Gli studiosi di geopolitica europea, concentrati soprattutto sui recenti conflitti russo-ucraino e israelo-palestinese, fanno passare in secondo, o addirittura terzo piano ciò che avviene in seno all’Europa. Nel cuore del continente, infatti, vi è una zona, i Balcani, ed uno stato, la Serbia, che risultano essere estremamente instabili.
Introduzione alla geopolitica serba
Per comprendere la perenne instabilità serba, che poi si ripercuote anche sugli stati circostanti, è bene iniziare da una recente notizia: Il Post del 22 novembre titolava, infatti, “In Serbia il crollo della tettoia di Novi Sad è diventato un grosso caso politico”. Il caso del crollo del tetto della stazione di Novi Sad contiene in sé tutti gli elementi della Serbia di Vucic: il rapporto con le mafie, l’instabilità, il potere autoritario e la corruzione. Prima però di trattare questo tragico evento è opportuno fare una breve digressione sulla Serbia degli ultimi anni.
La Serbia durante i primi anni Duemila era riuscita a stabilizzarsi, seppur uscita mal ridotta dal conflitto balcanico. Addirittura nel 2008, con la nascita del Partito Progressista Serbo (SNS), ha visto e goduto di una fase di forte rinnovamento progressista, andando ad avvicinarsi sempre più all’Unione Europea. È infatti in questi anni che ha inizio il processo di adesione all’U.E.: tale processo di ammodernamento si è però bruscamente arrestato con l’ascesa di Vučić. Egli ha rafforzato il proprio potere con tre vittorie elettorali fondamentali: quella del 2014, del 2020 e quella del 2022. L’opposizione non è stata in grado di reagire e di prendere una ferma posizione, anzi si è andata frammentando. Fondamentali sono state le elezioni del 2020, le quali hanno segnato un punto di non ritorno1. Vučić è da considerarsi un elemento di rottura che nasce in seno al Partito Progressista Serbo (SNS), poiché nel 2012 era membro del governo Dacic. La Serbia, a partire dal 2008, ha compiuto enormi sforzi per entrare a far parte dell’Unione Europea: già nel 2003 la Serbia era stata inserita tra i paesi candidabili per entrare a farne parte. Lo status ufficiale di paese candidato è giunto però solo nel 2012. Da tale data in avanti la Serbia, con l’aiuto dell’Unione Europea, ha portato avanti un processo multilaterale di adeguamento agli standard europei attraverso lo Stabilisation and Association Agreement (SAA). In tale documento vengono enunciati i punti fondamentali ai quali la Serbia deve attenersi per entrare a far parte dell’Unione.
Un documento particolarmente rilevante ai fini della nostra indagine è il Serbia 2020 Report della Commissione Europea, all’interno del quale viene proposta un’analisi trasversale dello sviluppo della Serbia per quanto riguarda l’ingresso nell’Unione. Ciò che emerge è un riconoscimento degli sforzi fatti, ma anche la totale impreparazione a tale procedimento.
Uno dei problemi fondamentali della Serbia è la forte instabilità. Va, infatti, detto che dall’avvento di Vucic la Serbia è divenuta più stabile per quanto concerne la politica interna, poiché la svolta autoritaria ha in un certo senso stabilizzato il Paese, ma molto più instabile in politica estera, dal momento che sta conducendo una strategia che le permette di tenere un piede in due staffe: da una parte si sforza per poter entrare nell’Unione, ma dall’altra continua a rimanere sotto al protettorato russo, rafforzando i legami con Putin.
In tutto ciò, sempre per quanto concerne la politica estera, dall’avvento di Vucic, le frizioni con il Kosovo e con la Bosnia sono aumentate. L’U.E., inoltre, sia per la questione migratoria, ma anche per rendere stabile la Serbia, ha accettato la svolta autoritaria di del Presidente serbo. La Russia, da parte sua, tiene molto a mantenere la zona Balcanica in una situazione perenne di instabilità, poiché più sono instabili i Balcani, maggiori sono le possibilità che questi paesi non entrino nell’orbita euro-atlantica. La presenza russa è consolidata da tempo. “Mosca è da anni che destabilizza la regione col suo soft-power: campagne di disinformazione, sostegno a gruppi e movimenti nazionalisti e diplomazie minacciose”.
