‘Tu cosa pensi del nucleare?’ Silenzio. Colpi di tosse. Confusi balbettii, frasi farfugliate. Sembra di vivere una scena quotidiana, una di quelle che si ripetono a tavola, nelle cene tra parenti e amici, mentre si ingoia un boccone di qualche pietanza. La verità è che dopo i disastri di Three Miles Island nel 1979, di Chernobyl nel 1986 e di Fukushima nel 2011, l’energia nucleare è diventata un tema molto controverso, in grado di coinvolgere non soltanto le nostre posizioni politiche, ma smuovere anche domande profonde legate all’etica e alla morale di ciascuno.
Attualmente gli Stati dell’Unione hanno l’arduo compito di decidere se introdurre il nucleare nel proprio mix energetico, mentre l’Unione Europea si ritaglia il ruolo di supervisor, vigilando sugli standard di sicurezza delle centrali e sul corretto smaltimento dei rifiuti nucleari.
Oggi, mentre nel Bel Paese vengono raccolte le firme per una proposta di legge di iniziativa popolare sul nucleare, nel resto del mondo una scelta sembrerebbe essere già stata presa.
LA STORIA CONTROVERSA
La storia del nucleare in Italia è molto travagliata: erano gli anni Cinquanta ed il nostro Paese, nonostante le difficoltà economiche e l’imperativo contenuto nel piano Marshall di puntare su altre fonti non rinnovabili, avvia la costruzione di centrali nucleari per produrre energia elettrica. Vengono erette quattro centrali nucleari: a Ispra, il primo reattore di ricerca, a Borgo Sabotino, a Sessa Aurunca e a Trino, quest’ultima all’epoca dei fatti era considerata la più potente sul pianeta. Eravamo il terzo produttore al mondo di energia elettronucleare. La crisi petrolifera del 1973 aveva inoltre mostrato la concreta possibilità che il petrolio potesse scarseggiare nel tempo, per questo motivo pochi anni dopo venne varato il Piano Energetico Nazionale, che prevedeva la costruzione di venti reattori, poi ridotti a sei. A partire dal 1977 a Montalto di Castro, dove sarebbe sorto il quinto impianto, prende avvio la contestazione: vengono intraprese iniziative contro la costruzione del reattore, sorgono associazioni ambientaliste e l’intero movimento antinucleare si fortifica, unito sotto la bandiera del sole rosso che ride, e lo slogan ‘Nucleare? No, grazie!’.
Nel 1981 viene inaugurata la centrale di Caorso, ma le vicende giudiziarie del CNEN – Comitato nazionale energia nucleare – unite all’aspra faida politica che seguì alla nascita dell’Ente nazionale per l’energia elettrica e la triste vicenda di Three Miles Island, in Pennsylvania, dove una parziale fusione del nocciolo del reattore condusse al rilascio di sostanze radioattive nell’ambiente, portarono all’inabissamento dello sviluppo del progetto nucleare in Italia.
Poi l’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl scatena un’ondata di indignazione generale, non solo per l’incidente in sé ma anche per l’omertosa condotta governativa. Legambiente promuove a Roma la manifestazione “Stop al nucleare”. Il popolo sovrano va alle urne l’8 novembre 1987, e pur non essendo presente un quesito espressamente rivolto all’abolizione dell’energia dell’atomo, l’80% circa dei votanti pone fine a qualsiasi attività di sviluppo della fonte nucleare. L’impianto di Montalto non entrerà mai in funzione.
Il dibattito sul nucleare si ripropone dopo la crisi del primo Decennio degli anni Duemila, con l’aumento dei prezzi di petrolio e gas naturale. Sostenitore dello sfruttamento dell’atomo, il IV Governo Berlusconi tenta di ripristinare la capacità nucleare del Paese, varando una serie di leggi e decreti – tra cui il decreto-legge 112 del 2008 – con lo scopo di definire un nuovo programma energetico, in grado di comprendere nel proprio fuel mix l’energia in questione. In concomitanza con gli interventi legislativi interni, il Governo si muoveva anche sul fronte internazionale: il 24 febbraio 2009 il governo italiano e il governo francese siglano un accordo di collaborazione industriale sul nucleare civile. Il 30 settembre 2009 il governo italiano firma un’intesa simile anche con l’amministrazione Obama.
Nel 2010 il partito ‘Italia dei Valori’ propone un referendum sul nuovo programma energetico governativo e l’11 e 12 maggio dell’anno dopo, a pochi mesi dall’incidente di Fukushima, gli italiani tornano nuovamente alle urne. La scheda grigia chiedeva di cancellare dal decreto-legge 112 ‘Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria’ la frase ‘realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare’. Il Sì all’abrogazione ottiene il 94,1%.
Ciclicamente la questione viene riproposta, poiché ciclicamente si verificano vicende storiche ed economiche che rendono necessario un maggior approvvigionamento autonomo di energia e mutano le posizioni politiche degli stati e degli enti sovranazionali. L’invasione russa dell’Ucraina, l’elezione di un nuovo parlamento europeo, il brusco cambio di rotta dell’Unione Europea che da una negazione totale, oggi invece include le tecnologie nucleari tra quelle ammissibili e finanziabili della Tassonomia della Finanza Sostenibile, hanno riacceso in Italia la questione e hanno condotto alla proposta di legge di iniziativa popolare da parte di una pletora di partiti di diversa estrazione.
