Il mese di aprile si sta rivelando decisivo per la gestione del dossier nucleare iraniano. Le recenti dichiarazioni degli Stati Uniti, le posizioni di Teheran, i timori dell’AIEA e i primi contatti diplomatici tra le parti infiammano il dibattito su uno dei temi più sensibili e tesi della sicurezza globale. L’attuale contesto geopolitico condiziona il tutto e il rischio di un’escalation torna ad agitare il Medio Oriente.
La svolta statunitense sul disarmo
Il 15 aprile un rappresentante di Washington ha annunciato un cambiamento di posizione da parte della Casa Bianca: ora la richiesta è la completa eliminazione del programma nucleare iraniano. Nella nuova linea, molto più rigida rispetto a quella adottata negli ultimi anni, viene negata qualsiasi forma di arricchimento anche a scopi civili, interrompendo l’approccio negoziale e più diplomatico che prevedeva comunque ampi controlli internazionali. Secondo il rappresentante statunitense, attualmente il livello di progresso tecnologico raggiunto dall’Iran riduce i margini dei negoziati e le soluzioni di compromesso, imponendo un disarmo completo.
La posizione assunta dagli Stati Uniti mette a rischio la possibilità di un percorso diplomatico, riducendo lo spazio per mediazioni multilaterali e rilanciando, anche se non esplicitamente, l’ipotesi di un possibile ricorso alla forza.
La replica iraniana e principi strategici
La risposta iraniana non ha tardato ad arrivare: al cambio di rotta americano ha risposto rivendicando il proprio diritto allo sviluppo e all’arricchimento di uranio per fini civili, aggiungendo che tale prerogativa è tutelata dal diritto internazionale, in particolare dal celebre Trattato di Non Proliferazione.
Le autorità non hanno alcuna intenzione di negoziare sul mantenimento della capacità nazionale di arricchimento, negando la proposta di un trasferimento all’estero del materiale arricchito. L’Iran considera il proprio programma come parte integrante dell’autonomia strategica, nonché strumento di legittimazione politica a livello internazionale.
Sul piano interno, la posizione del governo è rafforzata da una mobilitazione nazionale in cui ogni concessione potrebbe essere vista come un cedimento. Allo stesso tempo, l’aggravarsi dell’economia genera pressioni sul governo, spingendolo a mantenere una linea salda nella scena internazionale.
AIEA: livelli di uranio preoccupanti
L’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) ha espresso serie preoccupazioni sull’evoluzione del programma. Secondo un’analisi, la Repubblica Islamica avrebbe aumentato di sette volte la produzione di uranio arricchito al 60%. Non siamo ancora ad un livello tale per la realizzazione di un’arma nucleare, ma la soglia non è lontana. Inoltre, le attività di monitoraggio e ispezione degli impianti sono sempre più ostacolate, e questo ovviamente rende molto difficile fornire una valutazione oggettiva del programma.
Il direttore generale dell’AIEA, Rafael Grossi, in un’intervista al quotidiano francese ‘Le Monde’ ha espresso le sue preoccupazioni: “Non basta dire alla comunità internazionale ‘non abbiamo armi nucleari’ perché ci credano. Dobbiamo essere in grado di verificarlo”.
Dialogo a Muscat: un segnale debole
A margine delle posizioni e delle dichiarazioni contrapposte, si è svolto un primo incontro diretto tra funzionari iraniani e statunitensi in Oman, a Muscat. Colloqui riservati ma definiti da fonti diplomatiche come ‘costruttivi’. L’Oman, storicamente attivo nel favorire mediazioni nel Golfo, ha facilitato l’incontro, il quale ha incluso ipotesi di moratoria sull’arricchimento e sulla sospensione di alcune sanzioni. Le parti sembrano ancora molto distanti ma quantomeno si intravedono punti di incontro.
La stampa iraniana, dal canto suo, ha riportato con cautela l’incontro, mentre dagli Stati Uniti le notizie che arrivano sono ferme sulla linea della non apertura a nessun tipo di accordo se non quello del disarmo totale.
Pressioni regionale e mediazione Saudita
Nel contesto mediorientale, l’Arabia Saudita ha offerto la propria mediazione per rilanciare i negoziati, cercando di trovare una soluzione che possa garantire un equilibrio duraturo in tutta la regione. Dopo il riavvicinamento diplomatico con Teheran del 2023, Riad ha come obiettivo prevenire una corsa agli armamenti, che potrebbe coinvolgere anche altre potenze come Turchia ed Egitto. Anche da Tel Aviv arrivano dei segnali, l’intenzione è quella di non consentire il raggiungimento della soglia nucleare.
L’Unione Europea ha chiesto di tenere una certa moderazione e di rispettare gli impegni internazionali. Tuttavia, il margine di influenza europea appare limitato di fronte alla polarizzazione creatasi tra Stati Uniti e Iran.
Prossime tappe e retroscena rilevanti
In questo clima teso, si considera con attenzione l’incontro previsto per domani, sabato 19 aprile, a Roma, dove si riuniranno rappresentanti diplomatici europei e mediorientali con l’obiettivo di riattivare una piattaforma negoziale multilaterale. L’Italia, insieme alla Francia, ha promosso l’iniziativa con l’intento di rilanciare il ruolo dell’Unione Europea come garante della stabilità e della legalità internazionale.
Nel frattempo, emergono anche nuovi dettagli che potrebbero influenzare la narrazione attuale. Secondo quanto riportato dal ‘New York Times’, durante il suo mandato il presidente Donald Trump avrebbe bloccato un attacco israeliano contro i siti nucleari iraniani, preferendo mantenere aperta la via diplomatica all’interno della sua amministrazione. La rivelazione mostra come, anche nei momenti di forte tensione, l’opzione del dialogo sia stata considerata percorribile ai massimi livelli, e solleva interrogativi sul margine di manovra a disposizione della comunità internazionale.
È ancora possibile una risoluzione diplomatica?
Il mese di aprile conferma la complessità e l’urgenza del dossier nucleare iraniano. L’alternarsi di segnali di apertura e successivi irrigidimenti, l’allarme degli organismi internazionali e il coinvolgimento di nuovi attori regionali delineano uno scenario instabile.
La possibilità di una soluzione diplomatica non è ancora del tutto compromessa, ma richiede una certa volontà politica e un cambio di approccio. Resta da chiedersi se le parti in causa saranno in grado di cogliere l’ultima finestra utile per evitare un’escalation che potrebbe travolgere l’intera regione.
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