L’ormai nota crisi che attraversa il Medio Oriente sembra essere arrivata ad uno snodo critico. Mentre piovono missili su Tel Aviv e in tutto il territorio israeliano, con sirene d’allarme nelle zone calde della capitale e di Gerusalemme, nonché su Tehran e sui siti strategici iraniani, dall’altra parte del mondo, negli Stati Uniti, il presidente Trump chiede la resa incondizionata del regime di Khamenei.
La posizione del presidente Trump
Le dichiarazioni del POTUS sono state molto chiare e dirette: si parla di bomba nucleare a poche settimane, nonostante ciò il Wall Street Journal riferisce che non è stato ancora dato il via libera definitivo per l’inizio dell’azione militare. I messaggi lanciati da Trump sono talvolta contraddittori: “potrei bombardare, potrei non farlo”; ovviamente questo confonde gli alleati, con Tel Aviv che spera nel pieno sostegno e appoggio statunitense.
Il presidente ha poi aggiunto di non aver ancora deciso se far cadere il regime o meno, convocando però nel frattempo la Situation Room e lasciando la prima mossa al leader Benjamin Netanyahu.
L’offensiva israeliana e l’incognita Fordow
L’operazione militare israeliana, denominata “Leone che sorge”, è partita nella notte tra giovedì 12 e venerdì 13 giugno. Netanyahu ha proclamato di controllare i cieli iraniani e di colpire il programma nucleare e le basi militari. L’operazione è basata sull’ipotesi di un appoggio americano: il governo degli Stati Uniti, infatti, è in possesso delle bombe bunker-buster, in assenza delle quali Israele non può distruggere il centro nucleare di Fordow, il cuore sotterraneo nascosto del programma atomico iraniano, che secondo il leader israeliano va avanti da anni. Contrariamente, il direttore dell’AIEA, Rafael Grossi, ha affermato che non vi sia una prova materiale di attività volte a costruire un’arma nucleare da parte dell’Iran.
Missili su Israele, minacce da Teheran e rischio Hezbollah
Israele continua a essere bersaglio di missili iraniani: questi, sorvolando i cieli israeliani, hanno attivato le sirene a Tel Aviv, Gerusalemme e nel centro del Paese. L’IDF ha alzato l’allerta, mentre i Pasdaran rivendicano il lancio di missili ipersonici e minacciano: se gli USA interverranno, Hezbollah colpirà le basi americane nella regione. La Guida Suprema Khamenei, in un messaggio televisivo, ha rilanciato: “Non ci arrenderemo mai, il soccorso americano sarà pagato caro”.
Intanto, da Gaza al Libano fino alla Cisgiordania, lo scontro si estende: l’esercito israeliano ha ridistribuito le truppe per fronteggiare l’apertura di nuovi fronti, mentre oltre 55.000 palestinesi risultano già uccisi nei raid di questi mesi.
Pressioni interne su Trump, propaganda e diplomazia parallela
Le pressioni su Trump non arrivano solo da Netanyahu, ma anche da tutta la scena politica israeliana, opposizione compresa. Yair Lapid preme sul presidente: “Trump deve unirsi a noi”, mentre l’esercito israeliano diffonde video sui social in cui dice di combattere per tutti i cittadini.
In America non c’è un’unica linea di pensiero: Steve Bannon, ex stratega trumpiano, è ampiamente contrario al coinvolgimento militare, sostenendo che “Israele ha iniziato, Israele deve finire”. In Iran, nel frattempo, i media di stato sono stati vittima di un attacco hacker e sono apparsi messaggi che incitano alla rivolta. Da Teheran si nega il voler tornare ai negoziati sul nucleare.
Il mondo si prepara al peggio: ambasciate chiuse e negoziati a Ginevra
Il conflitto ha ormai assunto un profilo globale. A Ginevra i ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito incontreranno il rappresentante iraniano Abbas Araghchi, sotto la guida dell’Alta rappresentante europea Kaja Kallas.
In parallelo, le ambasciate occidentali stanno evacuando il personale e gli americani chiudono le proprie sedi a Gerusalemme e Tel Aviv. L’aeroporto Ben Gurion è ancora bloccato, mentre quasi 100.000 israeliani sono bloccati all’estero. La situazione evolve di ora in ora, ma tra propaganda militare e tentativi diplomatici, il mondo è scosso da un unico interrogativo: Trump attaccherà davvero o siamo di fronte ad una gigantesca partita di bluff nucleare?
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