Negli ultimi mesi, la terra nei Campi Flegrei ha ripreso a muoversi con una frequenza sempre più preoccupante. I fenomeni di bradisismo, con il progressivo sollevamento del suolo, e i ripetuti sciami sismici stanno ridisegnando la quotidianità di migliaia di persone che abitano in una delle aree vulcaniche più pericolose d’Europa.
Mentre gli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) monitorano costantemente la situazione, cresce l’ansia tra i cittadini di Pozzuoli e delle zone limitrofe, che si chiedono quanto sia concreto il rischio di un’eruzione e, soprattutto, quanto sia sicuro continuare a vivere in un territorio così instabile.
Ma oltre ai dati scientifici, c’è una dimensione sociale che non può essere ignorata: cosa significa vivere ogni giorno con la consapevolezza di abitare su una caldera attiva? Quali sono gli effetti psicologici e le conseguenze economiche di questa situazione? Il valore degli immobili crolla, la possibilità di nuovi investimenti si riduce e l’incertezza sul futuro rende sempre più difficile pianificare la vita quotidiana. Molti si domandano se un piano di evacuazione sia realistico e se le istituzioni siano pronte a gestire un’eventuale crisi.
IL TERREMOTO DI GIOVEDÌ 13 MARZO
Giovedì 13 marzo, alle 1:25, gli abitanti dei Campi Flegrei sono stati svegliati da una forte scossa di terremoto con magnitudo 4.4. È bene ricordare che il terremoto di origine vulcanica è molto diverso da quello causato dallo scontro delle placche tettoniche, poiché avviene a pochi chilometri di profondità. Di conseguenza, viene avvertito distintamente dalla popolazione anche a magnitudo che, per i terremoti tettonici, sarebbero considerate basse, ma che nel caso di eventi vulcanici sono invece ritenute elevate.
Gli abitanti si sono riversati in strada, cercando un punto di riferimento e supporto dalle istituzioni locali. Molti residenti di Bagnoli hanno tentato di raggiungere la ex Base NATO, indicata dal sindaco Manfredi solo due giorni prima come punto di accoglienza e primo soccorso in caso di emergenza. Tuttavia, trovando i cancelli sbarrati, alcune persone sono entrate con la forza, in attesa dell’intervento della Protezione Civile.
Nei giorni precedenti, il sindaco Manfredi e l’assessore Cosenza avevano dichiarato che il bradisismo interessava solo un’area marginale di Napoli, minimizzando il rischio per il resto del territorio. Tuttavia, la scossa di mercoledì ha dimostrato che l’impatto è stato più ampio del previsto, con danni evidenti: crolli di calcinacci sulle auto, momenti di panico tra la popolazione e il cedimento di un solaio, che ha reso necessario il soccorso di un uomo rimasto intrappolato.
Per la prima volta, il sindaco di Napoli ha disposto la chiusura delle scuole per consentire verifiche sulla sicurezza degli edifici. Nei giorni precedenti, la sede dell’istituto Labriola-Rossini era già stata chiusa a causa di un aumento dei livelli di CO₂ nei piani inferiori della struttura.
Nei giorni successivi si sono registrati nuovi sciami sismici, con scosse comprese tra magnitudo 3.5 e 3.9, mentre il suolo ha raggiunto un sollevamento complessivo di 3 cm, segnale di una dinamica in evoluzione che richiede un monitoraggio costante.
LE PRIMI CRISI BRADISISMICHE
Tra gli anni ’70 e ’80 si sono verificate le prime crisi bradisismiche dal 1538. Per quattro secoli, infatti, l’area non aveva registrato fenomeni sismici rilevanti, finché, nel 1970, l’intensificarsi del sollevamento del suolo portò all’evacuazione del Rione Terra. Successivamente, tra il 1983 e il 1984, l’attività sismica divenne ancora più intensa, costringendo le autorità a disporre l’evacuazione del centro di Pozzuoli. Migliaia di abitanti furono trasferiti nei nuovi quartieri di Rione Toiano e Monterusciello, costruiti in tutta fretta per accogliere gli sfollati.
Dal 1985 il suolo ha iniziato a scendere, segnando una fase di apparente stabilità. Tuttavia, nel 2005 il trend si è invertito e il sollevamento del suolo ha ripreso progressivamente ad aumentare. Nonostante questi segnali, le istituzioni non hanno attuato misure preventive adeguate per gestire la situazione attuale. Anzi, nel corso degli anni, gli abitanti dei Campi Flegrei sembravano aver rimosso la consapevolezza di vivere sopra una caldera attiva, un paradosso sospeso tra il paradiso e l’inferno: un territorio straordinario per bellezza e storia, ma geologicamente instabile e ad alto rischio.
