È oggi nostra ospite l’On. Teresa Bellanova, candidata al Parlamento Europeo nella Circoscrizione Sud per la lista Stati Uniti d’Europa. Viceministra dello sviluppo economico prima, delle infrastrutture e dei trasporti poi (rispettivamente nei governi Renzi e Draghi), è stata Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali nel Conte I. Lavoro, giovani ed Europa, in un’intervista alla scoperta dei punti della candidata e del suo partito.
Siamo giunti alla fine di questa campagna elettorale. Crede che la politica, nel suo complesso, abbia fatto il possibile per trasmettere l’importanza del voto europeo?
Guardi, io ho lavorato molto sui contenuti. Ho incontrato aziende, persone, sono andata nelle case delle persone. Sto continuando a girare nel tessuto produttivo per esprimere che cosa effettivamente abbiamo intenzione di fare in Europa. Devo dire, però, che quella che si sta per concludere è stata una brutta campagna elettorale: purtroppo c’è stato un confronto tra leader – o supposti tali – che hanno puntato a raccogliere il consenso, piuttosto che a fare conoscere i rispettivi programmi. E questo, sicuramente, non incentiva le persone ad andare al voto.
Tra i vari punti del vostro programma, ampio spazio è dedicato al lavoro. A questo proposito, intendete soprattutto promuovere l’imprenditoria giovanile. Esistono delle barriere, degli stereotipi, ancora presenti in questo senso e che vanno assolutamente estirpati?
Il maggiore pregiudizio rispetto alle nuove generazioni è quello tale per cui “i giovani non hanno voglia di fare niente”. Esiste, invece, una nuova cultura del lavoro, che dai giovani stessi viene vissuto come una parte importante – ma non totalizzante – della propria esistenza. I giovani vogliono fare il lavoro per il quale si formano; credo che questo sia un diritto che la politica deve poter garantire loro. E’ importante dire quale tipo di Paese vuoi, che tipo di Europa vuoi, qual è il modello di sviluppo verso il quale destinare la maggior parte delle risorse. Se si sostiene la ricerca e quindi l’innovazione, si può ottenere un orientamento anche più puntale verso il percorso formativo dei giovani. E, successivamente, si può dare loro l’opportunità di entrare nel mondo del lavoro con le competenze per le quali si sono formati.
Nel documento programmatico della lista Stati Uniti d’Europa – di cui fa parte anche Italia Viva – è presente una citazione di Luigi Einaudi che, in sostanza, riassume la vostra visione e recita così: “gli Stati esistenti sono polvere senza sostanza”. Crede che questo messaggio così profondo possa giungere con eguale vigore a generazioni distinte per ragioni culturali e sociali?
Penso di sì, ovviamente lavorando non tanto sulle preferenze personali, bensì cercando di trasmettere l’ambizione sottesa al progetto che noi presentiamo. Soltanto in questo modo si riesce a coinvolgere, e soprattutto ad ottenere un confronto ampio, aperto a tutte le generazioni. L’alternativa a Stati Uniti d’Europa è data da chi dice “meno Europa”, vale a dire l’Europa dei piccoli Stati, l’Europa ininfluente, l’Europa delle carte. L’Europa che, invece di sostenere il modello di sviluppo, sostiene una competizione sleale anche al suo interno. Noi invece parliamo di difesa comune, di un fisco che deve porsi come riforma comune a tutti i Paesi europei. Parliamo, insomma, di un piano industriale europeo, dunque della possibilità per i giovani di accedere a finanziamenti che consentono poi loro l’avvio di attività produttive, di startup, di spinoff. C’è bisogno di dare un volto nuovo, più inclusivo al nostro continente.
Per le elezioni europee è stata introdotta per la prima volta l’opzione del voto a distanza, esclusivamente per gli studenti fuorisede. Esclusi quindi tutti i lavoratori, a meno di un rientro a proprie spese nel luogo di residenza. Una soluzione definitiva e completa tarderà ancora ad arrivare?
