Dal 1996, ogni anno, il primo giorno di primavera, l’associazione “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” promuove la Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti di tutte le mafie. Un’occasione per restituire ricordi vivi, rinnovare l’impegno nel contrasto alla criminalità organizzata e alla corruzione, e valorizzare l’opera di tante realtà, laiche e religiose, istituzionali e associative, impegnate per il bene comune e la diffusione della cultura del diritto.
Quest’anno, la XXX edizione è celebrata a Trapani, con il patrocinio della Rai e sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. L’evento ha risonanza internazionale: incontri, seminari dedicati e la lettura dei nomi avvengono simultaneamente in centinaia di città italiane e anche in Kenya, Uganda, Nigeria, Costa d’Avorio, Messico, Brasile, Bolivia, Francia, Romania, Germania e Portogallo, a creare un unico filo rosso in grado di congiungere le piazze del ricordo di tutto il mondo.
Perché Trapani?
Nel trapanese, la mafia è riuscita a fondersi con la società civile, la politica e l’imprenditoria, dando origine alla “nuova mafia”; al passo con i tempi, spesso intuitiva dei settori più remunerativi, ma sempre fedele all’ideologia del potere. La mafia è sempre la stessa, ma è il metodo mafioso a mutare, adattandosi al momento storico in atto.
Il professore e criminologo Vincenzo Musacchio spiega: “Una volta avevamo la mafia feroce e violenta di Riina, oggi abbiamo quella silente e corruttiva di Messina Denaro, nel futuro avremo probabilmente quella informatica.“ Sostiene, anche, che essa stia diventando più subdola, corruttiva, mercatistica e silente. Il terreno di gioco prediletto è quello degli appalti, della finanza globale, della sanità, dei rifiuti urbani e di quelli pericolosi, ma anche delle banche e delle imprese. Si tratta di una mafia che ha asservito i poteri dello Stato e li ha usati per i propri fini con la complicità di una parte deviata delle istituzioni.
Ma Trapani è anche la storia di Libera, nata qui per volontà di Margherita Asta, figlia di Barbara e sorella di Salvatore e Giuseppe, vittime della strage di Pizzolungo, di cui quest’anno ricorre il 40° anniversario. Ecco perché Trapani, poiché incarna la Sicilia che cerca vento di giustizia e non rimane schiava dell’omertà.
Il vento della memoria semina giustizia
Durante la Giornata, la città che di volta in volta ospita l’evento viene animata dal corteo nazionale, da inni, slogan e seminari; le strade diventano un tripudio di bandiere colorate. In un secondo momento, la gioia cede il passo alla commemorazione più intensa: l’aria è rotta solo dalla recita del rosario laico composto dai nomi e cognomi delle vittime. Dal 1861 ad oggi, sono stati raccolti 1101 nomi, pronunciati ad alta voce, fermamente, affinché il loro volto rimanga impresso nelle pagine della storia, troppo spesso dimenticate o nemmeno approfondite dai programmi scolastici e dai libri di testo.
Il 1° marzo 2017, con voto unanime alla Camera dei deputati, è stata approvata la legge n. 20 che istituisce e riconosce il 21 marzo quale “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie”. Un momento importante che ha permesso di ufficializzare un evento che negli anni ha riscosso sempre più adesioni: dalla prima Giornata a Roma, in Campidoglio, con poche centinaia di persone, fino ad arrivare a Milano, dinanzi settantamila sorrisi riuniti in piazza Duomo. In questa occasione, don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione promotrice, con in mano una maglietta a ricordo dei migranti morti a Cutro, ha affermato: “Le mafie vincono dove l’umanità naufraga, dove il sentimento di comunità si inabissa e annega.”.
Lo sport come maestro di vita
La Giornata della memoria è preceduta dall’organizzazione di percorsi di avvicinamento, attraverso eventi, veglie, dibattiti e momenti di condivisione. In un Paese che ha necessità di riscoprirsi squadra, che ha bisogno di curare l’indifferenza, lo sport diventa strumento di crescita e affratellamento.
Volendo anche porre attenzione sul fenomeno della tratta degli esseri umani nel Mediterraneo, l’edizione 2025 è stata preceduta da un evento sportivo, a Marsala, che ha visto la partecipazione di oltre 100 studenti del liceo Ruggieri, chiamati a correre una staffetta, con un passaggio di testimone simbolico, un pezzo di legno ricavato da una delle barche della disperazione che approdano a Lampedusa. L’iniziativa è parte di un progetto itinerante, “Libera la Natura”, in cui la disciplina sportiva è valore universale in grado di educare al noi; è metafora che racchiude in sé un messaggio potente, correre insieme, tenendo tra le dita il simbolo della speranza ma anche la causa materiale delle vite spezzate in mare.
Nel pomeriggio di giovedì 20 marzo ha avuto corso l’Assemblea nazionale dei familiari presso Trapani. Si tratta di un evento riservato, cui hanno diritto di partecipare i familiari delle vittime che provengono da diversi continenti. Negli anni è sempre stato un appuntamento significativo per quei familiari che hanno deciso di trasformare il dolore in impegno civico, attraverso la condivisione del ricordo, l’elaborazione del lutto e la denuncia aperta della violenza mafiosa.
Dal dolore di una madre, nasce la primavera
È il 23 maggio 1993, una giornata afosa, in cui l’odore di mare si mescola a quello dell’asfalto caldo. Il sole splende tra Punta Raisi e Palermo, proprio come l’anno precedente, quando una potente onda d’urto cambiò per sempre l’Italia; non si trattò di un terremoto, ma dell’attentato dinamitardo emblema della fase più cruenta della guerra allo Stato dichiarata dal Capo dei Capi.
Rappresentanti delle istituzioni, cittadini e studenti commemorano il primo anniversario della strage di Capaci. C’è anche Luigi Ciotti; mentre prega il suo sguardo si sofferma su una donna dal capo coperto, vestita di nero, china sotto il peso di un immenso dolore. Non si conoscono, ma è attirato dalle mani giallastre della donna e dal pianto ininterrotto. Egli l’accarezza, la donna esplode: «Sono la mamma di Antonio Montinaro. Perché il nome di mio figlio non lo dicono mai?». Si chiama Carmela e la memoria di suo figlio e dei suoi colleghi, Rocco Dicillo e Vito Schifani, veniva liquidata sotto l’espressione “i ragazzi della scorta”.
Il primo diritto di ogni persona venuta al mondo è essere chiamato per nome. Quella madre avrebbe solo voluto udire il nome di suo figlio, pronunciato assieme a quelli dei Magistrati Falcone e Morvillo. Dalle lacrime di quella donna nasce il 21 marzo, nasce il fiore della memoria e il diritto all’identità di tutti coloro che perdono la vita a causa delle mafie.
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