A seguito di due ricorsi il Tar dell’Emilia-Romagna ha deciso di sospendere la delibera della Giunta regionale che regolamentava il suicidio medicalmente assistito, con un percorso di 42 giorni. Il 15 maggio ci sarà la discussione collegiale in Camera di Consiglio.
Sentenza 242/2019: requisiti e applicazione
La Corte Costituzionale con la sentenza del 22 novembre 2019. n. 242 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 480 c.p., di fatto depenalizzando chi agevola l’esecuzione del suicidio assistito. Naturalmente all’interno del testo sono delineati i rigidi presupposti che il richiedente deve rispettare per poter accedere alla procedura, tra cui: persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, capace di prendere decisioni consapevoli, con patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili.
In più viene indicato che le modalità devono essere verificate dalla struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo il parere del comitato etico territoriale.
La delibera della giunta regionale dell’Emilia Romagna
Durante la presidenza regionale di Stefano Bonaccini è stata emessa la delibera n. 194 del 5 febbraio 2024, completando il percorso iniziato dalla sentenza prima citata. Questa delibera innanzitutto istituisce il Comitato regionale per l’etica nella clinica (COREC), che fornisce consulenza etica e pareri non vincolanti per richieste di suicidio medicalmente assistito.
In più sono state fornite alle Aziende sanitarie le Istruzioni tecnico-operative, ovvero linee guida per la gestione pratica di queste richieste. A proposito si esprime Donini, assessore alle Politiche per la salute, affermando: “Strumenti importanti che tracciano procedure e tempistiche e mettono il nostro sistema sanitario nelle condizioni di rispettare quanto stabilito dall’Alta Corte. Al primo posto la volontà e la dignità della persona”.
Fino ad oggi sono state completate due richieste di suicidio assistito e una terza è stata sospesa, proprio in concomitanza dei ricorsi presentanti al riguardo. Parlando delle motivazioni per cui è stata emessa la delibera sicuramente è al primo posto la volontà di eliminare il più possibile il vuoto normativo presente su questo tema e dare seguito alla sentenza della Corte, attuando un percorso breve, ma che rispetti tutti i parametri necessari.
Il percorso in questione si intervalla, dopo la presentazione della domanda, a valutazioni prima della Commissione di valutazione e poi del COREC, per arrivare in 42 giorni all’approvazione della richiesta e all’erogazione del servizio.
Problemi e contraddizioni: i ricorsi
Prima da parte di associazioni, come il Centro studi Rosario Livatino, e poi da parte della Consigliera regionale dell’Emilia-Romagna Valentina Castaldini (Forza Italia), sono stati presentati ricorsi al Tribunale Amministrativo per chiedere l’annullamento della delibera.
L’11 marzo è stato depositato il ricorso della Castaldini, per poi essere seguito – il 12 aprile – da quello del Consiglio dei Ministri e dal Ministero della Salute. Come afferma la Consigliera: “Non è accettabile che un atto amministrativo regionale sostituisca una legge nazionale su un tema così delicato.
Questa è battaglia che non è solo giuridica, ma anche di difesa dei principi etici e democratici fondamentali, in quanto fin da subito ho espresso forti perplessità sia sulla composizione della commissione incaricata, sia sull’opportunità di affrontare una questione tanto delicata e complessa con una delibera di giunta, e non con un confronto parlamentare serio, ampio e condiviso”.
Molti quindi i dubbi che si sono sollevati in merito e il Tar con il decreto del 24 aprile 2025, ha deciso di accogliere l’istanza cautelare e quindi di “congelare” la regolamentazione della Regione. La sospensione durerà fino al 15 maggio, giorno in cui ci sarà la discussione collegiale in Camera di Consiglio e verrà deciso se la delibera potrà restare in vigore o se verrà definitivamente annullata.
Anche il capogruppo di Forza Italia al Senato Gasparri ha commentato la questione: “Il tentativo delle Regioni di intervenire su questa materia è sconsiderato ed irresponsabile, oltre che chiaramente incostituzionale. Sugli esponenti della sinistra che avevano assunto decisioni del genere ricade una colpa morale gravissima. Si fermino”.
Tra “ricorsi ideologici” e diritti, arriverà la legge in Parlamento?
La sentenza della Corte costituzionale è chiara, meno la sua attuazione. Sicuramente la delibera della giunta è stato un passo in avanti nella concretizzazione del diritto al fine vita, ma ora bisognerà capire se i giudici decideranno a favore o contro. A prescindere dall’esito, verrà mai fatta una legge in Parlamento? Lo scopo di disciplinare a livello regionale il suicidio assistito era proprio quello di bypassare i lunghi tempi e le indecisioni presenti.
Il centro-sinistra sembra propenso a portare la tematica al legislativo, come disse Elly Schlein quando il ricorso era ancora solo un’idea: “Ricorso ideologico, bene l’Emilia-Romagna che attua la sentenza della Corte Costituzionale sul diritto importante a un fine vita dignitoso. Facciamo una legge in Parlamento”.
Il centro-destra invece sembra un po’ più dubbioso al riguardo. Riusciranno eventualmente, con due visioni così diverse, a legiferare sulla questione?
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