Hamas ha risposto alla nuova proposta di tregua avanzata da Israele e l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu avrebbe esaminato il riscontro, definendolo inizialmente “praticabile”. Nel frattempo, era previsto per oggi in Sardegna l’incontro tra l’inviato statunitense Witkoff, il ministro israeliano Dermer e il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani. Lo stesso Witkoff, in serata, si è pronunciato sullo stato dei negoziati, dichiarandone il “fallimento”.
La proposta di tregua di Hamas
Dopo le condizioni avanzate da Israele per il cessate il fuoco di 60 giorni, Hamas ha risposto con una nuova proposta, in parte differente dalla precedente. La chiave di quest’ultima è l’assicurazione di un cessate il fuoco effettivo e duraturo; per questo i rappresentanti di Hamas spingono per l’inserimento della tregua all’interno del testo, fino a questo momento discussa esclusivamente in forma orale. Hamas ha dunque proposto alcuni emendamenti riguardanti l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza, richiedendo un flusso libero controllato dall’ONU. Non è ancora chiaro se la Gaza Humanitarian Foundation, controllata da Stati Uniti ed Israele, continuerà ad agire sul territorio o meno.
Un altro importante punto è la presenza di mappe da cui l’esercito israeliano dovrebbe ritirarsi, sempre per rendere effettivo il presunto cessate il fuoco, ma anche per cercare di creare una zona cuscinetto. Quest’ultima, però, inizialmente proposta anche dai rappresentanti israeliani, era stata prevista in maniera molto più ristretta.
Compare infine il rilascio di 10 ostaggi israeliani, in cambio di un numero molto maggiore di quello inizialmente accettato da Israele. Inizialmente, infatti, era previsto il rilascio di 125 palestinesi condannati all’ergastolo e di 1200 palestinesi arrestati dopo il 7 ottobre dall’Idf. Ad oggi, il numero degli ostaggi richiesti da Hamas sale a 2200, di cui 200 condannati e 2000 arrestati da Israele.
Esame della proposta
La proposta presentata da Hamas sarebbe stata esaminata dall’ufficio del primo ministro israeliano, che inizialmente l’ha definita “praticabile”, come dichiarato da una fonte israeliana al Times of Israel. I punti tutt’ora critici riguarderebbero il rilascio di ostaggi: come riferisce la tv Channel 12, si parla di “progressi non significativi”.
Colloqui Usa-Israele
Dopo l’arrivo stamattina all’aereporto di Olbia, era previsto in data odierna – presumibilmente a bordo di uno yacht – l’incontro tra l’inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente, Steve Witkoff, il ministro israeliano Dermer e il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani. L’incontro avrebbe avuto ad oggetto la possibilità di un accordo sul cessate il fuoco tra Hamas e Israele.
In precedenza, Witkoff aveva affermato di avere “la ferma speranza di raggiungere un cessate il fuoco” e “aprire un corridoio umanitario per l’ingresso di aiuti che le due parti hanno, di fatto, accettato”. Successivamente, Israele ha richiamato in patria la squadra negoziale dal Qatar: “apprezziamo gli sforzi dei mediatori Qatar ed Egitto e gli sforzi di Witkoff per raggiungere una svolta nei colloqui”.
In serata, l’inviato statunitense Witkoff ha parlato di “fallimento” dei negoziati, accusando Hamas di “egoismo”, ravvisabile nel non voler trovare un accordo sul cessate il fuoco a Gaza. Secondo Witkoff, saranno quindi “valutate opzioni alternative per riportare a casa gli ostaggi e cercare di creare un ambiente più stabile per la popolazione di Gaza“.
Prevista, inoltre a Gerusalemme una riunione del governo vertente sulle accuse di carestia a Gaza, presieduta da Netanyahu insieme ai rappresentati di vari ministeri.
Conclusioni
Degno di nota è anche il pressing che Israele sta subendo da parte di alcune testate giornalistiche – tra cui AFP, AP, BBC e Reuters – sulla possibilità di “permettere ai giornalisti di entrare e uscire da Gaza”. In un comunicato congiunto, le suddette testate hanno dichiarato le difficoltà che devono affrontare i giornalisti in una zona di guerra, dovute soprattutto alla carenza di risorse alimentari.
Pressioni simili sopraggiungono anche dall’Unione europea che, in merito agli aiuti umanitari a Gaza, afferma: “tutte le opzioni rimangono sul tavolo se Israele non rispetta l’attuazione degli impegni concordati”.
La principale preoccupazione espressa dalla comunità internazionale riguarda la sicurezza e l’incolumità dei civili: riusciranno tali istanze ad accorciare le tempistiche necessarie per arrivare ad un accordo definitivo? E soprattutto, come reagirà Netanyahu a queste pressioni? Rallenterà la presa sulla guerra o continuerà ad usare il pugno di ferro?
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