Valigie di contanti, arresti e un’inchiesta che continua a scuotere il cuore delle istituzioni europee. A tre anni dall’esplosione del Qatargate, lo scandalo che nel dicembre 2022 ha travolto il Parlamento europeo con l’ombra della corruzione straniera, la vicenda è tutt’altro che chiusa.
Mentre la procura belga ha parlato e parla di una possibile “Italian Connection” e stringe il cerchio attorno alla rete costruita dall’ex eurodeputato Antonio Panzeri, l’Eurocamera torna al centro della tempesta: oggi, 16 dicembre, l’Aula ha revocato l’immunità ad Alessandra Moretti, consentendo ai magistrati di procedere, ma ha confermato lo scudo per Elisabetta Gualmini.
La revoca dell’immunità a Moretti ha inoltre messo in luce le tensioni politiche tra Bruxelles e Roma e le crepe nel “campo largo”: decisivi i voti del M5S a favore, mentre Forza Italia si è schierata contro. Una scelta che sorprende per la posizione del capo delegazione M5S Pasquale Tridico e che conferma come il Qatargate resti una ferita aperta per la credibilità dell’Unione europea.
Qatargate, lo scandalo europeo esploso nel dicembre 2022
Lo scandalo Qatargate è emerso alla fine del 2022 ed è conosciuto anche come Eurotangentopoli. Il 9 dicembre una serie di blitz della polizia, accompagnati dalle immagini di valigie colme di contanti – oltre 1,5 milioni di euro sequestrati – portò all’arresto di figure di primo piano: Antonio Panzeri, ritenuto l’architetto della presunta rete corruttiva, l’allora vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, l’eurodeputato dem Andrea Cozzolino e il socialista belga Marc Tarabella. Le Figaro lo definisce “la più grave vicenda politico-finanziaria che abbia mai coinvolto l’Assemblea di Strasburgo”.
Le accuse contestate vanno dalla corruzione al riciclaggio, fino all’associazione criminale per difendere gli interessi del Qatar. Anche il Marocco è finito sotto i riflettori degli inquirenti, sospettato di aver esercitato pressioni e favorito la corruzione di alcuni membri del Parlamento europeo per garantirsi il silenzio sulle violazioni dei diritti umani e rafforzare il sostegno alle proprie posizioni sulla questione del Sahara Occidentale. L’inchiesta, tuttavia, resta in una fase preliminare senza scadenze certe per eventuali rinvii a giudizio o archiviazioni.
L’ombra dell’“Italian Connection” al Parlamento europeo
I magistrati belgi parlano di una “Italian Connection” all’interno dello scandalo Qatargate. Un’espressione che circola ufficialmente da quando le autorità giudiziarie sono entrate negli edifici del Parlamento europeo per apporre i sigilli agli uffici di diversi collaboratori e assistenti parlamentari. Un lungo corridoio dell’area riservata al gruppo dei Socialisti e Democratici, ma non solo, si è trasformato in una sequenza di porte chiuse, stanze inaccessibili e uffici sotto sequestro.
In prima linea c’è Francesco Giorgi, consigliere dell’eurodeputato Andrea Cozzolino, inizialmente fermato e poi confermato agli arresti. Tra i primi a finire sotto sequestro però c’è l’ufficio di Federica Garbagnati, assistente dell’eurodeputata Alessandra Moretti. Quest’ultima, pur avendo effettuato un viaggio a Doha per incontrare il ministro del Lavoro del Qatar, ha sempre sostenuto di aver votato in linea con le indicazioni del suo gruppo politico. Garbagnati, però, in passato aveva collaborato con Antonio Panzeri, considerato il fulcro dell’intera inchiesta. Ed è proprio attorno alla figura dell’ex europarlamentare che ruota una fitta rete di relazioni e collaborazioni.
Il secondo ufficio sigillato fu quello di Giuseppe Meroni, anche lui ex assistente di Panzeri e oggi collaboratore di Lara Comi, eurodeputata di Forza Italia. Il terzo nome è quello di Donatella Rostagno, anche lei ex collaboratrice di Panzeri e oggi dell’eurodeputata belga di origine italiana Maria Arena. Rostagno è inoltre membro del board della Ong “Fight Impunity”, fondata da Panzeri e ora finita sotto la lente della procura belga.
Tra gli altri compare anche il nome di Davide Zoggia, ex deputato italiano, storico dirigente del PD, vicino a Pierluigi Bersani. Nei suoi confronti gli investigatori hanno disposto il sequestro del telefono cellulare.