UNA SCELTA IMPROROGABILE
Allo stato attuale, secondo i dati del Gestore dei Servizi Energetici pubblicati sul sito istituzionale nel giugno del corrente anno, il mix energetico nazionale dell’energia elettrica immessa in rete relativo agli anni di produzione 2022 e 2023 è segnato da un incremento di produzione di FER e da scelte sempre meno carbon intensive. Dibattiti e discussioni sono sempre più serrati e la decisione sembra essere quanto mai imminente considerato l’aumento delle imprese cosiddette energivore – Big tech in testa – che decidono di rivolgersi al nucleare per il loro approvvigionamento energetico.
Nel mese di marzo Amazon ha firmato un accordo commerciale per accaparrarsi energia prodotta dalla nuova futura frontiera del nucleare: gli Small Modular Reactors. Gli SMR sono piccoli reattori nucleari, se paragonati alle tradizionali centrali, in grado di raggiungere una potenza di 100-300 MW. Inoltre, lo scorso settembre abbiamo assistito alla rinascita della celebre centrale nucleare di Three Miles Island per opera di Bill Gates, con lo scopo di nutrire i data center di Microsoft. Un mese dopo, Google firma un accordo commerciale storico per l’acquisto di energia prodotta da sistemi SMR, sviluppati da giovani start up americane.
Appare evidente che le Big Tech stiano investendo molto nell’energia nucleare. Non solo nel suo utilizzo ma anche nello sviluppo di nuove forme impiegatizie dell’atomo. Ci sono diverse ragioni in proposito, una su tutte il massiccio sfruttamento dell’intelligenza artificiale, utilizzata anche per contribuire alla risoluzione dei problemi scatenati dal cambiamento climatico, ma che oggi risulta essere consumatrice famelica di energia. Pensiamo al fatto che l’intero sistema di data center adottati per l’IA nel 2023 ha consumato una quantità di energia pari a quella di nazioni come il Canada o l’Italia. Una volta compreso che le rinnovabili non sono sufficienti a saziare la richiesta della Silicon Valley, il nucleare sembrerebbe l’unica soluzione possibile, o almeno la più proporzionale alla domanda.
Le vicende d’Oltreoceano influenzano pesantemente anche il nostro continente. Prima ancora di conoscere il risultato di un eventuale ennesimo referendum sul nucleare, l’Italia si è già impegnata con il PNIEC a introdurre l’11% di energia nucleare nel proprio mix entro il 2050 e anche le istituzioni europee avanzano verso una inaspettata apertura.
NUCLEARE? SÌ GRAZIE
Sicuramente tra le tesi a favore spicca la considerazione dell’energia pulita: la fissione dell’atomo richiede basse emissioni di C02, per cui risulta la fonte non rinnovabile più pulita. E in una fase storica in cui il settore energetico è impegnato nella transizione pulita, questa risulta essere una tesi preponderante, per via delle promesse ambiziose degli Stati e dei principali protagonisti economici circa l’adozione di un modello energetico in grado di contenere gli effetti del cambiamento climatico. Tra le tesi che depongono a favore, risulta esserci anche l’esiguità di spazio necessario per l’edificazione di un buon impianto: una centrale nucleare può infatti sostituire 431 turbine eoliche da 2.3 MW o 3125 pannelli solari da 320 watt. Inoltre, l’impiego di uranio permette di produrre quantità ingenti di energia, attraverso una quantità modesta di materia e grazie allo sviluppo delle più recenti tecnologie saremo presto in grado di produrre con 1 kg di uranio, l’equivalente di 3000 tonnellate di carbone. Si consideri infine che a differenza delle FER, le quali risultano essere discontinue e instabili poiché influenzate dalle variabili condizioni naturali, il nucleare è una fonte energetica stabile, in grado di garantire un flusso di energia continua per lunghi periodi di tempo.
NUCLEARE? NO GRAZIE
Inutile negare tuttavia che si tratta pur sempre di una fonte non rinnovabile, di conseguenza così come per il petrolio e il gas naturale, con il passare del tempo anche i giacimenti di uranio potrebbero depauperarsi e ciò comporterebbe una crescita del prezzo della materia prima e della conseguente estrazione, questo non risolverebbe né il problema economico, né tantomeno il problema della soggezione politica agli Stati ricchi della materia. Tra l’altro la raffinazione della materia prima risulta essere estremamente impattante per il Pianeta. Senza considerare gli ingentissimi costi iniziali per l’edificazione di una centrale e le tempistiche necessarie per poter ottenere un impianto funzionante, anche se gli odierni progetti SMR richiedono tempi minori.
Si apre a questo punto il grave problema dell’eliminazione dei rifiuti radioattivi, le scorie necessitano di essere smaltite in modo opportuno: fisicamente non è possibile annullare la radioattività dei rifiuti, per tale motivo è necessario contenerla in un’area protetta. I cimiteri radioattivi possono essere violati però da terremoti, maremoti, bombardamenti, atti di sabotaggio e malgrado le precauzioni tecnologiche, la resistenza dei materiali in cui questi rifiuti sono sigillati non è imperitura. I cimiteri radioattivi sembrerebbero passare in eredità alle generazioni future il problema dello smaltimento.
Infine, i gravi incidenti del passato ci hanno insegnato che la loro portata è così devastante da protrarre per secoli gli effetti disastrosi, per questo le ultime novità legislative in materia spingono verso il rafforzamento delle norme sulla sicurezza delle centrali, aumentando ancor di più i costi per la loro costruzione e il loro funzionamento.
NUCLEARE? FORSE
Non è facile prendere una posizione, non si tratta di una partita del nostro sport preferito e spesso il confine tra i pro e i contro è labile. Senza pretese di esaustività, quelle elencate sono solo alcune delle ragioni che depongono a favore o contro l’utilizzo dell’energia nucleare, che possono aiutare nella risoluzione di una personale analisi costi-benefici. Resta il quesito: e tu cosa pensi del nucleare?