È finita come molti si aspettavano: prima in Campania, poi in Veneto, infine in Puglia. Chi ha governato per anni, lì viene confermato. Antonio Decaro, da naturale erede dell’amministrazione Emiliano, dopo il trionfo alle europee e la doppia esperienza da sindaco di Bari, conquista ora il vertice della sua Regione, consolidando il proprio ruolo di figura politica centrale nel Mezzogiorno. Eppure, sopra ogni nome e ogni vittoria, domina il solito protagonista: l’astensionismo.
La Puglia è una patata bollente
Governare la Regione Puglia non è certo impresa semplice. Il tacco d’Italia, pur forte di una reputazione positiva e di un brand territoriale consolidato, continua a portare con sé ombre e questioni irrisolte.
«È cominciata così l’antimafia di Antonio Decaro. Bussa alla porta, mi dice: vedi che sono stato a Piazza San Pietro e uno mi ha messo una pistola, o un dito duro, dietro alla schiena. Io lo presi, in due andammo a casa della sorella di Antonio Capriati, che era il boss di quel quartiere, e io gli andai a dire: Vedi che questo ingegnere è assessore mio, deve lavorare, quindi se ha bisogno di bere, se ha bisogno di assistenza, te lo affido». Con quel racconto, che l’ex governatore ha modificato, distorto e manomesso più volte, Emiliano si è spinto oltre il limite, offrendo alla malavita barese una mediaticità involontaria e riaprendo ferite nella città ancora non curate.
Decaro, però, da quella tempesta mediatica è uscito indenne, anzi rafforzato: prima il successo alle elezioni europee, poi la conquista della Regione. E ora, davanti a lui, si apre un orizzonte tutt’altro che semplice: la terza mafia foggiana, il sistema del caporalato che sfrutta i braccianti nelle campagne di tutte le province, l’emergenza infinita dell’ex Ilva di Taranto – tuttora in cima alle prime pagine di giornale – sono solo alcune delle patate più bollenti della regione.
Ma cosa è cambiato in Puglia?
Verrebbe da dire: quasi nulla. E, a ben vedere, è proprio così. La vittoria di Antonio Decaro era data per scontata, forse la più prevedibile. Il centrosinistra, in Puglia, continua a essere radicato con forza e domina quasi tutte le province senza incontrare veri ostacoli.
Il feudo — chiamiamolo così — del “sistema Emiliano” non conosce scossoni. La città metropolitana di Bari, insieme a Barletta-Andria-Trani, resta un serbatoio fedele di consensi per la sinistra pugliese, in particolare per il Partito Democratico, che qui continua a muoversi con agio. L’unica eccezione, ancora una volta, è il Salento. Conferma infatti un trend che appare più culturale che politico: una costante controtendenza al “Bari-centro” regionale.
Non a caso, il candidato del centrodestra, Luigi Lobuono, ha toccato nella provincia di Lecce la sua percentuale più alta, dando voce alle aspettative di chi vorrebbe un modello alternativo al “sistema Emiliano”. Lo stesso sentimento che, in passato, spianò la strada a Raffaele Fitto, salentino, accolto con favore nelle province di Lecce e Brindisi.
Tutto, dunque, sembra consolidarsi e rimanere immobile. E in questo immobilismo più che regolare, c’è un protagonista silenzioso che cresce di elezione in elezione, fino a classificarsi come scelta dominante: l’astensionismo. È lui il vero protagonista della terza Repubblica, l’atto di partecipazione politica più praticato dagli italiani.
I pochi decidono per tutti
Antonio Decaro porta a casa 919.665 voti, pari al 63,97%, contro i 505.055 raccolti da Luigi Lobuono. Una vittoria netta, almeno sulla carta. Ma il vero trionfatore è un altro: il partito del “non voto”.
I dati di ieri, infatti, confermano un trend ormai inarrestabile: la partecipazione crolla ovunque, in Campania, in Puglia, in Veneto, e la media complessiva scende al 43,6%, contro il 57,6% delle precedenti regionali. La Puglia, fra tutte, tocca il punto più basso: oltre il 58% degli aventi diritto ha scelto di non entrare in cabina elettorale.
In conclusione
Se non si vuole consegnare la democrazia nelle mani di una minoranza sempre più ridotta, la sfida politica dei prossimi anni sarà quella di riportare i delusi alla partecipazione, riaccendere il desiderio di contare, convincere le cittadine e i cittadini che il voto resta l’unico strumento concreto per cambiare il destino della propria terra.
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