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    Riforma dell’ordinamento forense: avvio delle audizioni in Parlamento

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    È stato approvato il 4 settembre dal Consiglio dei ministri il disegno di legge delega per la riforma dell’ordinamento forense. Un passaggio che segna l’avvio di un profondo riassetto della professione legale, mentre in Parlamento risultano già abbinati e in discussione gli altri disegni di legge sullo stesso tema. 

    L’articolo ricostruisce i contenuti della delega varata il 4 settembre e il quadro complessivo delle proposte legislative in campo, mettendo a confronto le diverse ipotesi di intervento su accesso alla professione, sistema disciplinare e regole sull’esercizio dell’attività forense. Proprio in questa settimana, intanto, in Commissione Giustizia sono iniziate le audizioni con le principali associazioni forensi, chiamate a esprimere valutazioni e proposte. 

    IL DDL NORDIO 

    Il Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro della Giustizia Carlo Nordio, ha dato il via libera al disegno di legge delega per la riforma dell’ordinamento forense. Si tratta di un intervento complessivo che punta a rinnovare profondamente le regole della professione, toccando temi come il giuramento, il segreto professionale, le società tra avvocati, le reti multidisciplinari e le situazioni di incompatibilità.

    La delega affida al Governo il compito di emanare i decreti legislativi che tradurranno questi principi in norme concrete, ridefinendo l’accesso alla professione, l’organizzazione degli ordini e il sistema disciplinare, con l’obiettivo di rendere più chiaro, moderno e trasparente l’intero quadro normativo. 

    Il ddl Nordio, collegato alla riforma dell’ordinamento forense, introduce novità rilevanti sul percorso di accesso alla professione. Il tirocinio, che resta requisito fondamentale per l’iscrizione all’albo, viene strutturato e regolamentato, con l’obiettivo di garantire una formazione pratica più completa.

    L’esame di avvocato subisce modifiche importanti: è previsto lo svolgimento di due prove scritte, cui si affianca una prova pratica che combina la redazione dell’atto giudiziario con il parere motivato, a questo si aggiunge la scuola forense di 18 mesi, con la relativa prova finale, un insieme di requisiti che comporta un notevole aggravio in termini di tempo e impegno per i futuri avvocati, sollevando dubbi sulla sostenibilità e sulla reale accessibilità del percorso per chi si affaccia alla professione.

    LA PROPOSTA DEL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE

    In data 24 aprile 2025, il Consiglio Nazionale Forense ha trasmesso formalmente il testo della propria proposta di riforma della legge professionale, elaborato dal “tavolo tecnico” istituito a seguito della sessione ulteriore del XXXV Congresso Nazionale Forense, tenutasi a Roma nel dicembre 2023. Si tratta del primo invio ufficiale del documento, che raccoglie le indicazioni emerse dai lavori congressuali e dal confronto tecnico tra gli esperti del settore, con l’obiettivo di fornire al legislatore una base concreta per la riforma dell’ordinamento forense

    Tra i principi chiave della proposta, il CNF si è detto favorevole a una sola prova scritta per l’esame di avvocato, concentrata sulla redazione dell’atto giudiziario, ritenuta la modalità più efficace per valutare le competenze pratiche del candidato. Il CNF ha proposto un modello più vicino a quello attuale, che mira a rendere l’esame più accessibile, ma che si inserisce in un contesto di riforma in evoluzione. 

    I TESTI DEI DISEGNI DI LEGGE ABBINATI

    Accanto al disegno di legge delega, il Parlamento sta esaminando diversi disegni di legge abbinati, ciascuno focalizzato su specifici aspetti della riforma. Il ddl Pittalis propone una revisione organica dell’ordinamento, riproponendo per intero il testo elaborato dal Consiglio Nazionale Forense, non apportando di fatto alcuna modifica sostanziale. Il ddl D’Orso mira a disciplinare la collaborazione in regime di monocommittenza, regolamentando i rapporti tra avvocati collaboratori e studi o società professionali, pur suscitando perplessità sulla tutela dei praticanti. 

    Il ddl Dori si concentra su tirocinio, scuola forense ed esame di Stato, proponendo misure volte a rendere il percorso più sostenibile, come la riduzione della durata della scuola e la previsione di una sola prova scritta, l’atto giudiziario, in linea con la proposta avanzata dal Consiglio Nazionale Forense il 24 aprile 2025. 

    Il pacchetto complessivo di riforma – legge delega più ddl abbinati – si trova ora in Commissione Giustizia, con audizioni in corso presso le principali associazioni forensi. Tra le questioni più dibattute emergono la sostenibilità economica e pratica del percorso di formazione, la complessità dell’esame, la regolamentazione delle collaborazioni professionali e il bilanciamento tra rigore formativo e accessibilità alla professione

    L’obiettivo dichiarato della riforma è modernizzare e rendere più trasparente l’intero quadro normativo dell’avvocatura, ma le modalità operative e le scelte finali sui contenuti rimangono al centro di un acceso dibattito tra Governo, Parlamento e avvocatura.

