Le elezioni presidenziali rumene del 2025 si sono svolte in un clima politico teso e polarizzato, segnato da una crescente sfiducia nelle istituzioni e da preoccupazioni per la sicurezza nazionale. Il primo turno, tenutosi il 4 maggio, ha visto l’affermazione del candidato nazionalista George Simion, leader dell’Alleanza per l’Unione dei Romeni (AUR), il quale ha ottenuto circa il 40% dei voti.
Il secondo candidato più votato, Nicușor Dan, attuale sindaco di Bucarest, con posizioni centriste e pro-europee, ha focalizzato la sua campagna elettorale su temi come la lotta alla corruzione e la riforma delle istituzioni, ottenendo poco meno del 21% dei voti.
Tuttavia, nessuno dei candidati ha superato la soglia del 50% più uno, sarà dunque necessario un secondo turno per eleggere il prossimo presidente della Romania. Il ballottaggio tra Simion e Dan è previsto tra due settimane, il 18 maggio.
Un contesto elettorale complesso
La polarizzazione e il clima teso in questi ultimi mesi in Romania è sicuramente dovuto dalle conseguenze delle precedenti elezioni, tenutesi nel novembre 2024. Quelle elezioni erano state al centro di un acceso dibattito istituzionale e mediatico, soprattutto dopo che la Corte Costituzionale rumena aveva deciso di annullarne l’esito, una scelta inusuale nella storia democratica del Paese.
La decisione arrivò a seguito di un’indagine condotta dai servizi di sicurezza interni, che aveva sollevato dubbi riguardo alla regolarità della campagna elettorale di alcuni candidati. In particolar modo sarebbe stato riscontrato un coinvolgimento anomalo di alcuni attori esterni, soprattutto per via di alcune attività su TikTok, che avrebbero elevato in maniera esponenziale la visibilità del candidato Georgescu, noto per le sue posizioni sovraniste.
L’intera vicenda ha innescato un ampio dibattito pubblico sulla sicurezza dei processi democratici e sull’influenza che strumenti digitali e campagne online possono esercitare sull’opinione pubblica. La decisione della Corte Costituzionale rumena sull’annullamento dell’esito di novembre ha costretto le autorità a procedere con nuove elezioni, volte a ristabilire la fiducia nel sistema elettorale, cercando di garantire la massima trasparenza e correttezza nello svolgimento delle elezioni.
Una campagna elettorale sotto attacco
La campagna elettorale di George Simion per le elezioni presidenziali rumene del 2025 si è distinta per un marcato orientamento nazionalista e sovranista. Il linguaggio utilizzato dal leader dell’AUR è stato molto diretto e fortemente incentrato su continue critiche nei confronti delle istituzioni europee. L’annullamento delle elezioni del novembre 2024, ha portato Simion ad intensificare la sua retorica, presentandosi come il difensore della volontà popolare e della sovranità nazionale.
Dopo l’esclusione di Georgescu dalle elezioni, Simion si è presentato come suo erede politico, promettendo di includerlo in un eventuale governo. Questa mossa ha rafforzato il suo appeal tra gli elettori sovranisti, consolidando la sua posizione di leader dell’estrema destra rumena.
Il leader dell’Alleanza per l’Unione dei Romeni (AUR) si è presentato dunque come un difensore dei valori tradizionali, opponendosi alle influenze occidentali e alle politiche pro-UE, esaltando invece temi legati al nazionalismo, conservatorismo ed euroscetticismo, che hanno permesso a Simion di essere il candidato più votato del primo turno.
L’importanza del prossimo presidente
La scelta tra Simion e Dan determinerà l’orientamento politico della Romania nei prossimi anni, influenzando le sue relazioni internazionali e la tenuta delle sue istituzioni democratiche. La netta contrapposizione tra George Simion, con simpatie nazionaliste, e Nicușor Dan, con un profilo moderato e filoeuropeo, riflette in modo chiaro la polarizzazione crescente nella società rumena, attualmente divisa tra spinte identitarie e sovraniste da un lato, e un orientamento riformista, progressista e atlantista dall’altro.
Il risultato delle prossime elezioni va ben oltre la scelta di un capo di Stato, il ballottaggio, in un certo senso, rappresenta una sorta di referendum sul futuro stesso della Romania, in quanto deciderà le sorti del Paese nei confronti dell’Unione Europea e sulla gestione delle crescenti pressioni di movimenti populisti.
Il contesto regionale e internazionale è dunque fondamentale per capire il motivo dell’elevata complessità e spaccatura in questa campagna elettorale. La posizione geopolitica della Romania è alquanto delicata: confina con l’Ucraina, è membro della NATO e dell’Unione Europea, e gioca un ruolo assolutamente fondamentale nel contenimento delle pressioni russe nell’area del Mar Nero.
In un momento in cui l’Europa orientale è attraversata da tensioni e da instabilità politica, l’identità internazionale del prossimo presidente romeno avrà conseguenze dirette sul posizionamento del Paese all’interno dell’alleanza euro-atlantica. Una vittoria di Simion, con le sue simpatie conservatrici e la sua retorica euroscettica, potrebbe rafforzare movimenti simili in altri stati membri dell’Unione Europea. Al contrario, una presidenza Dan rassicurerebbe i partner occidentali, garantendo una linea di continuità sia nei rapporti diplomatici della Romania.
Il futuro di una Romania sempre più spaccata
La campagna elettorale che condurrà al secondo turno si preannuncia intensa, la posta in gioco è alta: si tratta di decidere quale Romania costruire per i prossimi anni, da una parte c’è una politica identitaria, protettiva nei confronti dei suoi confini e delle sue tradizioni, dall’altra invece c’è una visione più aperta e integrata nel contesto europeo.
In conclusione, le presidenziali rumene sono l’espressione di dinamiche politiche che riguardano tutta l’Europa centro-orientale. In un’epoca segnata da instabilità, da crisi economiche e da nuove sfide alla coesione sociale, il voto rumeno è osservato con attenzione da partner e alleati, per capire anche come muoversi in futuro nella regione orientale dell’Europa.
20250170