Vivere in provincia, lontano dal trambusto delle grandi città, può sembrare a prima vista una scelta di vita più tranquilla e meno stressante. Tuttavia, dietro a questa apparente serenità si nascondono sfide quotidiane che rendono la vita in queste aree più complessa di quanto ci si potrebbe aspettare. Dall’accesso limitato ai servizi essenziali alle opportunità lavorative ridotte, passando per un’infrastruttura di trasporti spesso inadeguata e un crescente isolamento sociale, chi vive in provincia deve affrontare difficoltà che spesso vengono sottovalutate o ignorate.
L’attuazione distorta del PNRR
L’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) esemplifica le problematiche strutturali che colpiscono le province. Sebbene il PNRR abbia stanziato fondi significativi per lo sviluppo delle aree provinciali, la distribuzione degli investimenti non è uniforme, creando disparità tra le diverse regioni del Paese. Le province del Sud Italia hanno ricevuto una quota rilevante dei fondi, superando il 40% del totale destinato a questa macroregione. Tuttavia, all’interno delle stesse regioni ci sono marcate differenze: province come Benevento, Isernia e Verona hanno ricevuto investimenti pro capite significativamente superiori alla media nazionale di 1.605 euro (rispettivamente 2.909, 2.886 e 2.792 euro per abitante). Al contrario, altre province mostrano investimenti molto più bassi, segnalando una difficoltà nel raggiungere un equilibrio nello sviluppo economico e infrastrutturale.
Le informazioni disponibili sugli investimenti del PNRR sono tuttavia ancora incomplete, e lo stato di avanzamento dei progetti potrebbe accentuare ulteriormente le difficoltà nelle province meno finanziate, contribuendo a una maggiore disparità economica e infrastrutturale nel lungo termine.
L’accesso ai servizi e il mondo del lavoro
La vita nelle province italiane è spesso segnata dalla carenza di opportunità e servizi, aggravata da collegamenti stradali e di trasporto pubblici spesso inefficaci. Secondo l’ISTAT, circa il 20% delle strade provinciali in Italia è in condizioni non ottimali, rendendo difficoltoso lo spostamento per lavoro o studio. Le reti di trasporto pubblico nelle province sono limitate rispetto alle città, con minori frequenze e copertura, aumentando la dipendenza dall’automobile e comportando costi aggiuntivi per le famiglie, oltre a impatti negativi sull’ambiente.
Le problematiche infrastrutturali influiscono anche sull’accesso ai servizi sanitari. Molte province affrontano difficoltà significative in questo settore, con ospedali spesso distanti dalle residenze dei cittadini. Tutto ciò è particolarmente grave se si considera che circa un quarto della popolazione italiana vive nelle aree interne e riceve servizi sanitari meno adeguati rispetto agli abitanti delle aree urbane. Ad esempio, province come Enna in Sicilia e Oristano in Sardegna, con popolazioni rispettivamente di circa 165.000 e 160.000 abitanti, sono servite solo da due ospedali ciascuna. Situazioni critiche si riscontrano anche a Isernia, in Molise, e Nuoro in Sardegna, dove un solo ospedale serve rispettivamente circa 85.000 e 210.000 abitanti. Anche Vibo Valentia in Calabria, nonostante abbia due ospedali, non riesce a soddisfare completamente le esigenze sanitarie di una popolazione di circa 160.000 abitanti. Queste carenze infrastrutturali rendono difficile l’accesso alle cure, specialmente nelle aree rurali e montane.
Un altro aspetto cruciale è l’istruzione. Le scuole provinciali spesso dispongono di meno risorse e strutture rispetto a quelle urbane. Secondo l’ISTAT, le scuole nelle aree provinciali hanno meno accesso a tecnologie avanzate e offrono meno attività extracurriculari. Il Ministero dell’Istruzione riporta che il 70% delle scuole urbane offre almeno 5 attività extracurriculari, come sport, musica e teatro, rispetto al 45% delle scuole provinciali. Solo il 40% delle scuole provinciali dispone di una palestra e di un auditorium, rispetto al 65% delle scuole urbane.
La media dei metri quadri per studente è di circa 8,5 m² nelle scuole urbane e di circa 6,5 m² in quelle provinciali, con una minore percentuale di scuole dotate di biblioteche ben equipaggiate (60% nelle aree urbane contro il 40% nelle provinciali). Le scuole urbane ricevono circa 1.200 euro per studente all’anno, mentre le scuole provinciali ottengono circa 950 euro per studente. Inoltre, il 45% delle scuole urbane è dotato di lavagne interattive, rispetto al 30% delle scuole provinciali.
