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    Violenza sessuale e consenso: la proposta di modifica legislativa

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    Il 12 novembre è stato approvato dalla Commissione Giustizia della Camera un emendamento nell’ambito dell’esame, in sede referente, della proposta di legge in tema di: «Modifica dell’articolo 609-bis del codice penale in materia di violenza sessuale e di libera manifestazione del consenso» (C. 1693 Boldrini, C. 2151 Sportiello e C. 2279 Ascari).

    L’attuale formulazione

    Il delitto di violenza sessuale è attualmente disciplinato dall’articolo 609-bis c.p., che ha unificato in una sola figura criminosa alcune fattispecie precedentemente distinte (violenza carnale, congiunzione carnale commessa con abuso della qualità di pubblico ufficiale, atti di libidine violenti), collocate nell’ambito dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume. 

    La condotta tipica del reato può consistere: 

    • nella costrizione a compiere o a subire atti sessuali, facendo uso di violenza, minaccia o abuso di autorità; 
    • nell’induzione a compiere o a subire atti sessuali, abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto ovvero traendo in errore la persona offesa facendo sostituire il colpevole ad altra persona. 

    Nel caso della costrizione deve sussistere uno dei tre elementi sopra indicati, ovvero la violenza, la minaccia o l’abuso di autorità, mentre, nel caso dell’induzione, è necessario verificare che si sia in presenza di una delle due circostanze indicate dalla legge, ovvero l’abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto o l’induzione in errore della persona offesa essendosi il colpevole sostituitosi ad altra persona.

    Per la configurabilità del reato di violenza sessuale non è necessario lo scopo libidinoso o la soddisfazione sessuale dell’agente, ma è sufficiente la generica volontà di compiere un atto invasivo sulla libertà sessuale di una persona non consenziente. 

    Per quanto riguarda la nozione di atto sessuale, in essa rientra ogni comportamento che, nell’ambito di un rapporto fisico interpersonale, sia manifestazione dell’intento di dare soddisfacimento all’istinto, collegato con i caratteri anatomico-genitali dell’individuo.

    Il trattamento sanzionatorio previsto va da un minimo di 5 fino ad un massimo di 10 anni di reclusione. Dato l’ampio numero di fattispecie che possono ricadere nell’ambito applicativo della norma, il legislatore ha previsto, al terzo comma, una attenuante applicabile ai casi meno gravi, che determina una diminuzione della pena di non oltre i due terzi.

    Effettive novità?

    Come evidenziato, con riferimento al delitto di cui all’art. 609-bis c.p., vi è stata una recente proposta di modifica in tema di consenso, con la conseguenza che la nuova possibile formulazione del delitto di violenza sessuale potrebbe essere così evidenziata:

    «Art. 609-bis. – (Violenza sessuale)
    Chiunque compie o fa compiere o subire atti sessuali ad un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
    Alla stessa pena soggiace chi costringe taluno a compiere o a subire atti sessuali con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità ovvero induce taluno a compiere o a subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica o di particolare vulnerabilità della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
    Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.»

    La novità appunto è data dal fatto che viene codificato il consenso all’atto sessuale che deve sussistere dall’inizio alla fine, ben potendo essere revocato in qualsiasi istante. Si tratta tuttavia di una novità in senso stretto?

    Già da anni, in un consolidato filone giurisprudenziale, la Corte di Cassazione aveva più volte stabilito che: «Il consenso, inoltre, deve perdurare per tutto il rapporto senza soluzione di continuità, potendosi la revoca del consenso intervenuta “in itinere” desumere da fatti concludenti chiaramente indicativi della contraria volontà».

    Quindi, anche nell’attuale vigenza normativa, il consenso legittimamente dato all’atto sessuale può essere sempre revocato anche mentre questo viene compiuto e, in ogni caso, deve sussistere per l’intera durata.

    La nuova normativa, quindi, codifica la presenza e l’attualità di un valido consenso rilasciato prima del compimento dell’atto sessuale e che deve sussistere per tutta la durata dello stesso, ma solleva, da un lato prettamente giuridico, qualche dubbio sull’effettiva necessità, in quanto tali principi erano già da tempo stati espressi dalla Corte di Cassazione. Da un punto di vista sociale, invece, l’aver codificato la sussistenza di un necessario e valido consenso rappresenta un passo avanti verso la tutela della libertà sessuale di ogni individuo.

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