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    Verso una NATO araba? Israele mai così isolata nel Medio Oriente

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    Fra le poche certezze che si possono attribuire a Netanyahu, ve n’è una che difficilmente suscita dubbi: aver riportato indietro le lancette del tempo. Con il raid su Doha, Tel Aviv ha oltrepassato una linea che non avrebbe mai dovuto varcare, facendo traboccare un vaso già colmo per effetto dell’offensiva su Gaza e riportando in auge un vecchio sogno dell’immaginario politico arabo: un’alleanza militare similare e alternativa alla NATO, garante della sicurezza e sovranità degli Stati membri.

    Gli Accordi di Abramo in bilico

    È forse il peggior esito possibile sul piano geopolitico. Un disastro strategico che il governo Netanyahu non poteva permettersi e che, con la consueta e abituale spregiudicatezza, ha finito per produrre.

    Quel sentimento di impunità, mescolato a una logica del potere che si alimenta soltanto nelle dinamiche della guerra eterna, ha condotto Israele lungo la strada più sbagliata: colpire un alleato stretto degli Stati Uniti, il Qatar. L’operazione, pensata per decapitare la leadership di Hamas – senza peraltro conseguire risultati concreti – si è trasformata in un salto nel vuoto, tale da mettere a repentaglio, probabilmente, il più rilevante successo di politica estera della prima amministrazione Trump: gli Accordi di Abramo. Ma cosa sono, esattamente, questi accordi? 

    Si tratta di una serie di intese diplomatiche sottoscritte nel 2020 tra Israele, Stati Uniti e alcuni Paesi arabiEmirati Arabi Uniti e Bahrein in primis, seguiti poi da Marocco e Sudan. Un mosaico che, a soli pochi anni di distanza, sembra oggi appartenere a un’altra era politica. Il loro obiettivo, ambizioso e in parte lodevole, era duplice: da un lato, formalizzare e normalizzare i rapporti tra mondo arabo e Israele attraverso il reciproco riconoscimento diplomatico, l’apertura di ambasciate e consolati, l’istituzione di voli diretti e collegamenti; dall’altro, dare vita a una rete di cooperazione economica, tecnologica e scientifica in settori strategici quali commercio, energia, turismo, innovazione, sanità, agricoltura, sicurezza militare e cybersicurezza.

    Gli Accordi di Abramo, tuttavia, non nacquero dal nulla. Tutti gli attori coinvolti erano accomunati da una visione comune: l’Iran degli ayatollah, percepito come minaccia concreta. A ciò si aggiungeva un ulteriore obiettivo, non secondario: offrire una nuova soluzione al conflitto israelo-palestinese. Non una definitiva, ma un approccio pragmatico, capace di favorire una cooperazione e, forse, una pace possibile.

    Una “NATO araba”? Gli echi delle prime guerre arabo-israeliane

    In molti non ci metterebbero la mano sul fuoco. Anzitutto, la tenuta di un sistema di difesa collettiva poggia sulla capacità di potenza e sulla solidità economica dei membri che ne fanno parte. Se prendiamo come esempio lo Stato che ha evocato, per primo, l’ipotesi di una mutua assistenza militare – l’Egitto – emergono subito le criticità economiche che lo attraversano, tanto più se si considera l’enorme divario che lo separa da Israele sul piano militare e tecnologico. 

    Per questo, l’idea di una “NATO araba” appare, al momento, più una risposta politica che un progetto realistico. Però, mai dire mai. Le circostanze che hanno spinto i Paesi arabi a ipotizzare questa alternativa poggiano su una base solida: oggi, Tel Aviv rappresenta una minaccia concreta alla sicurezza non solo del mondo arabo, ma anche delle monarchie del Golfo.

    Se il governo Netanyahu ha potuto colpire uno degli alleati più stretti di Washington – il Qatar, che ospita peraltro la più grande base militare americana in Medio Oriente – chi può garantire che domani non scelga altri obiettivi, sempre in nome della propria sicurezza?

    In conclusione 

    Sono, certo, solo ipotesi. Ma il dubbio è più che legittimo. Ciò che è accaduto a Doha, e il successivo vertice con le teste dei Paesi arabi, evocano un pericoloso balzo all’indietro, similare alle logiche che hanno già insanguinato il passato: quelle delle guerre arabo-israeliane del 1967 e del 1973 – con tutte le dovute differenze geopolitiche del caso, ma con lo stesso clima di tensione. 

    20250350

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