Il conflitto in Yemen, ormai decennale, ha visto l’emergere degli Houthi come forza dominante nella regione. Questo gruppo politico-militare, classificato come terrorista da diversi paesi occidentali, ha preso il controllo di vaste aree del paese, inclusa la capitale Sana’a. Recentemente, gli Houthi hanno intensificato le loro attività militari nel Mar Rosso, attaccando navi di passaggio per manifestare il loro sostegno ad Hamas nella guerra contro Israele. Questo comportamento ha allarmato la comunità internazionale, portando all’intervento delle forze occidentali. Tuttavia, nonostante gli sforzi militari messi in campo da Stati Uniti e Unione Europea, la situazione nel Mar Rosso rimane tesa e instabile.
La risposta occidentale
In risposta alla crescente minaccia rappresentata dagli Houthi, l’Unione Europea ha lanciato l’Operazione Aspides, mentre gli Stati Uniti hanno avviato Prosperity Guardian. Entrambe le operazioni mirano a garantire la sicurezza delle rotte marittime e proteggere il traffico navale internazionale. Tuttavia, queste missioni militari incontrano ostacoli significativi. Quella americana, in particolare, è limitata dall’impossibilità per gli USA di lanciare attacchi dalle basi nei paesi alleati del Medio Oriente, i quali temono ritorsioni da parte degli Houthi e della coalizione che li sostiene. Questa restrizione operativa è ulteriormente accentuata dal recente ritiro della portaerei USS Dwight D. Eisenhower che, dopo otto mesi di servizio nella regione, è tornata negli Stati Uniti per motivi di semplice manutenzione, riducendo la capacità operativa statunitense nel teatro mediorientale.
Gli amici dei miliziani
Gli Houthi, nel frattempo, hanno stretto alleanze strategiche con vari gruppi e nazioni, tra cui l’Iran, la “Resistenza Islamica” in Iraq, Hezbollah,e Al Shabaab, il gruppo somalo legato ad Al Qaeda. Questi rapporti permettono oggi agli Houthi di espandere il loro raggio d’azione dal Mediterraneo all’Oceano Indiano. Nonostante gli attacchi rivendicati dagli Houthi nel Mare Nostrum siano stati spesso smentiti, la loro attività ha già avuto effetti tangibili sul traffico navale. Il numero di imbarcazioni cargo che transitano attraverso il Mar Rosso è diminuito drasticamente, con molte società internazionali che preferiscono ora far attraccare le loro navi negli Emirati Arabi Uniti e proseguire via terra per evitare il pericolo rappresentato dai miliziani.
Egitto e Arabia Saudita in sofferenza
Le conseguenze economiche di questa situazione sono significative, in particolare per l’Egitto. Il Canale di Suez, una delle principali fonti di reddito del paese, ha visto una riduzione sostanziale del suo utilizzo. Questo calo non solo diminuisce le entrate derivanti dalle tariffe di transito, ma ha anche un effetto a catena sull’intera economia egiziana. Il paese, che sta già affrontando una serie di sfide economiche molto importanti, potrebbe così vedere aumentare il deficit di bilancio e subire un deterioramento della bilancia commerciale. La diminuzione del traffico attraverso il Canale di Suez potrebbe anche portare a un aumento del costo delle merci, poiché le rotte alternative sono più lunghe e costose. Ciò porrebbe i miliziani yemeniti come attori di primo piano nello scenario globale, avendo loro il potere di regolare i flussi delle merci che transitano per il Mar Rosso e quindi regolandone di fatto il prezzo per noi occidentali.
Anche l’Arabia Saudita sta risentendo della situazione, sebbene in misura minore rispetto all’Egitto. I porti occidentali del regno stanno perdendo importanza, con un impatto sulle entrate commerciali e sull’economia locale. Tuttavia, la crisi potrebbe avere conseguenze politiche più ampie. La diminuzione dell’importanza strategica dei porti sauditi potrebbe portare a un ridimensionamento geopolitico del paese nei commerci internazionali, riducendo la sua capacità di influenzare i mercati globali.
Non siamo più i padroni del mondo
Questo scenario mette in evidenza la perdita di rilevanza dell’Occidente, che non è più il protagonista indiscusso dello scacchiere mondiale. La capacità di intervento degli Stati Uniti e dell’Unione Europea è limitata da vincoli politici e logistici, mentre le potenze regionali come l’Iran acquisiscono sempre più influenza. La situazione nel Mar Rosso e nel Medio Oriente è una chiara dimostrazione di come il potere stia diventando sempre più multipolare, con nuovi attori che sfidano l’ordine internazionale tradizionale.
Una pace sempre più lontana
Per quanto riguarda le prospettive di risoluzione del conflitto, queste appaiono al momento lontane. Gli Houthi hanno chiaramente dichiarato che non intendono diminuire i loro attacchi. Questa intransigenza rende difficile qualsiasi tentativo di negoziato o tregua. Inoltre, le alleanze strategiche degli Houthi con altri gruppi militanti e stati regionali complicano ulteriormente la situazione. Le forze occidentali, sebbene impegnate, devono fare i conti con limitazioni operative e con l’assenza di un chiaro supporto regionale.
La soluzione sta nell’unione dei popoli
La situazione del Medioriente dovrebbe metterci tutti in allerta. Noi occidentali ci siamo sempre macchiati di un grave eurocentrismo, ritenendo trascurabile l’importanza e il peso geopolitico di altri attori internazionali.
Questo tipo di vicende ci offre oggi un’opportunità per ridimensionare il nostro sguardo su noi stessi, evitare di peccare di presunzione e interessarci maggiormente a conflitti che ci sembrano lontani. A detta di chi scrive, l’unico modo per poter affermare con forza l’importanza dei paesi europei sullo scacchiere mondiale è quello di mettere da parte l’ottuso nazionalismo, reo di aver posto una benda sugli occhi degli spettatori occidentali, e intensificare gli sforzi per rendere questa Unione fattuale e non solo teorica.
Perché la Russia ce lo ha dimostrato in Ucraina, divisi non valiamo nulla. Non permettiamo a fanatici come gli Houthi di ricattarci, agiamo insieme.