Giudici, immunità e nuovi sviluppi
Il percorso giudiziario è stato segnato anche dall’uscita di scena di due giudici istruttori, tra cui Claise, autore dei mandati d’arresto, finito al centro delle polemiche per un presunto conflitto d’interessi legato al figlio. Ha lasciato l’inchiesta anche il procuratore Malagnini.
Il 4 marzo 2025, infine, la procura è tornata a chiedere al Parlamento europeo la revoca dell’immunità per le eurodeputate del Pd Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini votata poi in commissione giuridica dell’Eurocamera (JURI) il 3 dicembre 2025.
La revoca, oggi in aula, dell’immunità di Moretti
L’Aula del Parlamento europeo oggi, 16 dicembre 2025, ha confermato la decisione assunta lo scorso 3 dicembre dalla commissione giuridica, che aveva votato per la revoca dell’immunità parlamentare all’eurodeputata del Partito democratico Alessandra Moretti. La revoca dell’immunità è stata approvata a larga maggioranza: 497 i voti favorevoli, 139 i contrari e 15 gli astenuti.
La magistratura belga quindi potrà procedere nei confronti dell’eurodeputata. In un’intervista al Corriere della Sera, Moretti aveva dichiarato di essere “amareggiata per come sono andate le cose, ma anche molto serena perché so di non aver fatto nulla di male. Ho sempre agito in piena trasparenza svolgendo il mio lavoro con grande correttezza, determinazione e passione. Io non ho nulla da nascondere”.
Moretti aveva giudicato l’esito della commissione Juri “un voto politico: nei miei riguardi si è trattato di una resa dei conti fra gruppi parlamentari”. Concetto questo rimarcato anche durante un’ospitata TV da David Parenzo a L’Aria che Tira in cui aggiunge che fra le varie accuse vi sono diversi viaggi in Marocco “dove però non ho mai messo piede in vita mia. Mi è stato contestato che sarei andata ad assistere a una partita di calcio durante i Mondiali in Qatar, e anche questo ho smentito. Mi è stato contestato di aver fatto dichiarazioni in favore del Qatar, che poi sarebbe un mio diritto, ma ho prodotto in commissione un video dal quale emerge che non è vero. Contestazioni tutte smaccatamente false”.
Esito opposto, invece, per Elisabetta Gualmini respingendo la proposta di revoca dell’immunità con 382 voti a favore del rigetto, 254 contrari e 19 astenuti.
A difendere Moretti è intervenuto Nicola Zingaretti, capodelegazione del Pd al Parlamento europeo, che si è detto certo della sua estraneità ai fatti: “Sono convinto che Alessandra Moretti dimostrerà la propria correttezza e trasparenza”, aggiungendo che “dopo i chiarimenti forniti c’erano già tutte le condizioni per una maggiore tutela delle prerogative parlamentari”. Zingaretti ha infine sottolineato che la nuova fase dell’inchiesta consentirà di accertare la sua posizione e che, nel frattempo, l’eurodeputata continuerà regolarmente il proprio lavoro parlamentare.
Tensioni Roma- Bruxelles
Ciò che colpisce maggiormente nella vicenda è un elemento che intreccia il piano europeo con le dinamiche della politica nazionale e con il tema, sempre evocato, del cosiddetto “campo largo”. A pesare sulla posizione di Alessandra Moretti sono stati infatti i voti degli eurodeputati del Movimento 5 Stelle, che si sono espressi a favore della revoca dell’immunità, a differenza dei rappresentanti di Forza Italia, schieratisi in senso opposto.
Una scelta letta da più osservatori come una mossa politicamente accorta da parte del centrodestra, anche in vista dei prossimi passaggi parlamentari sulle richieste di revoca dell’immunità che riguardano Salvatore De Meo e Fulvio Martusciello, coinvolti nel caso Huawei.
Più sorprendente, invece, la posizione assunta dal capo della delegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, Pasquale Tridico, che ha sostenuto la revoca nonostante l’alleanza tra Pd e M5S sul piano nazionale. In questo quadro, l’unica voce fuori dal coro è stata quella di Ilaria Salis, che si è espressa contro la revoca dell’immunità parlamentare.
Il confronto evidenzia inoltre un diverso approccio rispetto a quanto avvenuto sul piano nazionale, dove la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non si è mai schierata contro Matteo Salvini nei procedimenti giudiziari che lo hanno coinvolto, dal caso Open Arms ad altre vicende processuali, rivendicando la tutela politica degli alleati di governo. Una linea che, a Bruxelles, appare meno compatta.
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