L’ingresso di Bulgaria e Romania nell’area Schengen è una questione centrale nelle dinamiche europee recenti. I due Paesi sono membri dell’Unione europea dal 2007, ma nonostante ciò sono riusciti ad entrare nell’area Schengen solamente dopo quindici anni.
Tale evento riporta l’attenzione sul tema dell’allargamento dell’Unione europea, in specie per quanto concerne i Paesi dei Balcani occidentali.
Bulgaria e Romania nell’area Schengen
L’entrata nell’area Schengen, che elimina i controlli alle frontiere interne tra i paesi membri, è un traguardo fondamentale per Bulgaria e Romania, in quanto porterà ad un aumento significativo del turismo, sostenuto dunque da una velocizzazione dei controlli, ora più efficaci per garantire la sicurezza interna e mantenere una funzionale cooperazione giudiziaria.
Bulgaria e Romania soddisfavano i criteri tecnici da anni, come riconosciuto da diverse valutazioni della Commissione europea. Tuttavia, l’adesione nell’area Schengen è stata ostacolata da alcuni Stati membri che negli ultimi anni avevano sollevato preoccupazioni legate alla corruzione, alla giustizia e alla gestione delle frontiere.
La maggior parte di queste perplessità sono provenute da Austria e dai Paesi Bassi, che negli ultimi anni avevano sollevato preoccupazioni riguardanti la corruzione, il sistema giudiziario e la gestione delle frontiere. Tali timori erano in gran parte correlati al rischio di un aumento dei flussi migratori non controllati e a potenziali minacce per la sicurezza interna.
A tal proposito, la guerra in Ucraina è stata un elemento chiave, che ha contribuito ad una modificazione della percezione politica, in specie da parte proprio di Austria e Paesi Bassi, con l’acquisizione di una consapevolezza volta ad una maggiore cooperazione regionale, di cui Bulgaria e Romania divengono ora attori strategici: infatti, la Commissione europea e l’Europarlamento hanno più volte ribadito che l’ingresso dei due Stati rafforza la sicurezza e la coesione dell’Unione.
La situazione dei Paesi Balcanici occidentali per l’ingresso nell’UE

L’integrazione dei paesi balcanici orientali nell’Unione europea è una delle sfide più complesse della politica di allargamento dell’UE. La regione include Albania, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Kosovo e Bosnia-Erzegovina, Paesi con situazioni politiche ed economiche diverse.
Questi Stati hanno tutti lo status di candidati ufficiali, eccetto il Kosovo che rimane solamente potenziale candidato all’ingresso nell’UE. Tuttavia, i progressi per una futura entrata all’interno dell’Unione variano a seconda delle riforme interne e della volontà politica dei governi. L’UE ha sottolineato che il rispetto dei valori fondamentali come democrazia, stato di diritto, diritti umani e libertà dei media è un prerequisito essenziale per l’adesione.
Nonostante ciò, la regione è caratterizzata da diversi fattori che possono influenzare negativamente l’ingresso nell’Unione: la corruzione, la debolezza istituzionale e le tensioni etniche ne ostacolano i progressi. La Bosnia-Erzegovina, ad esempio, soffre di divisioni politiche interne che paralizzano le riforme necessarie. Il Kosovo, non riconosciuto da tutti gli Stati membri dell’UE, affronta ostacoli diplomatici significativi, nonostante proprio nel 2024 i documenti dei cittadini del Kosovo siano stati riconosciuti da tutti i membri, portando dunque ad un riconoscimento de facto.
D’altra parte, la Serbia deve risolvere le sue controversie proprio con il Kosovo e dimostrare un allineamento più deciso con le politiche europee, specialmente in ambito internazionale. Belgrado, infatti, a differenza degli altri Paesi citati, continua a non essere allineata con l’UE, soprattutto per il grande rapporto storico con la Russia e un miglioramento delle relazioni con la Cina.
L’UE ha intensificato i suoi sforzi per coinvolgere i Balcani occidentali attraverso iniziative come il “Processo di Berlino” e il “Piano economico e di investimento per i Balcani”. Questi strumenti mirano a stimolare la cooperazione regionale e ad accelerare le riforme, ma il percorso verso l’adesione rimane lungo e tortuoso.
