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    Mohannad, l’ennesima vittima del regime di Saied. La Tunisia è “Paese sicuro”?

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    Mohannad, 19 anni, un solo desiderio: salvarsi la vita. La storia di questo giovane attivista sudanese, recentemente ucciso nella Tunisia di Kais Saied, è purtroppo una di quelle che abbiamo già sentito troppe volte. Un migrante, un rifugiato, un ragazzo forse ritenuto troppo diverso da noi per meritare la nostra empatia, il nostro aiuto, o anche solo la nostra attenzione. Oggi, il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, promuove accordi definiti “strategici” con il Governo tunisino per gestire i flussi migratori verso l’Europa e l’Italia. Eppure, è lo stesso Paese in cui un ragazzo di 19 anni muore in circostanze misteriose, mentre migliaia di rifugiati continuano a subire quotidiane violazioni dei diritti umani.

    Storia di un’ingiustizia 

    A 19 anni ci sono tante cose a cui pensare: probabilmente stai preparando l’esame di Stato, il tanto atteso diploma è ormai vicino, e poi, se lo desideri, l’università ti aspetta. Esami, lavoro, impegni: tutte quelle attività che riempiono le tue giornate e definiscono la quotidianità di una persona. La tua quotidianità. Eppure, c’è chi nasce in contesti molto diversi, dove giovani, e spesso anche bambini, sono costretti a pensare a una sola cosa: sopravvivere. Le loro giornate non sono scandite dai manuali di storia e letteratura, ma dalla durezza dei lager libici. Questo è ciò che ha vissuto Mohannad, a soli 19 anni. 

    Avrebbe potuto essere tuo fratello, un amico, un compagno di scuola o di corso. Ma non ha avuto la tua, la mia, la nostra stessa fortuna. Non importa chi fosse Mohannad, quali fossero i suoi ideali, il suo carattere o persino la sua fedina penale. Non lo sappiamo e non lo sapremo mai. Sappiamo, però, che Mohannad, a 19 anni, è morto a Sfax, in Tunisia, dopo essere stato respinto due volte dalla civile e cristiana Europa.

    Aveva più volte tentato di raggiungere il nostro continente attraverso il mare, prima dalla Libia e poi dalla Tunisia, dove fu costretto a tornare  –  trovando la morte. Ma Mohannad Saad Adam non si è mai scoraggiato, non ha mai pensato nemmeno una volta di mollare la spugna. Quando nasci in un Paese come il Sudan, nel bel mezzo di una guerra civile che genera una delle più tragiche carneficine di inermi della storia umana, e con 8,1 milioni di sfollati interni che non trovano più un tetto, resistere è l’unica cosa che puoi fare, se ne hai le forze. 

    Nel 2023 Mohannad divenne un attivista per i diritti umani e dei rifugiati, iniziando una battaglia contro le ingiustizie che lui, insieme a migliaia di ragazzi, stava subendo. “Era un attivista che si batteva per i diritti dei migranti, lo ha fatto fino alla fine. È morto perché difendeva ciò che è giusto. Ho conosciuto Mohannad nel 2021 in Libia, era poco più di un ragazzino. Insieme abbiamo partecipato alle proteste davanti alla sede dell’UNHCR in Libia, poi lui è stato arrestato e detenuto nel lager di Ain Zara”, dichiara David Yambio, presidente di Refugees in Libya, uno dei primi a denunciare i fatti di Sfax. 

    Il suo decesso, tuttavia, non è ancora chiaro, e le modalità che hanno portato alla morte del giovane sono ancora da definire. I suoi amici e compagni attivisti dichiarano di aver assistito a una vera e propria esecuzione: «Un gruppo di sudanesi si era avvicinato a una fattoria per lavarsi la faccia – racconta il presidente di Refugees –. A quel punto un uomo è uscito di casa urlando frasi razziste e ordinando di andarsene, cosa che hanno fatto, mentre lui sparava prima in aria e poi sulla folla. Una persona è rimasta gravemente ferita. Così Mohannad è tornato sul posto a chiedere spiegazioni e lo hanno ucciso a colpi di arma da fuoco”.

