Lo slogan che riecheggia nelle aule parlamentari, il leitmotiv del governo di maggiori finanziamenti alla sanità come mai visti prima d’ora, non corrisponde alla realtà. Sempre più italiani rinunciano a visite mediche e a controlli per motivi legati ai tempi di attesa, alle difficoltà economiche, alla distanza dalle sedi sanitarie e il trend è in crescita.
Questi sono gli esiti della recente indagine Istat che sono stati riferiti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato dal presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli. La nuova legge di bilancio, nonostante introduca effettivamente nuovi finanziamenti per il settore della sanità, fa saltare all’occhio come in rapporto al PIL questa rimanga calmierata e fra le voci di spesa, preponderanti siano gli acquisti per il settore privato.
Il diritto alla salute
La salute e il diritto alla salute sono diritti fondamentali e si basano sulla concezione solidaristica della Costituzione che comporta il diritto all’assistenza sanitaria. L’Articolo 32 della Costituzione Italiana infatti recita quanto segue: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Inoltre, la legge n.833 del 23 dicembre 1978 istituisce il Servizio Sanitario Nazionale che regola il sistema di sanità pubblica italiana e ne stabilisce i principi di universalità, equità, accesso ai servizi e quant’altro.
La fotografia dell’Istat
Il presidente dell’Istat Francesco Maria Chilelli in un’ audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla nuova manovra dichiara quanto segue: “Nel 2024 il 9,9% delle persone ha dichiarato di aver rinunciato a curarsi per problemi legati alle liste di attesa, alle difficoltà economiche o alla scomodità delle strutture sanitarie: si tratta di 5,8 milioni di individui, a fronte di 4,5 milioni nell’anno precedente (7,6%)”.
La rinuncia da parte dei cittadini italiani è principalmente a causa “delle lunghe liste di attesa […] indicata dal 6,8% della popolazione, e risulta anche la componente che ha fatto registrare l’aumento maggiore negli ultimi anni: era il 4,5% nel 2023 e il 2,8% nel 2019”. Ciò, ha dichiarato l’Istat è, “più diffuso tra le donne (7,7%) sia nelle età centrali (9,4% a 45-64 anni) che in quelle avanzate (9,2% a 65 anni e più)”.
La manovra 2026 e la sanità
La Manovra 2026 introduce nuovi finanziamenti per la sanità pubblica e ciò riflette a primo impatto un segnale dopo oltre dieci anni di tagli. Il nuovo disegno di bilancio, infatti, aggiunge al Fondo Sanitario Nazionale 2,3 miliardi di euro per il 2026.
Tuttavia, tra le varie voci di spesa colpisce quella relativa agli acquisti dal settore privato. Nel 2025 erano pari a 150 milioni di euro, ma nel 2026 saliranno a 246 milioni, con un aumento quindi di 96 milioni. Questo ha un effetto diretto sulle strutture pubbliche: quando quest’ultime non riescono a smaltire le liste d’attesa per mancanza di medici o sale operatorie, ad esempio, le ASL ovvero le aziende sanitarie locali si rivolgono al privato, acquistando prestazioni con fondi pubblici attraverso l’attivazione di convenzioni.
La base legale di ciò è sempre la legge n. 833 menzionata poc’anzi, coadiuvata dalle normative regionali come la Deliberazione della Giunta Regionale n. 695/2022 della Regione Lazio: “Modello di contratto per le strutture sanitarie private accreditate” o la Legge regionale n. 22/2019 della Regione Emilia‑Romagna: “Nuove norme in materia di autorizzazione ed accreditamento delle strutture sanitarie pubbliche e private”.
Quando un’ASL deve garantire una prestazione, come una risonanza magnetica, entro tempi ragionevoli, ma l’ospedale pubblico non dispone di posti o macchinari sufficienti, può rivolgersi a un centro privato accreditato, pagando la prestazione con fondi pubblici. In questo modo il paziente non sostiene costi aggiuntivi, se non l’eventuale ticket previsto dal SSN, come se fosse stato curato in ospedale pubblico.
Tuttavia, questa prassi, pur necessaria oggi per garantire il diritto alla salute, presenta alcune criticità: spesso il denaro pubblico finisce al settore privato senza rafforzare la sanità pubblica e molti esperti la definiscono una “toppa finanziaria” anziché un reale investimento strutturale nel sistema pubblico.
Secondo un’inchiesta condotta da Dataroom, infatti, “il privato accreditato sceglie le attività in cui guadagnare quote di mercato su una base economica di redditività, specializzandosi sempre di più in quegli interventi con tariffe di rimborso più elevate”.
I pareri del Cnel e della Corte dei Conti
n audizione, oltre al presidente dell’Istat, ha preso parte anche il Cnel, ovvero il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, che ha sottolineato quanto segue: “secondo i dati più recenti la spesa sanitaria pubblica si manterrà attorno al 6,3 per cento del PIL nel 2024 per scendere progressivamente al 6 per cento nel 2028.
Sebbene in termini assoluti essa cresca di circa 8 miliardi, il rapporto rispetto al PIL segnala un definanziamento”. La Corte dei Conti inoltre aggiunge che “L’aumento delle risorse consente di rispondere solo parzialmente agli interventi necessari per affrontare le criticità del settore nel cui ambito appaiono in crescita i costi per i contratti del personale, per i farmaci, per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati e per i dispositivi medici e, in generale, per corrispondere alle esigenze di una popolazione sempre più anziana”.
In definitiva
La legge di bilancio 2026 tradisce le aspettative dei cittadini e della comunità medica come emerge dalle parole di Cartabellotta, presidente della fondazione GIMBE: “Nonostante la sanità pubblica rappresenti oggi la vera emergenza del Paese, le scelte politiche appaiono in continuità con quelle degli ultimi 15 anni. Anni in cui tutti i Governi hanno definanziato il SSN e nessuno ha avviato un piano strutturale di rilancio del finanziamento pubblico, accompagnato da una coraggiosa stagione di riforme per ammodernare e riorganizzare la più grande opera pubblica mai costruita in Italia: quel Servizio Sanitario Nazionale istituito per tutelare la salute di tutte le persone”.
Come sottolineano esperti e istituzioni, serve un vero investimento strutturale nel pubblico e una riforma organica del sistema sanitario, non semplici “toppe finanziarie”, per garantire cure accessibili, tempestive e di qualità a tutti gli italiani.
20250249

