In quello che è il linguaggio comune, utilizzato nella quotidianità, e non quello prettamente di natura giuridica, la molestia sessuale e la violenza sessuale tendono ad essere considerare la medesima cosa. Tuttavia, come stabilito anche dalla Corte di cassazione, esistono profonde differenze. Entrambi i reati sono comunque accomunati dalla medesima base: la prevaricazione e la totale mancanza di educazione e rispetto nei confronti di un altro soggetto.
Molestia sessuale e violenza sessuale
In primo luogo, occorre partire dal dato normativo e giurisprudenziale per evidenziare le differenze che si ripercuotono nella realtà.
Rientra nell’accezione di «atto sessuale», rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 609-bis c.p. (violenza sessuale), non soltanto ogni forma di congiunzione carnale, ma altresì qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo – ancorché fugace ed estemporaneo – tra soggetto attivo e soggetto passivo, o comunque coinvolgente la corporeità sessuale di quest’ultimo, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale, non avendo rilievo determinante, ai fini del perfezionamento del reato, la finalità dell’agente e l’eventuale soddisfacimento del proprio piacere sessuale.
È perciò dalla stessa natura del bene giuridico protetto che deve ricavarsi la natura sessuale del gesto tutte le volte in cui lo stesso, pur concretizzandosi in un contatto corporeo, attinge parti che non necessariamente rientrano in quelle tradizionalmente definite come ‘erogene’ (ove la natura sessuale dell’atto è indiscussa), essendo la sfera della sessualità, che non resta confinata sul piano strettamente fisico ma involge anche la sfera psichica e quella emotiva, suscettibile di modularsi diversamente in relazione ai valori del comune sentire che si consolidano nello specifico contesto storico, culturale e sociale di riferimento.
Per decifrare il significato di atto sessuale è necessario fare riferimento sia ad un criterio oggettivistico-anatomico (parti del corpo attinte) e sia ad un criterio oggettivistico-contestuale, che tenga conto cioè del ‘contesto di azione’, in maniera che dalle modalità della condotta nel suo complesso e da altri elementi significativi si accerti se vi sia stata o meno una indebita compromissione della libera determinazione della sfera sessuale altrui.
In relazione alle modalità di estrinsecazione della condotta, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità è nel senso che l’espressione atti sessuali comprenda tutti quegli atti che tramite violenza, minaccia, induzione o abuso di autorità siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità della persona e ad invadere la sua sfera sessuale. Il concetto di violenza, in particolare, ricomprende al suo interno non solo le esplicazioni di energia fisica direttamente realizzate sulla persona offesa e volte a vincere la resistenza opposta dalla stessa, ma anche qualsiasi atto o fatto cui consegua la limitazione della libertà del soggetto passivo, in tal modo costretto a subire atti sessuali contro la propria volontà.
Se quindi il delitto di violenza sessuale è codificato, altrettanto non può dirsi per la molestia sessuale.
Il codice penale punisce infatti, all’art. 660 c.p. «Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito, a querela della persona offesa, con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 euro».
Il reato di molestie, quindi, non ha una caratura esclusiva di natura sessuale, ma può applicarsi a svariate condotte di disturbo tra le quali può anche rientrare la sfera sessuale.
La giurisprudenza della Corte di cassazione ha tracciato il confine tra la violenza sessuale e la molestia sessuale, affermando che il reato di molestia sessuale (art. 660 c.p.), è integrato solo in presenza di espressioni volgari a sfondo sessuale, ovvero di atti di corteggiamento invasivo ed insistito diversi dalla violenza sessuale.
Se dalle espressioni verbali a sfondo sessuale si passa ai toccamenti a sfondo sessuale si realizza delitto di violenza sessuale consumato o tentato a seconda della natura del toccamento e delle circostanze del caso.
Volendo quindi riassumere la differenza tra la violenza sessuale e la molestia connotata da natura sessuale e che la prima è integrata quando la persona offesa è costretta a subire o compiere atti di natura sessuale, mentre la seconda non presuppone il contatto fisico e invece concerne solamente espressioni volgari a sfondo sessuale o atti sessuali compiuti dal soggetto agente sulla sua persona.
Il fenomeno del cosiddetto catcalling quindi deve essere ricompreso nella contravvenzione di molestia di cui all’art. 660 c.p., non tanto per la sua eventuale connotazione sessuale, ma per la sua idoneità a recare molestia o disturbo ad altri.
Violenza sessuale a distanza
In tema invece di violenza sessuale, la Corte di cassazione ha recentemente stabilito che tale reato si può esplicare anche mediante le comunicazioni a distanza (messaggi, chat, videochiamate), quindi anche in assenza di contatto tra il soggetto agente e la persona offesa.
Difatti gli atti di autoerotismo rilevano quali atti sessuali non solo quando con costrizione praticati dall’agente a terzi o da costoro al primo, ma pure laddove la persona offesa sia stata costretta a praticarli su sé medesima, non essendo necessario il contatto fisico fra l’agente e la vittima.
Conseguentemente è integrato il reato di cui all’articolo 609-bis cp quando il reo costringa, mediante minaccia, la persona offesa a compiere su se stessa atti di autoerotismo, in diretta o con il successivo invio di foto o video, nonostante non vi sia alcun contatto fisico tra i due soggetti.
Quello che accomuna la violenza sessuale e la molestia sessuale è il livello di intrusione da parte del soggetto agente nella sfera della persona offesa che, nel primo caso, è radicale, totale e fisica mentre nel secondo è limitata ad espressioni verbali che, comunque, rappresentano seppur con intensità differente una lesione alla propria personalità.
A cura dell’Avv. Francesco Martin
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