Il Montenegro e l’Albania i più vicini all’adesione
Il Montenegro ha avviato i negoziati di adesione nel 2012 e ha aperto tutti i capitoli negoziali, chiudendone provvisoriamente sei. Il Paese è relativamente stabile politicamente e ha adottato riforme per rafforzare lo stato di diritto e combattere la corruzione. Il grande supporto dei montenegrini per l’entrata in UE, unito al fatto che il Paese già adotta l’euro, rendono il Montenegro un serio candidato per l’entrata nell’Unione.
L’Albania invece ha avviato i propri negoziati solo nel 2024, ma, nonostante ciò, ha già aperto sette capitoli negoziali; da considerare anche il fatto che il Paese è quello dove l’Unione europea gode di maggior gradimento da parte dei cittadini, con una stima del 95%.
Il primo ministro Edi Rama si è detto molto positivo al riguardo, sostenendo che i capitoli negoziali verranno chiusi tra il 2027 e il 2028, e che nel 2030 l’Albania farà parte dell’Unione europea.
Entrambi i Paesi hanno comunque beneficiato di un sostegno significativo da parte dell’UE, mostrando un impegno costante verso le riforme richieste. La loro adesione sarebbe un segnale positivo per tutta la regione, dimostrando che progressi concreti possono portare risultati tangibili.
Bosnia-Erzegovina e Kosovo gli stati con maggiori ostacoli
La Bosnia-Erzegovina ha ottenuto lo status di candidato ufficiale nel 2022. Il Paese rimane profondamente diviso lungo linee etniche. La complessa struttura politica, basata sull’Accordo di Dayton del 1995, crea una paralisi decisionale che rende difficili le riforme. La corruzione sistemica e la mancanza di un consenso nazionale sulle priorità europee aggravano ulteriormente la situazione.
Il Kosovo ha una situazione ancora più complessa, in quanto gode solamente dello status di potenziale candidato. Inoltre, nonostante abbia dichiarato l’indipendenza nel 2008, il Kosovo non è riconosciuto da cinque Stati membri dell’UE (Spagna, Grecia, Romania, Slovacchia e Cipro), che sommate alle relazioni tese con la Serbia, le quali hanno portato anche a sanzioni da parte dell’Unione europea, ostacolano il percorso di integrazione.
Macedonia del Nord e Serbia in posizione di stallo
La Macedonia del Nord per diversi anni non ha registrato alcun progresso, con motivazioni principalmente legate alla disputa sulla propria denominazione avute con la Grecia, risolte con l’Accordo di Prespa nel 2018. Solo dal 2022, anno dell’avvio dei negoziati di adesione, la Macedonia del Nord ha dimostrato una forte volontà politica di allinearsi con i valori e le politiche europee. Tuttavia, il cammino è stato rallentato da nuove controversie, come quelle con la Bulgaria riguardanti questioni storiche e culturali e dall’avvento politico del partito nazionalista VMRO.
La Serbia, nonostante l’avanzamento nei negoziati, ha necessità di raggiungere una risoluzione della questione legata al Kosovo e dimostrare un maggiore allineamento con le posizioni europee, stante la storica amicizia con la Russia e un forte avvicinamento, soprattutto militare, con la Cina.
Nemmeno la politica interna versa in una situazione favorevole: infatti, nelle ultime settimane le strade di Belgrado sono state caratterizzate da forti proteste studentesche nei confronti del presidente Vucic. Nonostante questo, la Serbia è il Paese extra-UE che ha goduto di maggiori finanziamenti da parte dell’Unione europea.
Qual è il ruolo dell’Italia?
L’Italia gioca un ruolo cruciale nei processi di integrazione europea dei paesi balcanici occidentali. La posizione geografica dell’Italia, nel cuore del Mediterraneo e prossima ai Balcani, rende il nostro Paese un naturale promotore della stabilità e dell’integrazione regionale.
L’Italia partecipa attivamente al Processo di Berlino, promuovendo iniziative bilaterali con i singoli paesi e presenziando quale attore di investimenti e progetti di sviluppo, con un coinvolgimento in progetti infrastrutturali ed energetici che mirano a integrare ulteriormente la regione con l’UE.
Come possiamo vedere, l’attuale governo italiano considera l’integrazione dei Balcani un tassello fondamentale per la sicurezza e la prosperità del continente. Continuare a sostenere i paesi della regione, incoraggiandoli nelle riforme e mantenendo alta l’attenzione dell’UE sui Balcani, sarà essenziale per garantire un futuro più stabile e integrato per l’Europa.
20250011