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    Emergenza suicidi nelle università

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    Negli ultimi anni, i casi di suicidio tra gli studenti universitari sono aumentati in modo preoccupante, con circa 700.000 studenti fuori corso in Italia che affrontano forti pressioni accademiche ed economiche. A ciò si aggiungono ansie derivanti da una narrazione distorta del successo e dall’esaltazione di modelli irrealistici.

    Le università, spesso carenti nei servizi di supporto psicologico, devono intervenire per ridurre il carico di stress, migliorare il benessere degli studenti e promuovere una cultura di empatia e inclusione per prevenire ulteriori tragedie.

    Un fallimento per la società

    Quello che dovrebbe essere un luogo di crescita e realizzazione personale, si trasforma per alcuni studenti in un contesto di oppressione e ansia. Per comprendere meglio la gravità del fenomeno e affrontarlo efficacemente, è necessario analizzare i dati, esplorare le cause profonde e proporre soluzioni adeguate.

    Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il suicidio rappresenta la seconda causa di morte tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni. Questa tendenza preoccupa particolarmente nelle università, dove molti studenti si trovano ad affrontare un crescente carico emotivo e accademico. In Italia, l’Unione degli Universitari (UDU) ha condotto un’indagine nel 2021, rivelando che il 70% degli studenti universitari si sente stressato durante il proprio percorso di studi. Il fatto allarmante è che, quasi uno su tre, soffre di disturbi d’ansia o depressione; condizioni che, se non trattate, possono sfociare in comportamenti suicidi e autolesionisti.

    Una delle problematiche più evidenti riguarda la sempre maggiore pressione accademica. Molti studenti si trovano a vivere una corsa contro il tempo per rispettare le scadenze, superare gli esami e concludere il percorso di studi nei tempi previsti. Tuttavia, una larga percentuale non riesce a laurearsi nei tempi stabiliti: attualmente, in Italia, si stima che siano circa 700.000 gli studenti fuori corso. Essere fuori corso comporta un ulteriore aggravio di costi, che si aggiunge al peso emotivo di non riuscire a tenere il passo con gli standard imposti dal sistema universitario. In aggiunta, le tasse universitarie per i fuori corso sono più alte rispetto a quelle per gli studenti in corso, contribuendo ad alimentare ansie e preoccupazioni legate al futuro lavorativo e alla precarietà economica.

    La narrazione dei media e la mancanza di adeguati supporti

    Un altro fattore che contribuisce a questa situazione è la pressione sociale imposta sugli studenti. Molti giovani crescono con l’idea che il successo accademico sia l’unica strada per un futuro brillante, e che fallire nel raggiungere traguardi entro scadenze prefissate sia sinonimo di insuccesso. La cultura della performance esaltata dai media e dai social network, spesso caratterizzata dall’idealizzazione di modelli di perfezione irrealistici, aumenta la sensazione di inadeguatezza e frustrazione.

    Gli studenti si sentono continuamente giudicati e spinti a dimostrare il proprio valore, creando un ambiente psicologicamente insostenibile. La comparazione con coetanei che sembrano eccellere in modo facile e senza sforzi reali corrobora la percezione di essere inadeguati, spingendo molti giovani in un vortice di ansia e depressione.

    A tutto questo si aggiunge la mancanza di supporto adeguato per la salute mentale. Nonostante le università offrano servizi di consulenza psicologica, questi sono spesso insufficienti per rispondere alla crescente domanda. Una ricerca condotta dall’Associazione Nazionale dei Dirigenti e delle Alte Professionalità della Scuola (ANDISU) ha evidenziato come solo il 40% degli Atenei italiani fornisca servizi psicologici accessibili agli studenti, e molti di questi non dispongono delle risorse necessarie per rispondere a tutte le richieste. Molti giovani, quindi, non ricevono il supporto psicologico di cui avrebbero bisogno, e il tabù sociale che circonda la salute mentale spesso impedisce loro di chiedere aiuto.

    La paura di non trovare lavoro

    Oltre alla pressione accademica e alla narrazione distorta del successo, l’isolamento sociale gioca un ruolo significativo. Molti studenti, soprattutto quelli che studiano lontano da casa, si trovano a vivere lontani dai propri affetti e senza una rete di supporto emotivo. Il distacco da famiglia e amici, unito alla difficoltà nel costruire nuove relazioni significative in contesti accademici competitivi, può amplificare il senso di solitudine e il disagio psicologico.

    Un altro elemento di cui tenere conto è l’incertezza sul futuro. La precarietà lavorativa e le difficoltà economiche rendono il futuro un’incognita per molti studenti universitari. Secondo una ricerca di Almalaurea, il tasso di disoccupazione tra i laureati nei primi anni successivi alla laurea è significativamente elevato, generando ulteriori preoccupazioni per il futuro. L’ansia di non trovare un lavoro stabile e di non riuscire a ripagare i prestiti o le spese universitarie contribuisce a creare un circolo vizioso di stress e frustrazione.

    Le possibili soluzioni

    Per affrontare questo problema complesso, è necessario adottare soluzioni a più livelli. In primo luogo, le università dovrebbero rafforzare i servizi di supporto psicologico, garantendo un accesso tempestivo e capillare agli studenti che ne hanno bisogno. Una maggiore disponibilità di psicologi e consulenti all’interno degli Atenei può fare la differenza, intervenendo precocemente su situazioni di disagio.

    Oltre a questo, è cruciale promuovere una cultura dell’empatia e del sostegno reciproco. Le università dovrebbero incentivare la creazione di reti sociali tra gli studenti, facilitando l’interazione attraverso eventi, gruppi di studio o attività extracurriculari. Questo contribuirebbe a ridurre l’isolamento sociale e a costruire un senso di comunità che può fungere da rete di supporto informale.

    Un altro aspetto su cui intervenire è la riduzione della pressione accademica. Gli Atenei dovrebbero considerare la possibilità di rivedere i metodi di valutazione, introducendo maggiore flessibilità e permettendo agli studenti di affrontare i propri studi in modo più sereno. Offrire la possibilità di dilazionare gli esami senza penalizzazioni, fornire supporto personalizzato per i fuori corso e ridurre le tasse universitarie per questi ultimi sono misure che potrebbero alleviare parte delle ansie.

    Il fenomeno dei suicidi nelle università rappresenta una sfida complessa che richiede un approccio integrato, capace di coinvolgere sia le istituzioni accademiche, che la società nel suo insieme. Le pressioni accademiche, il crescente numero di studenti fuori corso, la narrazione distorta del successo e la mancanza di supporto psicologico adeguato sono tutti fattori che contribuiscono al disagio psicologico degli studenti. Affrontare queste problematiche attraverso soluzioni concrete può non solo prevenire il suicidio, ma anche creare un ambiente accademico più sano e inclusivo. Lo stesso, dunque, in cui gli studenti possono crescere senza essere schiacciati dal peso delle aspettative e dell’isolamento.

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