    I migranti nella Tunisia di Kais Saied

    Nella Tunisia del dittatore Saied – un Paese che, dopo le primavere arabe, aveva riscoperto una fase di splendore ma che ora sembra sprofondare nuovamente nel vortice dispotico tipico delle peggiori tirannie africane – le aggressioni contro migranti e rifugiati subsahariani sono da tempo all’ordine del giorno. Secondo quanto denunciato dalla ong Mediterranea Saving Humans, Mohannad “è stato ucciso barbaramente, un amico che era con lui è stato gravemente ferito ed ora è in ospedale. Li ha colpiti un uomo tunisino, non si sa bene se appartenente a qualche gruppo organizzato, o peggio, a qualche corpo armato al servizio dell’autocrate Saied”. 

    In questo Paese, dove ong e organizzazioni internazionali documentano quotidianamente pestaggi da parte della polizia di frontiera ai danni di immigrati, poi trasferiti in lager dove sono privati di cellulare, cibo e altri viveri essenziali, il nostro Governo continua a considerare e classificare per legge la Tunisia come “Paese sicuro” per i rimpatri. 

    Le violenze delle autorità tunisine, però, non si limitano ai campi profughi: vanno oltre le mura e il filo spinato di quei luoghi infernali. Deportazioni nei deserti, stupri di donne – talvolta anche di minori – e pestaggi sono ormai prassi consolidata sotto il regime di Saied. Un alleato, quest’ultimo, che il nostro Presidente del Consiglio osserva con estremo interesse, al fine di frenare e forse gestire più efficacemente – ma certamente in modo meno umano e in spregio al diritto internazionale – i flussi migratori.

    La Tunisia è un Paese sicuro? 

    Il Tribunale dell’Aquila, accogliendo il ricorso presentato da un cittadino tunisino, ha posto l’attenzione –  nonostante l’inserimento della Tunisia nella lista dei “Paesi sicuri” prevista dal D.M. 17 marzo 2023 – sulla reale situazione attuale del Paese nordafricano. I giudici hanno evidenziato numerose criticità che interessano diversi ambiti della vita pubblica, tra cui: un tasso di democraticità in costante peggioramento, una magistratura la cui qualità desta preoccupazioni, continue violazioni dei diritti umani, arresti e deportazioni di massa, una grave crisi economica in corso e l’assenza di adeguate tutele per i migranti. 

    I magistrati abruzzesi hanno quindi motivato la loro decisione attraverso la seguente sentenza: “In primo luogo il ricorrente, in disparte il profilo della documentazione lavorativa prodotta, proviene dalla Tunisia, Paese che solo formalmente è inserito nella lista del Paesi c.d. di origine sicura. Invero nel recente periodo, si sono verificati in Tunisia eventi che hanno deteriorato il tasso di democraticità del Paese e una palese violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Segnatamente: a) per ciò che attiene all’indipendenza della magistratura, il provvedimento di reintegrazione di 49 su 57 magistrati, sospesi il 9 agosto 2022 dal TAR di Tunisi, a oggi è rimasto ineseguito; b) il 12 febbraio 2023, gli arresti di massa compiuti hanno visto coinvolti due giudici oggetto del provvedimento destituivo dell’agosto 2022.

    Il Presidente della Tunisia ha, poi, con riferimento agli arresti politici, affermato, riferendosi ai magistrati arrestati, che chiunque avesse “osato esonerare” dalle loro responsabilità gruppi criminali sarebbe stato considerato loro “complice” c) con riferimento alle elezioni svoltesi il 17 dicembre 2022, il comitato esecutivo dell’ISIE (organo indipendente di controllo delle elezioni) è stato sostituito da Saied con persone di sua fiducia. Pertanto, le successive elezioni parlamentari del dicembre 2022, così organizzate, hanno registrato una partecipazione inferiore al 9% degli aventi diritto al voto; d) il 14 settembre 2023, la Tunisia ha vietato l’ingresso nel Paese a una delegazione del Parlamento Europeo; e) l’ordinamento della Tunisia non contiene una disciplina “dedicata alla concessione dell’asilo o dello status di rifugiato”.

