L’elezione di Donald Trump come 47esimo Presidente degli Stati Uniti d’America evidenzia una tendenza sempre più consolidata: il voto dei giovani si sta spostando sempre più a destra, in America così come in Europa. Il sostegno dei giovani ai Democratici è calato del 24% rispetto al 2020. Il vantaggio dei Dem nella fascia 18-29 anni si è quasi dimezzato: dal +24 punti di Biden, nel 2020, al +13 per Harris. Trump ha guadagnato voti tra i giovani operai e tra gli abitanti delle aree del Paese economicamente depresse.
Molti degli swing states che hanno fatto vincere Trump mostrano un forte calo relativo dei salari, in particolare quelli della Rust Belt, dal glorioso passato industriale ma oggi in declino. Gli abitanti di queste aree hanno visto il loro livello salariale superato da quello di altri (per esempio le donne con una laurea, che hanno votato in maggioranza Harris), ed è ragionevole pensare che una sorta di “coscienza di classe” abbia influito nella mobilitazione al voto per il GOP. In generale, Trump ha convinto quei segmenti socio-demografici la cui forza economica si è indebolita negli ultimi anni. Analizzato attraverso la lente dell’identità sociale, è facile comprendere come lo slogan Make America Great Again sia così efficace con qualsiasi gruppo che si sente “defraudato” del proprio benessere. Giovani in cima.
La destra cresce anche in Europa
La situazione è uguale in Europa. La quota dei giovani tedeschi che alle scorse elezioni europee ha votato per l’AfD è aumentata dell’11% rispetto al 2019. In Francia, il Rassemblement National ha raccolto il 30% dei voti dei giovani (+10% rispetto al 2019), anche grazie alla figura carismatica e popolare del designato successore di Marine Le Pen, Jordan Bardella.
La Generazione Z, scesa in piazza per protestare contro il mancato intervento statale nel contrasto al cambiamento climatico e per i diritti, sembra essere negli ultimi anni più sensibile ai messaggi dell’ultradestra nazional-sovranista. Secondo lo European Youth Forum, il benessere sociale ed economico dei giovani non cresce dal 2018: la difficoltà ad accedere ad un salario dignitoso o anche solo pari a quello di cui hanno potuto godere i loro (nostri) genitori al primo impiego, la conseguente impossibilità di uscire dal proprio nucleo familiare ed ottenere l’autonomia abitativa, la paura che il mondo del futuro potrebbe essere caratterizzato da instabilità e conflitti. Tutti questi fattori hanno portato ad uno shift dell’attenzione dai temi della sostenibilità ambientale a quelli del benessere sociale.
La torre d’avorio della sinistra
Il Partito Democratico, e in generale la sinistra italiana, non parla più di lavoro e salari: i lavoratori non costituiscono più il bacino elettorale preferenziale delle forze progressiste. Trattando costantemente temi quali i diritti civili e il cambiamento climatico, la sinistra finisce per rinchiudersi in una torre d’avorio fatta di elitarismo e belle parole.
La destra è riuscita a conquistare i lavoratori, che hanno visto i loro salari consumarsi, scagliandosi contro le storture di un’economia globale di mercato sfinita e messa alla prova da un ordine al collasso. I leader di destra prospettano di rispondere al protezionismo col protezionismo, individuano capri espiatori facilmente riconoscibili e odiabili (gli immigrati, le banche, le élite globali e quant’altro). Rendendosi quasi portatori di una visione messianica, Trump e i suoi fratelli (e sorelle) hanno ridato speranza ad un popolo affranto e senza più riferimenti. I giovani non sono stati da meno, considerando che sono la prima generazione che non godrà dello stesso benessere di cui hanno goduto i loro genitori.
La destra come fenomeno pop
La vittoria di Trump è stata così sospinta dal cosiddetto bro vote, il voto dei giovani maschi bianchi, latini e afroamericani. Questi segmenti subiscono una fascinazione nei confronti del tradizionalismo, specie quello cattolico – ma anche islamico, altro segmento che ha favorito la vittoria dei Repubblicani – promosso in primis da influencer che negli ultimi anni hanno riscosso un successo mai visto prima. Basti pensare alla controversa figura di Andrew Tate e ai suoi endorsement nei confronti di Trump – così come quelli di Jake, Logan Paul, Adin Ross – al seguito ottenuto su TikTok dal conservatore Jordan Bardella, oppure ancora ai tantissimi account X con migliaia e migliaia di seguaci, veri e propri baluardi di questo revival del cesaropapismo e influentissimi nel condizionamento dei più giovani.
Fondamentalmente, essere di destra fa figo. Ed è stata nientemeno che la sinistra a concedere la partita, arroccandosi sul tema della difesa delle minoranze – nonostante l’accettabilità dello stesso – e sull’accusa di inferiorità morale mossa nei confronti di chiunque non la pensi alla stessa maniera. Perché, di fatto, se parli dei diritti di pochi, parli a poche persone. La vittoria di Trump può essere il driver per un consolidamento ulteriore delle destre mondiali, e la Gen Z potrebbe esserne l’alfiere.