    LE NOVITÀ DEL DDL DORI

    Il ddl Dori, presentato dall’On. Devis Dori il 29 settembre 2025, si inserisce nel più ampio pacchetto di riforma dell’ordinamento forense promosso dal Governo con la legge-delega. Il provvedimento concentra l’attenzione sull’accesso alla professione, mirando a rendere il percorso di formazione e inserimento nella professione più sostenibile per i giovani avvocati.

    Tra le novità principali, il ddl prevede una riduzione della durata della scuola forense, portandola da 18 a 12 mesi, e una maggiore flessibilità per l’avvio del tirocinio, consentendo agli studenti fuori corso di anticiparlo purchè abbiano completato gli esami previsti dal corso di studi

    Per quanto riguarda l’esame di avvocato, il ddl Dori propone una sola prova scritta, focalizzata sulla redazione dell’atto giudiziario, in continuità con le indicazioni già avanzate dal Consiglio Nazionale Forense. Questa scelta punta a concentrarsi sulla valutazione delle competenze pratiche del candidato, riducendo il peso e il numero delle prove richieste. 

    Il ddl Dori affronta anche le questioni economiche e sociali legate al percorso di accesso alla professione. Prevede strumenti per rendere più accessibile la scuola forense, con agevolazioni o gratuità per chi si trova in condizioni economiche disagiate, e si pone in contrasto con il modello più gravoso delineato dal ddl Nordio e da altre proposte legislative, che combinano tirocinio, scuola di 18 mesi e prove multiple, imponendo un notevole impegno in termini di tempo e risorse. 

    Quali novità comporta?

    In sostanza, il ddl Dori rappresenta un tentativo di bilanciare rigore formativo e sostenibilità, cercando di favorire un accesso alla professione più concreto e meno selettivo per motivi economici, senza però compromettere la qualità della preparazione pratica. Nel contesto della riforma complessiva, il provvedimento funge da complemento alla legge-delega, intervenendo sui dettagli operativi del percorso di formazione e esame, e raccogliendo le istanze delle nuove generazioni di avvocati. 

    LA POSIZIONE DELLE ASSOCIAZIONI FORENSI 

    Nella giornata di mercoledì 26 novembre, in Commissione Giustizia, sono state ascoltate le principali associazioni forensi, tra cui il Consiglio Nazionale Forense, AIGA, ANF e Movimento Forense, per discutere la riforma dell’ordinamento forense. Il CNF ha ribadito la necessità di modernizzare la professione, promuovendo forme di esercizio più strutturate come società, associazioni o reti multidisciplinari, per adattare l’avvocatura alle esigenze contemporanee e rafforzarne autonomia e indipendenza. 

    Allo stesso tempo, le associazioni rappresentative dei giovani avvocati hanno espresso forti perplessità sui riflessi pratici della riforma. In particolare, hanno sottolineato che l’accumulo di tirocinio, scuola forense ed esami, previsto attualmente rischia di rendere il percorso verso l’abilitazione troppo lungo e gravoso, penalizzando chi ha minori possibilità economiche, accogliendo le istanze fatte proprie dal ddl Dori. 

    È emersa inoltre la richiesta di maggiore chiarezza sulle modalità di accesso alla professione e sull’organizzazione delle prove d’esame, per garantire che il percorso formativo rimanga equo e sostenibile. 

    In sintesi, le associazioni ascoltate sostengono l’idea di una professione più moderna e organizzata, ma chiedono che la riforma contempli strumenti concreti per tutelare i praticanti e garantire un accesso effettivamente accessibile, evitando che le nuove regole diventino un ostacolo insormontabile per le nuove generazioni di avvocati.

    CONCLUSIONI

    In conclusione, mentre la riforma dell’ordinamento forense avanza tra legge-delega e disegni di legge collegati, resta centrale la questione dell’accesso alla professione e del percorso dei giovani avvocati. Le audizioni in Commissione Giustizia hanno evidenziato chiaramente le difficoltà che i praticanti e i neolaureati affrontano: percorsi lunghi e onerosi, mancanza di compensi durante il tirocinio, complessità delle prove d’esame e carico complessivo della scuola forense

    L’obiettivo è dunque che, nella fase finale di definizione della riforma, le istituzioni tengano conto di queste criticità e recepiscano le istanze della giovane avvocatura e dei praticanti, così da coniugare la necessaria modernizzazione della professione con percorsi di formazione realmente sostenibili ed equi. 

    Solo in questo modo la riforma potrà essere pienamente efficace, promuovendo un accesso alla professione più inclusivo e valorizzando le nuove generazioni di avvocati senza gravarle di ostacoli insormontabili.

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