Quest’anno il Governo ha perso un’occasione importante: ha dimostrato lontananza dai cittadini; è infatti emersa la mancanza di attenzione ad incentivare la partecipazione al voto. Il voto a distanza, se è possibile per gli studenti fuorisede – com’è giusto che sia, e noi stessi l’abbiamo sollecitato – allora è altrettanto possibile nel caso dei lavoratori, di tutte quelle persone che sono fuorisede. Questo sicuramente motiverebbe la partecipazione alle urne; è un tema fondamentale. Purtroppo, a causa soprattutto di una classe politica che sottovaluta l’Europa e che quando deve rispondere delle proprie incapacità scarica sull’Europa stessa le rispettive responsabilità, le persone si allontanano sempre più dal voto. Noi abbiamo il dovere di incentivarlo: meno persone partecipano al voto, più fragile è la democrazia. Più persone aderiscono, più si possono rafforzare i contenuti sui quali noi costruiamo la nuova Unione Europea.
Tra i punti portati avanti dall’attuale Governo, c’è quello riguardante l’autonomia differenziata. Progetto che lei stessa ha recentemente toccato per commentare la candidatura europea. In questo senso, esistono dei rischi che si corrono dal suo punto di vista?
Assolutamente sì: l’Europa ha dato molte risorse con il RecoveryFound e il PNRR, parliamo di 219 miliardi di euro destinati agli investimenti. Queste risorse arrivano nel nostro Paese per ricucire il divario tra Nord e Sud, anzitutto a livello occupazionale, che vede molte donne tutt’oggi fuori dal mondo del lavoro, pur avendo conseguito una laurea con voti molto alti. L’Europa, con questi fondi, ci da l’opportunità per recuperare questo divario ma l’Italia va in direzione esattamente opposta: anziché ridurre il divario stesso, il nostro Governo presenta il piano per l’autonomia differenziata a parità di risorse. Che, tradotto, significa: chi ha continua ad avere, chi non ha continua a non avere. Noi, invece, abbiamo bisogno di agire per contrastare questo progetto da irresponsabili; abbiamo bisogno di maggiori investimenti nel Mezzogiorno perché se riparte quest’ultimo, riparte l’Italia. C’è necessità di intervenire sulla sanità per sanare quel disastro che oggi sussiste tale per cui, ad esempio, non si riesce a fare in tempi ragionevoli uno screening oncologico. Parimenti, serve intervenire sul differenziale riguardante le presenze delle classi a tempo pieno, che nel Mezzogiorno è letteralmente uno sconosciuto; questo significa privare le nuove generazioni di strumenti e di formazione. Servono poi maggiori servizi sociali, a partire dagli asili nido. Il Governo d’altro canto, già con il PNRR, ha tagliato oltre 100.000 posti di lavoro previsti dal progetto presentato dal Governo Draghi.
In conclusione, tre motivazioni per cui un giovane dovrebbe esprimere la propria preferenza per la vostra lista?
Anzitutto, Stati Uniti d’Europa è già un programma: rappresenta l’Europa che si allarga, che recupera i divari e che include. In secondo luogo, noi presentiamo un modello di Europa che punta allo sviluppo produttivo e che ha a cuore la crisi climatica e, parimenti, la sostenibilità economica e sociale del sistema stesso. Infine, noi abbiamo in mente una politica agricola comunitaria, che è da riscrivere. Il che significa produrre buon cibo, cibo di qualità e a prezzi accessibili a tutti i consumatori. Attraverso le norme della buona coltivazione e il sostegno all’agricoltura, noi interveniamo anche nel rispetto dell’ambiente, nella cura del territorio, nel dare riscontro a quella grande sensibilità che c’è tra i ragazzi e le ragazze e che riguarda, appunto, la crisi climatica e il rispetto ambientale.