L’evacuazione degli anni ’80 non solo segnò un drammatico cambiamento urbanistico e sociale per la città di Pozzuoli, ma avviò anche un vasto processo di speculazione edilizia e cementificazione, che trasformò profondamente il territorio. Oggi, di fronte a un nuovo scenario di rischio, si teme che possa ripetersi lo stesso schema, con operazioni immobiliari spinte dall’emergenza e dalla necessità di ricollocare gli abitanti. Allo stesso tempo, cresce la preoccupazione che si possa cedere alla logica della turistificazione di massa, con investimenti orientati più a valorizzare il territorio in chiave commerciale piuttosto che a garantire la sicurezza e la sostenibilità della vita quotidiana per i residenti.
LE ISTITUZIONI OGGI
Nei Campi Flegrei risiedono 413.840 abitanti, e solo nella città di Napoli la popolazione coinvolta è significativa. Sommando i 230.950 residenti della X e IX Municipalità, oltre a quelli del quartiere di Posillipo, si ottiene un numero che dimostra chiaramente quanto le dichiarazioni dell’assessore Cosenza siano fallaci nel minimizzare l’impatto del bradisismo.
A differenza di Napoli, i sindaci di Bacoli, Monte di Procida e Pozzuoli si sono attivati tempestivamente, predisponendo hub di accoglienza, infopoint e verifiche sugli edifici già dal mese di maggio. Durante la crisi di allora, circa 1.500 persone furono sfollate e, ad oggi, molte di loro non hanno ancora trovato una sistemazione definitiva.
A Napoli, invece, le azioni intraprese sono state limitate. Dopo i sismi di febbraio (magnitudo 3.9), il Comune aveva predisposto solo 50 posti letto presso la sede della X Municipalità. Successivamente, è stato attivato un servizio di controllo tecnico sugli edifici, ma questo escludeva diversi quartieri che, sebbene colpiti dalle scosse, non rientravano nelle verifiche, come Fuorigrotta, Posillipo, Pianura e Soccavo.
Solo ora, dopo la forte scossa di mercoledì notte, il Comune sta valutando un’estensione dell’area di intervento. Inoltre, sono state annunciate alcune misure aggiuntive, come l’installazione di colonnine di rilevamento della CO₂ in tutte le scuole interessate dalle scosse e la disponibilità di posti letto per disabili e persone in difficoltà familiare presso la struttura San Francesco a Marechiaro.
Questi provvedimenti arrivano in ritardo rispetto agli altri comuni dell’area flegrea, confermando un approccio che, fino ad ora, non è stato adeguato alla portata del fenomeno.
Proprio a seguito di un approccio così blando da parte dell’amministrazione, il centro sociale Villa Medusa, durante il consiglio comunale monotematico dell’11 marzo, aveva richiesto lo svolgimento di un consiglio comunale presso la sede della X Municipalità, richiesta che è stata accolta e fissata per il prossimo 28 aprile.
LA DISPERAZIONE DEGLI ABITANTI
Molti abitanti hanno già abbandonato la propria casa, trovando rifugio presso seconde case, parenti, amici o strutture alberghiere. Ad oggi, solo nel quartiere di Bagnoli sono state sfollate 300 famiglie. Nonostante il Comune abbia finalmente iniziato ad attivarsi, la popolazione si sente abbandonata. Il senso di sfiducia è palpabile: molti cittadini, pur avendo ricevuto rassicurazioni sulla sicurezza delle proprie abitazioni, preferiscono dormire fuori, temendo nuove scosse e danni strutturali. La situazione sta mettendo a dura prova i nervi della popolazione, tanto che è stato attivato un servizio di supporto psicologico presso la ex Base NATO.
Di fronte a questa crisi, gli attivisti di Villa Medusa chiedono interventi concreti per tutelare la popolazione, tra cui controlli a tappeto sugli edifici, il blocco dei mutui e dei relativi interessi, e un credito d’imposta per i canoni di locazione di affittuari e commercianti. Ad oggi, infatti, molti sfollati si trovano nella condizione assurda di dover pagare sia il mutuo per una casa inagibile, sia l’affitto per una sistemazione alternativa. Ma il problema non si ferma qui: altre scosse arriveranno, anche più forti.
Questo è ciò che gli esperti continuano a ripetere, ed è ciò che la popolazione teme ogni giorno. Se non si interviene in modo serio e tempestivo, il rischio è che si ripeta una tragedia annunciata. Nessuno vuole contare i morti, ed è per questo che servono azioni immediate e una strategia di lungo periodo per garantire la sicurezza dei cittadini. L’inazione oggi può trasformarsi in una catastrofe domani.
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