    Sotto tale aspetto, l’UNHCR, in data 27 giugno 2023, ha espresso profonda preoccupazione “per la sicurezza e il benessere di centinaia di migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Tunisia, che rimangono bloccati in condizioni terribili a seguito del loro allontanamento in aree remote e desolate vicino ai confini del Paese con Libia e Algeria. Tale preoccupazione, in data 17.07.2023, è stata condivisa dalla Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, in una relazione relativa alla conclusione di un memorandum d’intesa tra i paesi Unione Europea e Tunisia.

    Successivamente, in data 05.09.2023, anche il mediatore europeo ha aperto un’indagine di propria iniziativa su come la Commissione europea intendesse garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti in Tunisia. Anche l’Alto Commissariato per i diritti umani ha espresso serie preoccupazioni per il deterioramento dei diritti umani in Tunisia. Secondo l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, ISPI:” Molti esperti e organizzazioni internazionali hanno sottolineato che il nuovo ordinamento farebbe registrare un passo indietro nel paese quanto alla tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, oltre a indebolire l’indipendenza del potere giudiziario”.

    La relazione sui diritti umani redatta dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America, con riferimento alle questioni più significative in tema di diritti umani, ha riferito: “torture da parte di agenti governativi; arresti o detenzioni arbitrarie; seri problemi con l’indipendenza della magistratura; gravi restrizioni alla libertà di espressione e dei media, inclusi arresti o procedimenti giudiziari di giornalisti, censura o applicazione o minaccia di applicazione di leggi penali sulla diffamazione per limitare l’espressione; corruzione del governo; discriminazione e abusi sociali; reati che comportano violenza o minacce di violenza nei confronti di persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali; leggi che criminalizzano la condotta sessuale omosessuale consensuale tra adulti e l’applicazione di tali leggi; e le peggiori forme di lavoro minorile”.

    Conclusioni

    Questo sarebbe il “Paese sicuro” secondo la Presidente Meloni e il Ministro dell’Interno, Piantedosi. La classificazione, esplicitata nel Decreto Ministeriale del 17 marzo 2023 e basata sui criteri sanciti dal diritto dell’Unione Europea e dalla normativa italiana (D.Lgs. 25/2008), è la base della tragica morte di Mohannad. Un sistema privo di pietà, che calpesta le garanzie del diritto internazionale e annienta ogni tutela dei diritti e della dignità umana, condannando tanti giovani, proprio come Mohannad, a un vero e proprio martirio esistenziale.

    Potevi essere tu, poteva essere tuo fratello o una persona a te cara. Potevo essere io. Nessuno sceglie dove nascere, soprattutto nella sfortuna della guerra.

    Per approfondire:

    https://mediterranearescue.org/it/news/assassinato-a-sfax-un-attivista-sudanese-la-tunisia-non-e-un-luogo-sicuro

    https://www.nigrizia.it/notizia/tunisia-ucciso-rifugiato-sudanese-sfax-paese-sicuro-italia-europa

    https://www.ihu.unisinos.br/645740-mohannad-o-jovem-ativista-morto-na-tunisia-punido-porque-lutava-pelos-direitos-dos-refugiados

    https://www.intersos.org/guerra-sudan-una-catastrofe-umanitaria/#:~:text=Gli%20sfollati%20interni%20sono%208,hanno%20bisogno%20di%20aiuti%20umanitari

    https://www.meltingpot.org/2024/03/la-tunisia-non-e-un-paese-sicuro-riconosciuta-la-protezione-speciale-al-richiedente

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