spot_img
Altro
    HomeCinemaIl pulp italiano: gli scrittori "cannibali"

    Il pulp italiano: gli scrittori “cannibali”

    Pubblicato il

    spot_img

    Dissacranti, grotteschi e sanguinosi al limite del macabro: così potremmo descrivere gli “scrittori dell’eccesso” diffusi in Italia a partire dagli anni ’90, i cui maggiori rappresentanti sono Enrico Brizzi, Isabella Santacroce, Niccolò Ammaniti, Aldo Nove e Tiziano Scarpa. Come Baudelaire, così anche gli scrittori “cannibali” sono figli del disagio sociale e delle parti più degradate e marce che si possono trovare all’interno di una società; parti di cui riescono a cogliere l’essenza per poi renderne esteticamente il dolore e il malessere causato. 

    La storia

    Non c’è da sorprendersi del perché questo tipo di letteratura abbia assunto delle caratteristiche così forti: da sempre la forma d’arte scritta riflette o reagisce alle correnti storiche e agli eventi politici che vi appartengono. Conseguentemente, quando parliamo degli anni ‘90 vanno tenuti in considerazione anche i travagliati fenomeni del trentennio che li precede: dal boom economico alle contestazioni giovanili e agli anni di piombo, dal crescente consumismo all’accessibilità dell’educazione universitaria, dalla nascita delle neo-avanguardie a quella del movimento post-moderno. Insomma, gli anni ‘90 costituiscono un periodo di reazione violenta e aggressiva a tutti quei fenomeni, passati e contemporanei, che hanno scosso la società; un tipo di reazione completamente diversa da qualunque altra fosse mai avvenuta sulla penisola. 

    Pertanto, in campo letterario le opere composte sono frutto di autori che sono quasi affascinati da crudeltà e prepotenza, e che si dilettano nel descriverne le peggiori stranezze, attraverso una scrittura “onnivora” che rifiuta gli stilemi classici e accosta linguaggi che ritroviamo anche nella televisione e nel cinema.

    L’anno di svolta è il 1996: questo il momento in cui arriva, in Italia e non solo, “Pulp Fiction” ma in cui viene anche pubblicato “Gioventù Cannibale”. Prima antologia italiana dell’”orrore estremo”, la prima raccolta di storie brevi sul genere pubblicata grazie all’unione di “undici sfrenati, intemperanti, cavalieri dell’Apocalisse”, che non solo rappresenta la loro violenta presa di posizione di fronte alle patologie del mondo, ma che gli conferisce anche il nome “Cannibali”.

    PULP, LA PAROLA E I GENERI

    I precedenti come “Pulp” di Charles Bukowski e “Pulp Fiction” di Quentin Tarantino già ci danno un’idea del significato del termine: “un mucchio di materia organica vischiosa, umida, soffice”. Come si relaziona però il suddetto termine alla cultura popolare dalla quale proviene? Teoricamente, il termine deriverebbe dai “pulp magazines”, una serie di pubblicazioni periodiche indirizzate ad un pubblico di lettori di bassa fascia, nonché di altrettanto bassa valenza letteraria e di rapido consumo, contenenti facili racconti sensazionalistici, scritti su una carta/polpa che rispecchia gli attributi di cui sopra. E’ perciò di una carta simile alla sua scrittura, una scrittura che provoca brividi e ripugnanza attraverso la descrizione di schizzi di sangue e crudeli atti di violenza; un immaginario che attraversa e unisce tutti i generi e filoni letterari come il giallo, la fantascienza e il romanzo psicologico ma anche il noir, il thriller e l’horror. 

    Si tratta in sostanza di una produzione culturale che utilizza o ricicla materiali bassi unendo questi agli elementi della cultura popolare e di massa, creando un pubblico unico e amalgamato.

    LO STILE

    Potremmo descrivere lo stile “pulp” come una feroce liberazione del linguaggio: palinsesti televisivi, cultura di strada, cinema di genere, musica pop, fumetti, videoclip, videogiochi e “nuovi media” come la Rai sono le fonti da cui le sgangherate esperienze narrate prendono ispirazione. Giocano con i linguaggi della pubblicità e dei mass media, mescolando diversi registri stilistici arricchiti da forestierismi, parolacce, bestemmie e neologismi, rifiutando la tecnica del romanzo tradizionale e uscendo dalla compostezza e dalla retta introspezione psicologica imposta da Moravia e Calvino. 

    Degne di nota sono, inoltre, l’interpunzione frenetica e la sintassi destrutturata che mirano a costituire un continuum narrativo senza pause, lo stesso che scandisce la narrazione su ritmi e immagini velocissimi simili a quelli cinematografici. Il tutto sempre all’insegna della distruzione del falso moralismo, dell’assottigliamento della già labile linea che separa il bene dal male e della critica del potere corrotto in un mezzo di sopraffazione.

    IO NON HO PAURA

    Il romanzo di Niccolò Ammaniti è forse l’esempio più lampante nella letteratura italiana di “romanzo pulp”: qui Ammaniti conferma la straordinaria capacità di inventare storie ai limiti della realtà, collocate in spazi quasi liminali che permettono la creazione di intrecci assurdi, gli stessi che terminano in soluzioni inaspettate e a volte tragiche. La galleria di personaggi è intenzionalmente carica di particolari grotteschi che riflettono una società italiana corrotta e violenta, creando caratteri privi di valori, senza alcuna prospettiva, che cercano sempre qualcosa che spezzi la noia in situazioni brutali e violente e in cui coabitano pezzi di dialoghi, descrizioni iperrealistiche, slanci lirici e deliri mentali.

    L’ironia potrebbe far pensare a qualcuno che queste storie siano solamente il frutto della debordante fantasia dell’autore, ma dietro alla comicità dei personaggi si nasconde una triste cronaca quotidiana; come se l’umorismo fosse un modo per “raccontare senza partecipare” creando, grazie alla comicità, un distacco tra il racconto e il lettore che in questa maniera si salva dalle atrocità a cui assiste. 

    Tutto ciò appare abbastanza chiaro nell’opera Io non ho paura” che, al di là dell’adattamento cinematografico proposto da Gabriele Salvatores nel 2003, resta un romanzo di rilevanza assoluta in quanto si serve dello sguardo degli occhi di un bambino per affrontare la questione meridionale e le critiche condizioni di povertà in cui versava – e versa tuttora – il Sud Italia, in concomitanza con la terribile pratica diffusasi negli anni ‘70 del sequestro di persona a fine estorsivo.

    Articoli recenti

    Nucleare sostenibile: l’Italia tra fiducia e innovazione

    Con il ritorno del nucleare nel dibattito politico ed energetico nazionale, l’Italia si trova...

    Il ruolo dell’Europa a Gaza: irrilevante o protagonista del “Board of peace”?

    A poche ore dalla firma dell’accordo di Sharm el-Sheikh per il termine del conflitto...

    Francia, formazione di governo pronta, domani il primo Consiglio dei ministri

    Il primo ministro francese Sébastian Lecornu, nominato a sorpresa venerdì 10 ottobre dopo aver...

    In Toscana riconfermato l’uscente Eugenio Giani

    Eugenio Giani, attuale Presidente uscente, è stato confermato alla guida dell’esecutivo regionale toscano. Archiviato...