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    Il quarto stato: la marcia verso la libertà

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    Il quarto stato: la marcia verso la libertà

    Sento che ora non è più l’epoca di fare dell’arte per l’arte, ma dell’arte per l’umanità”: questa è una frase che venne pronunciata da Giuseppe Pellizza da Volpedo, detto Pellizza da Volpedo, uno dei pittori divisionisti più conosciuti, che ha incantato decine di generazioni con il suo quadro dal nome “il quarto stato”.  

    Questo quadro appunto, considerato uno dei capolavori della seconda metà del Novecento e conservato al Museo del Novecento a Milano e datato 1901, rappresenta una folla di lavoratori e lavoratrici che sta avanzando dall’ombra, alla conquista dei diritti sociali. L’intento inziale del pittore di fatto, rimasto impressionato dagli scritti di Engels e di Marx, era di testimoniare i cambiamenti politici e sociali che stavano avvenendo in quel periodo storico

    Perché il quadro venne intitolatoquarto stato”? 

    Il nome che l’autore diede al quadro risale ad un termine utilizzato durante la Rivoluzione francese, dove con quarto stato si intende la classe sociale più povera, composta per lo più da operai, contadini e artigiani, che quindi si contrapponevano al terzo stato, comporto dalla borghesia.  

    Il quadro di fatto è molto significativo, poiché rappresenta una folla di lavoratori e lavoratrici, che, avanzando verso la luce del cosiddetto avvenire”, cerca di rivendicare delle conquiste a livello politico e sociale.

    Pellizza da Volpedo così, rappresentando lavoratori e lavoratrici in protesta proprio a Volpedo, dove viveva l’artista, ha voluto testimoniare la speranza rivoluzionaria del cambiamento, dove i soggetti in questione fuggivano dall’oscurità dell’ignoranza, rappresentata da uno sfondo cupo, ad un avvenire che sia più luminoso, di fatto vi è una luminosità in primo piano che irradia tutto il quadro.  

    In primo piano quindi spiccano tre figure fondamentali, che di fatto rappresentano i tre soggetti caratteristici del quarto stato di allora, ossia:  

    • A sinistra vi è un uomo anziano.  
    • Al centro, un giovane, dallo sguardo molto fiero e dall’andatura sicura.  
    • A destra una donna, che cammina durante lo sciopero a piedi scalzi, con in braccio il proprio bambino che è nudo, con un riferimento simbolico a quella che è la maternità cristiana. La donna in questione, con la mano aperta, intende rappresentare l’intento di distogliere l’uomo al centro di continuare la protesta.  

    La storia del quadro 

    Pellizza da Volpedo dedicò quasi 10 dieci alla realizzazione del quadro, indebitandosi e di fatto facendo difficoltà ad arrivare a fine mese, con i suoi genitori che gli mandavano il cibo da Volpedo. Il quadro, dopo la sua pubblicazione, non fece molto successo e questo indusse l’artista a distogliersi dai temi sociali e dedicarsi nuovamente alla pittura paesaggistica. Egli però, non avrebbe mai pensato che questo quadro sarebbe diventato dalla seconda metà del Novecento, il ritratto di un’epoca di lotte politiche e civili.  

    Il quadro fu realizzato dopo un evento che scosse il nostro Paese, ossia la strage ordinata da Bava Beccaris avvenuta dal 6 al 9 maggio 1898, dove il generale peringraziarsiil Governo, decise di aprire il fuoco contro un corteo di operai e operaie che si dirigevo verso la Pirelli: l’accaduto fece talmente scalpore, che Gabriele d’Annunzio, consolidato ormai tra le file della destra passò alla sinistra, facendo cadere il governo.  

    In quell’occasione persero la vita 81 persone, e altrettante rimasero ferite, per una strage di stato che tra l’altro non venne autorizzata.  

    Pellizza da Volpedo morirà suicida nel 1907, dopo la perdita dell’amata moglie Teresa per parto e le complicazioni con la sua opera artistica: autore eclettico e visionario, riuscì a rappresentare a raffigurare un’epoca di lotte sindacali nel nostro paese tra ‘800 e ‘900.  

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