha affermato che qualsiasi contromisura da parte dell’Europa verrà prontamente ricambiata con un ulteriore aumento delle tariffe, alimentando un clima di escalation commerciale che rischia di danneggiare fortemente entrambe le economie.
Bruxelles cerca la via del dialogo
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha risposto confermando la disponibilità a proseguire i negoziati entro la scadenza di agosto, ma ha anche avvertito che una misura così drastica “colpirebbe le imprese, i consumatori e le catene di fornitura su entrambe le sponde dell’Atlantico”.
Bruxelles ritiene che l’introduzione dei dazi sia contraria allo spirito di cooperazione che dovrebbe regolare i rapporti tra due aree economiche storicamente alleate e ha dichiarato di essere pronta a tutelare gli interessi europei con azioni proporzionate, qualora non si raggiungesse un accordo.
Le prime reazioni europee
Diversi governi nazionali hanno espresso preoccupazione per la nuova linea americana. In Francia, il presidente Emmanuel Macron ha definito la decisione “profondamente inaccettabile” e ha esortato la Commissione a preparare contromisure credibili in caso di mancata intesa.
In Italia, Palazzo Chigi ha diramato una nota in cui si afferma che “è ora essenziale rimanere concentrati sui negoziati, evitando ogni forma di polarizzazione che renderebbe più difficile raggiungere un accordo”. Il governo Meloni ha quindi assunto una posizione di cauta fermezza, sostenendo la linea unitaria europea e manifestando la speranza che si possa evitare uno scontro diretto con Washington.
Digital tax e settori strategici nel mirino
Uno dei punti di frizione principali riguarda la tassazione dei servizi digitali, ritenuta dagli Stati Uniti una forma di discriminazione nei confronti delle big tech americane. L’UE, dal canto suo, sostiene la necessità di una regolamentazione fiscale più equa dell’economia digitale, anche per evitare che le grandi multinazionali eludano la tassazione nei paesi in cui operano.
A essere particolarmente esposti all’impatto delle nuove tariffe sarebbero anche i settori farmaceutico e automobilistico, con paesi esportatori netti come Irlanda, Germania e Italia in prima linea.
In definitiva
Pare essersi riaperta l’ennesima stagione di tensione economica tra gli Stati Uniti di Donald Trump e l’Unione europea guidata da Ursula von der Leyen. Quello che per decenni è stato l’alleato occidentale per eccellenza sembra oggi agire in modo imprevedibile e instabile, alternando aperture a minacce nel giro di pochi giorni.
Solo il giorno prima dell’annuncio delle nuove tariffe, a Roma si era tenuta la Ukraine Recovery Conference, durante la quale era emersa una maggiore sintonia europea e transatlantica sul piano strategico. Ora, invece, si torna a un clima di scontro. Resta da capire se l’UE saprà reagire con unità e determinazione, oppure se prevarrà ancora una volta la frammentazione. In un contesto internazionale fragile, la coerenza e la credibilità delle istituzioni europee saranno decisive per affrontare quella che potrebbe diventare una nuova crisi commerciale globale dagli effetti devastanti.
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