I veneti hanno scelto la continuità: il centro destra vince le elezioni, grazie alla volata di Zaia, conquistando il 64,42%, doppiando il centro sinistra di Manildo, che rimane sotto la soglia del 30%. Alberto Stefani non solo è il nuovo Presidente del Veneto, è il più giovane Presidente di Regione, in Italia. Il suo primo pensiero è stato dedicato a una persona a lui cara, la nonna, dedicandole questa vittoria.
Le prime battute di Stefani parlano di concreto. Vuole essere il Sindaco dei Veneti, istituendo un assessorato al sociale, concentrarsi sulle rsa. Sostiene di avere un piano preciso per riportare a votare i giovani, levando così l’onta dell’affluenza più bassa nella storia del Veneto. Infatti, il secondo dato certo di queste elezioni regionali è il crollo dei votanti: urne disertate da oltre un veneto su due.
Gli altri candidati
La vera sorpresa, invece, è stata Riccardo Szumski, con il suo partito Resistere Veneto, attestando il 5%. Non raggiungono le percentuali che consentono almeno un seggio: Fabio Bui con Popolari per il Veneto che raggiunge il 0,51%; così come Marco Rizzo per Democrazia Sovrana Popolare attestando il 1,09% circa.
Il centro destra: la riconferma leghista
L’onda lunga dell’effetto Zaia ha alzato il mare elettorale del Veneto portando Alberto Stefani, 33 anni compiuti otto giorni fa, a stravincere – come da pronostico – le elezioni in Veneto.
Non era scontato il risultato a valanga della Lega, che ha praticamente doppiato Fratelli d’Italia sovvertendo le attese di un derby all’ultima scheda nelle urne.
Fino a ieri giravano voci su un possibile, storico, sorpasso del partito Fratelli d’Italia, nei confronti della Lega, invece, la chiamata alle armi leghista ha vinto: chiusi i ranghi, militanti allineati. Già poco prima delle 18:00, con un 10% di sezioni scrutinate, l’illusione meloniana si è spenta.
Luca De Carlo, segretario regionale di Fratelli d’Italia, riconosce il risultato di Luca Zaia, sottolineando, però, come il partito romano abbia raddoppiato i seggi in consiglio, rispetto alle elezioni regionali del 2020, attestando il 18,6% dei voti.
Forza Italia in Veneto
Flavio Tosi, per Forza Italia, afferma come il partito sia in crescita, dal 3% del 2020, al 6,3% cinque anni dopo. Ben consapevole, anche Tosi, che il valore dell’ex Presidente Zaia ha portato la riconferma leghista alla soglia del 40% dei voti.
Forza Italia entrerà con un peso diverso rispetto alla legislatura precedente, guadagnandosi, con tutta probabilità, un posto in Giunta. È chiaro come gli equilibri di maggioranza saranno diversi rispetto all’era zaiana: non ci sarà l’egemonia di un unico partito, ma la necessità di dialogo costante con i colleghi di coalizione.
Non è mancato, infine, il commento del Patriarca della Lega in Veneto: Gian Paolo Gobbo, il quale ha evidenziato come il risultato sia stato possibile grazie ai buoni amministratori candidati, che hanno valorizzato gli ideali leghisti, l’idea di identità e territorio, riconfermando con il 36% il partito del leone alato.
Manildo: il campolargo chiave vincente, ma non sufficiente
L’avvocato trevigiano che nel 2013 aveva tolto il fortino leghista nella Treviso del compianto Gentilini oggi non è riuscito a strappare il Veneto alla Destra.
Il candidato presidente del campo largo del centro sinistra ha seguito lo spoglio nella sala riunioni “Antonio Gramsci”, della sede regionale del Partito Democratico. Da alpino ha paragonato il progetto del campo largo come una scalata, infatti, felice del risultato raggiunto ha esordito con “abbiamo piantato un chiodo a metà parete”.
Sottolinea come la sua coalizione sia riuscita a doppiare la presenza numerica del 15% rispetto a cinque anni fa. Ha definito il campo largo come un’alternativa credibile, avendo proposto idee, visione e futuro. Infine, spende considerazioni positive per il Partito Democratico che si conferma il terzo partito a livello di consensi, con il 16,60%.
Andrea Martella, segretario regionale del PD, tra i principali artefici della candidatura di Manildo, commenta che è certamente una sconfitta, ma una dolce sconfitta.
Osserva, il segretario dem, come la scelta del campo largo e la figura di Manildo abbiano tracciato la giusta direzione. Il vento è cambiato, il centro sinistra unito, con ampio schieramento di forze politiche e civiche ha ottenuto un buon risultato. Infatti, Avs ha ottenuto il 4%, in calo del Movimento 5 stelle, che conquista solo il 2%, poco più della civica “Uniti per Manildo”, che riassumeva voci di Azione e Italia Viva.
Dopo le congratulazioni a Stefani, Manildo vuole già un confronto con lo stesso, per poter improntare un dialogo su temi importanti, senza badare alle logiche di potere, ma guardando agli interessi dei veneti in modo propositivo.
Szumski: la vera sorpresa
“Manterrò le promesse fatte”, così l’ex Sindaco di Santa Lucia di Piave ha esordito alle prime domande giornalistiche. Nato in Argentina, di origini polacche, per candidarsi ha raccolto 30mila firme.
Radiato dall’Ordine professionale – si definisce “free vax” e piace ai “no vax” – esercita ancora perché ha fatto ricorso e al momento attende la discussione del provvedimento.
È lui la vera sorpresa di queste elezioni regionali in Veneto: il sindaco-medico trevigiano Riccardo Szumski è riuscito a ottenere un risultato difficilmente immaginabile: ha raggiunto un numero di preferenze che non può non colpire, superando il 5%.
I commenti a caldo di Fabio Bui e Marco Rizzo
Fabio Bui si augurava di superare l’1%, ma la corsa si arresta a metà. Nonostante ciò, ha dichiarato che è stato solo l’inizio di un percorso: candidarsi alla presidenza del consiglio regionale è stato uno step per misurarsi, con una lista “fatta in casa”.
Marco Rizzo con il fronte Democrazia Sovrana e Popolare fiero del suo 1,1%, sottolinea che i voti presi sono quasi tutti suoi consensi personali. Osserva, poi, come non avesse candidati forti, né chiaramente disponeva della potenza di fuoco di altri partiti.
Nonostante ciò, Rizzo ribadisce come abbia messo in campo 170 iniziative elettorali, alle quali hanno partecipato sempre più persone. Orgoglioso, quindi, dei piccoli passi fatti.
Tanto Bui, quanto Rizzo hanno speso considerazioni critiche verso il vero nemico di queste elezioni: l’astensionismo.
L’astensionismo: il sesto candidato
Rispetto al 2020, circa il 17% di elettori non si è recato alle urne. Da destra a sinistra sono tutti preoccupati per non aver catturato un così ampio bacino di votanti. È stato un segnale importante, quanto preoccupante, in termini di captazione di voto.
Tutti i candidati Presidenti, così come i referenti regionali di partito sono dell’opinione che sia necessaria una riorganizzazione della politica, del modo di far politica, per avvicinare gli elettori e non allontanarli, evitando un ennesimo tracollo fra cinque anni.
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