Un calo demografico in continua crescita e peggiore rispetto al 2024: è così che l’Italia prosegue nella perdita di popolazione, iniziata nel 2008, dove le nascite non rappresentano più la priorità principale dei cittadini, e non solo per scelta personale.
Affiancati da un continuo aumento di espatri, sembra che il Paese stia attraversando una perdita di capacità attrattiva per cause economiche e strutturali, come la mancanza di meritocrazia, stipendi bassi e la difficoltà ad accedere al mercato immobiliare, fattori che influiscono sulla decisione di costruire una famiglia e sull’invecchiamento di un’intera nazione.
L’Italia e la crisi della natalità
Il report Istat del 21 ottobre 2025 introduce un ‘calo delle nascite ai minimi storici’: i dati provvisori riferiti al periodo gennaio-luglio contano 197.956 nascite, con una perdita di circa 13mila unità (-6,3%) rispetto allo stesso periodo del 2024 e una conseguente diminuzione del tasso di natalità, corrispondente al 3,4 per mille nell’anno corrente contro il 3,6 per mille nel 2024.
La crisi della natalità è nazionale, seppure con statistiche differenti: il Nord Italia presenta una diminuzione più contenuta (-5,0%), mentre il Centro (-7,8%) e il Sud Italia (-7,2%) subiscono una riduzione importante, anche a causa delle notevoli differenze in termini economici e di opportunità.
Le regioni coinvolte in un calo più intenso sono l’Abruzzo (-10,2%) e la Sardegna (-10,1%), seguite da Umbria (-9,6%), Lazio (-9,4%) e Calabria (-8,4%), mentre le regioni in controtendenza sono la Valle d’Aosta (+5,5%), la provincia autonoma di Bolzano (+1,9%) e Trento (+0,6%), registrando un incremento rilevante rispetto allo scorso anno. Le cause si possono riscontrare nel connubio di diversi fattori, per cui la politica si è attivata alla ricerca di una possibile soluzione, provando a fornire delle risposte concrete.
Calo demografico: le cause e lo ius familiae
Le ragioni a cui si può attribuire il calo delle nascite sono di natura socio-culturale ma anche economica: innanzitutto si registra uno spostamento dell’età media delle neo-mamme verso i 31 anni circa, con una conseguente riduzione della fecondità. Le principali motivazioni della posticipazione di un progetto familiare sono però da ricercare nella precarietà giovanile, l’allungarsi del periodo di istruzione e la conseguente difficoltà ad acquistare una nuova abitazione, che costringono molti giovani a lasciare il nucleo originario verso i 30 anni, più tardi rispetto al passato.
In questo contesto, gli under 34 si ritrovano a posticipare i loro progetti a tempo indefinito, rivedendo i propri piani.
“I giovani dall’Italia se ne vanno e magari fanno famiglia altrove. Noi dobbiamo creare le condizioni perché restino, o tornino, aprirci a una immigrazione gestita che privilegi l’arrivo di nuclei familiari” ha spiegato Gigi De Palo, Presidente della Fondazione per la natalità al convegno ‘Cambiare paese o Cambiare il Paese’, tenuto durante la quinta edizione degli Stati Generali della natalità, proponendo a sua volta un’agenzia per la natalità basata su fisco, casa e lavoro, e lo Ius familiae, con l’obiettivo di incentivare i nuclei familiari stranieri ad entrare nel Paese, percependolo come una nuova via di integrazione.
Scarsa attrattività e giovani che non tornano
In parallelo alle statistiche sulla crisi della natalità, è utile considerare la perdita del capitale umano, che comporta all’emigrazione di giovani qualificati e la difficoltà ad attrarre altre risorse dai paesi economici principali.
Il recente rapporto della CNEL evidenzia la problematica in modo evidente, come dichiarato dal Presidente Renato Brunetta: “La scarsa attrattività dell’Italia per i giovani dei Paesi avanzati è la cartina di tornasole dei ritardi culturali ed economici che abbassano lo standard di vita di tutti gli abitanti del Paese”. Infatti, su 9 italiani under 34 che lasciano il Paese, solo uno straniero proviene da stati sviluppati, corrispondente all’1,9% rispetto al resto dell’Europa.
Per quanto riguarda i connazionali, gli emigrati tra il 2011 e il 2024 ammontano a circa 781mila, di cui 441mila hanno un’età compresa tra i 18 e i 34 anni. La differenza rispetto alle ondate passate risiede nel livello di istruzione: nel 2024 i laureati italiani costituivano il 31,6% dei giovani tra i 25-34 anni, di cui il 41,2% si è trasferito all’estero nel biennio 2022-2024 e con una maggioranza proveniente dalle regioni settentrionali, mentre dal Sud emigrano anche le persone con un’istruzione di livello medio-basso.
Una perdita che non riguarda solo un aspetto umano, ma soprattutto economico: considerando il periodo 2011-2024, la perdita ammonta a 159,5 miliardi di euro, tenendo conto delle spese di istruzione e formazione, che in termini di PIL equivale al 7,5%.
Soluzioni per riattirare i talenti
Il CNEL non si limita solo a stimare la quantità di persone ‘perse’, ma analizza anche le ragioni attraverso dei sondaggi condotti tra i giovani: tra queste, la carenza di opportunità lavorative e la scarsa democrazia, dove il sistema premia spesso l’appartenenza a determinati circuiti piuttosto che il merito.
A questo si aggiunge l’assenza di un ambiente dinamico in cui mettere a frutto le proprie competenze professionali, reali opportunità di crescita e stipendi che impediscono la crescita economica, anche in rapporto ai prezzi, che hanno subito un incremento significativo specialmente nei beni alimentari (+24,9%) rispetto a ottobre 2021, portando a preferire paesi come la Germania, il Regno Unito e la Svizzera, con condizioni più favorevoli.
Le soluzioni su cui sta lavorando la CNEL riguardano in particolare la questione salariale, il costo della vita, l’innovazione e la ricerca, la cultura del lavoro, la qualità della vita e gli incentivi al rientro.
Oltre a questi ambiti, ci si concentra in particolar modo sulla crescita delle imprese, l’accesso ai bandi pubblici e la revisione dei contratti di stage o apprendistato, per riportarli al loro ruolo originario. Nonostante sia stata delineata una Strategia Giovani, la strada è ancora lunga: lo stesso Presidente richiama all’attenzione tutta la classe politica, istituzioni, scuole e sindacati affinché si possa lavorare al ridimensionamento delle problematiche.
In conclusione
L’Italia sta attraversando una crisi demografica ed emigratoria, che racchiude al suo interno tutte le motivazioni della stagnazione del Paese. Anche se apparentemente potrebbe interessare solo le nuove generazioni, la tematica riguarda tutta la popolazione.
La tutela dei giovani e del futuro, con piani rivolti allo sviluppo economico e individuale, è essenziale per garantire una continuità generazionale, la cui direzione è rivolta verso una riduzione drastica e costante. Le istituzioni e le classi politiche devono lavorare affinché la nazione possa affrontare una reale crescita, partendo dall’ascolto e da un reale supporto ai giovani, al fine di evitare maggiori conseguenze sociali ed economiche.
20250490

