È oggi nostro ospite l’On. Matteo Richetti, attualmente capogruppo alla Camera per Azione. In vista delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno, abbiamo cercato di approfondire prospettive e contenuti dell’Onorevole e del suo partito. Dalle tensioni con le altre forze liberali, passando per alcuni punti del programma di Azione, fino ad arrivare al nome (forse scontato) che farebbe piacere vedere in successione a Ursula Von Der Leyen.
A pochi giorni dalle elezioni europee, i sondaggi – per quanto inattendibili – descrivono un testa a testa tra Azione e la lista Stati Uniti d’Europa. Facendo improbabili somme, il ‘terzo polo allargato’ sembra accostarsi tra l’8 e il 10%, in linea con le scorse politiche: è un motivo sufficiente per riaprire il dialogo con le altre forze liberali al termine di questa tornata?
Rispondo con totale sincerità: non se ne può più di questa storia. E non mi interessa nemmeno entrare nel campo delle responsabilità. Io ero capogruppo del terzo polo, una mattina 9 deputati hanno comunicato la costituzione di un altro gruppo. Veda lei chi ha deciso cosa. E francamente penso che i liberal-democratici italiani abbiano bisogno di un progetto politico, non di una lista di scopo.
In particolare, le maggiori difficoltà sembrano attualmente interessare il rapporto con Italia Viva di Renzi. Nel suo libro del 2015, ‘Harambee!’, affermava convintamente che “per fare politica ci vuole passione”: crede che Matteo Renzi l’abbia persa? A cosa imputa l’inaffidabilità di un uomo con cui, a più riprese e in differenti situazioni, ha tentato di costruire qualcosa di importante?
Non do nessuno giudizio di Matteo Renzi. Sul piano politico ha fatto scelte che non condivido, da imprenditore si sta muovendo con grande successo, visto il fatturato di questi anni.
Altre forze politiche a parte, è bene ora entrare nel merito del programma, denominato “La politica sul serio”. Nello specifico, sin da subito si afferma la necessità di una difesa europea comune: per quali ragioni?
Una difesa comune europea è il primo passo verso un’Unione più integrata e un fattore di deterrenza per evitare attacchi da parte di stati ostili. Questo scenario non è lontano dalla realtà e lo abbiamo visto con l’aggressione russa all’Ucraina, anche se Putin sa bene che non ha la forza per schierarsi contro la NATO. Poi: per il 2024 i singoli Paesi europei investiranno in difesa tre volte il budget della Russia, ma in modo del tutto inefficiente. Centralizzare la spesa per la difesa ci farebbe risparmiare invece circa 20 miliardi di euro l’anno.
Spostandosi sulle competenze dei vari Organi, Azione, tra le varie proposte, ha inserito il passaggio della gestione di situazioni emergenziali dal Consiglio alla Commissione. Quali vantaggi ne deriverebbero?
Le emergenze richiedono per loro natura interventi tempestivi e il Consiglio non è l’organo adatto a gestirle, essendo composto da rappresentanti dei singoli governi, che spesso sono più attenti ai propri interessi che a quelli dell’Unione. In alcuni casi, poi, perché il Consiglio possa intervenire è necessaria l’unanimità. Invece la Commissione, in quanto organo di governo dell’UE, ha uno sguardo d’insieme che le permette di pesare più correttamente gli interessi in gioco e di intervenire in maniera più rapida ed efficace. In Italia è normale in situazioni emergenziali sia il governo ad intervenire: perché non dovrebbe essere così anche in Europa?
Pur condividendo gli obiettivi del Green Deal, le misure di Bruxelles sembrano apparire in casa Azione come eccessivamente ideologiche: è necessario un approccio maggiormente realistico rispetto a quello adottato per la stesura del Fit for 55?
Noi siamo a favore dell’obiettivo di azzerare le emissioni nette entro il 2050, ma dobbiamo capire in che modo farlo senza distruggere il settore produttivo e appesantire i bilanci delle famiglie. Due esempi del nostro approccio molto pratico: se parliamo di case green, siamo contrari all’obbligo di ristrutturare gli edifici a costi maggiori del risparmio in bolletta; sulle auto green, ad oggi ci sono 475mila colonnine di ricarica ed entro il 2030 ne serviranno 7 milioni, cioè 15 volte tanto. Pretendere di far comprare un’auto elettrica senza avere le colonnine di ricarica è un’idea folle e ideologica.
Altro punto ritenuto fondamentale è quello dell’immigrazione, fenomeno per cui il suo partito richiede una nuova operazione ‘Sophia’ e, più in generale, la ricaduta dello stesso tra le competenze europee. Cosa manca per il raggiungimento di questa nuova dimensione e perché è secondo lei così importante arrivarvi quanto prima possibile?
Guardiamo i fatti: il vecchio continente sta diventando sempre più vecchio e l’Africa sta esplodendo dal punto di vista demografico, colpita da una costante instabilità politica e dai danni dei cambiamenti climatici. Possiamo far finta che non ci sia un problema o lasciare la questione agli slogan della destra che straparla di “sostituzione etnica”. Intanto, dal 2015 sono arrivate in Europa più di 3,9 milioni di persone e nel Mediterraneo ne sono morte più di 29mila. Sono numeri inaccettabili, che non possono di certo essere risolti da un solo stato: l’immigrazione va portata al livello di competenza europea,tenendo insieme solidarietà, integrazione e rispetto dei confini esterni dell’Unione.
Infine, un nome valido per la Presidenza della Commissione Europea?
Vedo girare a più riprese l’ipotesi Draghi: sarebbe un grande regalo per l’Europa e per il nostro futuro.