Il crollo del tetto della stazione di Novi Sad
Dopo tali premesse, ci si può addentrare nel focus della questione: il crollo del tetto della stazione di Novi Sad. Vucic per poter arrivare alla Presidenza e per mantenere il potere e la stabilità di tutto il Paese si è sempre appoggiato alle principali famiglie mafiose serbe. Queste, però, in cambio di tali “servizi” sono entrate dentro allo stato, soprattutto per quanto concerne gli appalti pubblici. Ecco allora che si può parlare della notizia del 1° novembre 2022, cioè del crollo del tetto della stazione di Novi Sad. Il tragico avvenimento ha provocato la morte di 15 persone e una ventina di feriti. Il tetto in questione era stato costruito nel 1964 e ristrutturato molto di recente. L’azienda ferroviaria statale serba, Železnice Srbije, ha dichiarato che la costruzione sopra l’ingresso della stazione non faceva parte della recente ricostruzione dell’edificio della stazione, ma è stata coinvolta nei lavori generali di ristrutturazione. L’Ansa e Euronews in data 21 novembre hanno riportato la notizia dell’arresto di 11 persone per il crollo in questione. Gli arresti sono la diretta conseguenza di giorni di dure proteste per chiedere l’incriminazione dei responsabili. Vucic, da buon monarca, ha ritenuto opportuno dare qualcosa in pasto alla folla per far placare le proteste. Gli arrestati la cui identità non è stata resa pubblica, sono accusati “di aver commesso atti criminali contro la sicurezza pubblica, di aver causato un pericolo pubblico e di aver eseguito lavori edili irregolari”. Tra gli arrestati ci sarebbero anche Goran Vesić, che si è dimesso da Ministro dell’Edilizia serbo dopo il crollo del 1° novembre, e Jelena Tanasković, che si è dimessa da direttrice ad interim della compagnia ferroviaria statale.
Con molta probabilità anche le aziende che hanno partecipato ai lavori (China railway international, China communications construction, la francese Egis e l’ungherese Utiber) saranno coinvolte nell’indagine.
La mafia serba impegna il grosso dei suoi affari proprio nell’edilizia, e grazie ai contatti con Vucic e il suo governo, è riuscita ad entrare negli appalti pubblici. Traccia di ciò è una serie di crolli di edifici pubblici nelle città serbe. Tali ditte si arricchiscono risparmiando su manodopera e materiali, costruendo edifici che non rispettano del tutto le norme.
I contatti tra le mafie e Vucic sono testimoniati da varie deposizioni di arrestati, tra queste quella di Veljko Belivuk, leader di uno dei più temuti clan criminali della regione di Belgrado. La deposizione è avvenuta il 3 agosto del 2021 e l’arrestato ha dichiarato di conoscere Vucic e membri del governo di persona, e di aver aiutato il governo con i suoi uomini a gestire alcuni eventi di primaria importanza, tra questi il Pride di Belgrado.
Nel 2023 c’è stato però un punto di svolta, poiché Vucic, giunto a un potere quasi assoluto, ha deciso di troncare i suoi rapporti con le mafie. Naturalmente una decisione come questa non può non aver ripercussioni: infatti, è stato riportato, il 17 giugno del 2024 sulla testata Agenzia Nova dalla presidente del Parlamento di Belgrado, Ana Brnabic, che la vita di Aleksandar Vucic sarebbe in pericolo, poiché risulta essere una minaccia al quieto svolgimento delle attività malavitose.
La dichiarazione della Presidente è giunta dopo che sono state pubblicate le intercettazioni di alcuni gruppi mafiosi come i membri del clan criminale Kakav: “Vucic non è solo un ostacolo al dominio della criminalità organizzata e della mafia in questo Paese e in questa regione, ma è anche il garante della sicurezza e della stabilità della Serbia”. Le intercettazioni riguardano in particolare il capo del clan Radoj Zvicer.
Conclusioni
Il presente lavoro si è aperto con il titolone de Il Post del 22 novembre, “In Serbia il crollo della tettoia di Novi Sad è diventato un grosso caso politico”, quello che c’è da chiedersi è se realmente tale evento possa sgretolare il castello di carta che Vucic si è costruito in quasi dieci anni, ma una risposta a ciò potremmo averla solo nei prossimi mesi.
Per ora si può affermare che nonostante la Serbia di Vucic a partire dall’inizio del 2023 sembri essere più in linea con le linee guida europee, fatta eccezione per le sanzioni alla Russia, e sembri si stia allontanando dal rapporto diretto con le mafie, risulta ancora non sufficientemente pronta ad entrare nell’Unione Europea.
- F. Bieber, Serbia, elezioni: la vittoria dei perdenti: perché il plebiscito per Vučić non è un buon segnale per la democrazia e l’Europa, in Il regno: mensile di attualità cattolica, 65/14(2020), pp. 426-427. ↩︎