Le province italiane affrontano anche disparità nel mercato del lavoro. In particolare nel Sud Italia, i tassi di disoccupazione sono molto più elevati rispetto alle città del Nord. Secondo il Rapporto SVIMEZ 2020, il tasso di disoccupazione nelle province del Sud può superare il 20%, con picchi superiori al 25% in regioni come Sicilia e Calabria. In confronto, nelle città del Nord Italia, i tassi di disoccupazione sono generalmente inferiori al 10%, con tassi di disoccupazione giovanile (15-34 anni) che possono arrivare fino al 40% nel Sud, mentre nel Nord scendono sotto il 15%. Le differenze si riflettono anche nella tipologia di impieghi disponibili. Nelle province, circa il 15-20% della forza lavoro è impiegata nel settore primario, come agricoltura e pesca, che tende ad essere meno remunerativo e meno stabile rispetto al settore terziario predominante nelle città. Inoltre, il 20-25% dei lavori provinciali è nel settore manifatturiero, con occupazioni che spesso offrono meno sicurezza e vantaggi rispetto ai lavori nei servizi. Nelle città, il settore terziario, che include finanza, commercio e servizi professionali, impiega circa il 70-75% della forza lavoro. Questo settore è generalmente più remunerativo e offre una maggiore sicurezza del lavoro. Ad esempio, il reddito medio annuo nelle province è di circa 20.000 euro, mentre nelle città del Nord Italia supera spesso i 30.000 euro.
Questi dati evidenziano le notevoli disuguaglianze tra le province e le aree urbane in Italia, che si manifestano nelle opportunità lavorative, nei servizi e nell’istruzione, contribuendo a una crescente disparità tra le diverse regioni del paese. Durante la pandemia, abbiamo compreso che l’accesso a Internet è ormai, come insegnava Stefano Rodotà, un diritto essenziale. Secondo il DESI (Digital Economy and Society Index) 2020, le regioni italiane più periferiche mostrano un accesso a banda larga e infrastrutture digitali inferiore rispetto alle aree urbane, limitando così l’accesso a opportunità di lavoro a distanza, istruzione online e servizi digitali.
L’isolamento sociale e culturale
In provincia è, inoltre, più complesso trovare adeguati intrattenimenti culturali. Le aree provinciali offrono meno eventi culturali e attività ricreative rispetto alle città. Secondo il rapporto “Città Metropolitane e Aree Interne” del 2021, la densità di strutture culturali nelle province è molto più bassa. Ad esempio, nelle province si trova un teatro ogni 50.000 abitanti, mentre nelle città metropolitane c’è un teatro ogni 10.000 abitanti. Per i musei, la densità nelle province è di circa 1 ogni 100.000 abitanti, contro 1 ogni 20.000 abitanti nelle aree urbane. Anche per i cinema, le province hanno circa 0,3 cinema per 10.000 abitanti, rispetto ai 2,5 cinema per 10.000 abitanti nelle città metropolitane. Questa disparità riflette una disponibilità significativamente inferiore di eventi culturali e spettacoli nelle aree provinciali.
A queste sfide culturali si aggiunge un problema demografico crescente: l’invecchiamento della popolazione. Nelle province italiane, la percentuale di persone over 65 può arrivare fino al 25% della popolazione totale, con punte superiori al 30% in alcune aree provinciali. Questo contrasto è marcato rispetto alle città, dove la percentuale di anziani è intorno al 18%. Inoltre, circa il 40% dei giovani tra i 18 e i 34 anni nelle province si trasferisce verso le città per motivi di studio o lavoro, contribuendo a una maggiore concentrazione di popolazione anziana nelle aree provinciali. Di conseguenza, le province spesso dispongono di meno servizi e strutture dedicate agli anziani, come centri di assistenza e case di riposo, che possono essere inferiori del 30% rispetto a quelli disponibili nelle aree urbane.
Province come Isernia, in Molise, vedono una percentuale di persone over 65 che può superare il 30%. Situazioni simili si riscontrano a Vibo Valentia, in Calabria, e a Rieti, nel Lazio, dove il tasso di popolazione anziana è vicino al 30%. Questi tassi di invecchiamento sono ben superiori alla media delle città, dove la percentuale di anziani è intorno al 18%. Le province più colpite dallo spopolamento sono Crotone in Calabria, che ha visto una riduzione della popolazione di oltre il 15% negli ultimi 10 anni, Matera in Basilicata, con una diminuzione di circa il 10%, e Vercelli in Piemonte con una riduzione di circa il 12%.
Vantaggi e proposte
Nonostante queste difficoltà, vivere in provincia presenta anche vantaggi significativi. Le province offrono una qualità della vita migliore, costi inferiori e un ambiente più sicuro. Ad esempio, le province vantano spazi verdi e naturali più ampi, con il 40-50% del territorio spesso coperto da aree protette, rispetto al 10-20% nelle città. Inoltre, i livelli di inquinamento atmosferico nelle province possono essere fino al 30% inferiori rispetto alle città metropolitane. Come detto, il costo della vita è generalmente più basso, con affitti per un appartamento di 100 m² nelle province che costano circa 1.000-1.200 euro al mese, rispetto ai 1.500-2.000 euro delle città. Anche la sicurezza è generalmente migliore nelle province, con tassi di criminalità circa il 20-30% inferiori rispetto alle aree urbane.
Per migliorare la vita nelle province e affrontare le difficoltà sopra descritte, sarebbe necessario un incremento degli investimenti per migliorare i servizi. Per esempio, un aumento del 10% del budget per la manutenzione stradale e del 20% della frequenza dei mezzi pubblici potrebbe migliorare l’accesso e ridurre la dipendenza dall’auto. È fondamentale lavorare anche per potenziare i servizi sanitari e le prospettive lavorative e tecnologiche, al fine di favorire il ripopolamento delle province e delle aree interne.