Giovedì 8 maggio, a poco più di 24 ore dall’inizio delle votazioni, si è giunti alla conclusione di uno dei Conclavi più rapidi della storia. Robert Francis Prevost è stato eletto Papa con il nome di Leone XIV, ottenendo oltre 100 voti, secondo alcune fonti tra i 110 e i 115, esattamente il numero dei Cardinali elettori nominati da Papa Francesco. Questo dato suggerisce che i principali candidati al soglio di Pietro – Zuppi, Pizzaballa e Parolin – abbiano raggiunto un accordo, rappresentando quella che in The New Pope John Brannox definirebbe come “la via media”.
Come interpretare l’elezione di Leone XIV
L’elezione di Leone XIV potrebbe essere interpretata come il trionfo di una parte della Chiesa; tuttavia, la rapidità e la concretezza del Conclave indicano che questo risultato sia stato frutto di una preparazione accurata e strategica. Papa Francesco aveva designato Prevost alla guida del Dicastero per i Vescovi, un ruolo in cui si è occupato di selezionare, conoscere e proporre i futuri pastori della Chiesa, instaurando relazioni con tutti i cardinali, che a loro volta lo conoscevano bene.
Tale scelta rappresenta un atto di lungimiranza e di preparazione per un futuro papato, poiché Francesco aveva già provveduto a definire ruoli chiave per i suoi potenziali successori: Zuppi alla Conferenza Episcopale Italiana (CEI), Parolin alla Segreteria di Stato, Pizzaballa a Gerusalemme e Tagle alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
Questo scenario conferma ancora una volta la capacità strategica di Papa Francesco, il quale ha operato con prudenza e lungimiranza, cercando di compiere scelte ponderate senza mai fare passi indietro, ma proseguendo sempre con calma e determinazione. In un momento in cui la Chiesa attraversa acque agitate, la sua azione ha dimostrato di essere quella di un marinaio esperto, pronto a guidare la barca di Pietro verso un porto sicuro.
Da un gesuita ad un agostianiano: cosa cambia?
Non va poi trascurata la tradizione spirituale a cui appartiene Leone XIV: quella agostiniana. A differenza dei gesuiti, il cui carisma si fonda sull’azione missionaria, sull’adattabilità e su un’intensa formazione intellettuale, gli agostiniani mettono al centro la vita comunitaria, la ricerca interiore e la comunione fraterna. L’interiorità come luogo d’incontro con Dio, l’unità nella carità e la costruzione di comunità solide e coese rappresentano i cardini della loro spiritualità.
Questa differenza potrebbe segnare un cambiamento di tono e di stile nel pontificato di Leone XIV: meno orientato alla proiezione globale tipica della Compagnia di Gesù, ma più attento alla coesione interna della Chiesa, al dialogo tra pastori e fedeli, e alla cura delle relazioni nella vita ecclesiale. Non è dunque un caso che, nel suo primo discorso ai fedeli, abbia voluto richiamare con decisione il tema della sinodalità, segno di una Chiesa che cammina insieme, ascolta e si costruisce nella corresponsabilità.
Sempre in linea con la sensibilità agostiniana, che attribuisce particolare valore alla dignità del culto e alla tradizione liturgica, Leone XIV ha scelto di presentarsi ai fedeli indossando i paramenti papali, inclusa la mozzetta e la stola rossa. Un gesto eloquente, che richiama alla passione e al sacrificio, e che rivela una consapevolezza profonda del peso e della solennità del ministero petrino.
Leone XIV e la continuità con Francesco
Non è in discussione la sua continuità con Papa Francesco. A testimoniarlo è, anzitutto, il nome pontificale scelto da Leone XIV. Un richiamo a fra Leone, il compagno più fidato di san Francesco d’Assisi, colui al quale Francesco dettava le sue lettere, affidava i suoi pensieri più profondi, e che gli rimase accanto fino alla fine. Discreto, silenzioso, ma essenziale, fra Leone fu testimone e custode di una memoria spirituale che altrimenti sarebbe andata perduta.
È lecito pensare che questa scelta voglia evocare anche il rapporto tra Papa Prevost e Papa Francesco, fatto di fedeltà, ascolto e prossimità. Un legame che si traduce nella volontà di restare accanto al popolo di Dio non solo come guida, ma come amico e fratello, nel solco di una Chiesa che non dimentica ma cammina.
Non meno significativo è il riferimento a Leone XIII, pontefice della Rerum Novarum e padre della dottrina sociale della Chiesa. Papa Leone XIV ha dichiarato esplicitamente di essersi ispirato a lui, segnalando l’intenzione di affrontare le sfide della modernità con lo stesso spirito di discernimento e impegno che caratterizzò l’ultimo papa di nome Leone. La scelta rivela una visione orientata alla giustizia sociale, alla dignità del lavoro e all’attenzione per le trasformazioni della società contemporanea.
Il richiamo alla pace
Anche il costante richiamo alla pace testimonia la volontà di proseguire nel solco tracciato da Papa Francesco: una Chiesa attenta ai bisogni degli ultimi, capace di farsi voce profetica e attore credibile sulla scena internazionale, soprattutto come mediatrice nei conflitti. Del resto, come Bergoglio, anche Prevost è figlio dell’America Latina, avendo svolto gran parte del suo ministero in Perù.
Questa radice comune rafforza una visione ecclesiale centrata sui poveri, sull’ascolto delle periferie e sulla costruzione di un mondo più giusto e fraterno. Proprio come Papa Francesco, Leone XIV ha scelto di non indossare le scarpe rosse, la croce d’oro e l’anello d’oro, ma le proprie scarpe e i propri simboli, un richiamo alla povertà e alla semplicità.
Le possibili differenze
Resta aperta la domanda su quali saranno le differenze tra Leone XIV e il suo predecessore. In passato, Robert Francis Prevost ha espresso posizioni più caute su alcuni temi centrali del pontificato di Papa Francesco, come l’apertura pastorale verso le persone LGBTQ+ e il maggiore coinvolgimento delle donne nella vita della Chiesa.
Tuttavia, la storia insegna che il ministero petrino spesso trasforma chi lo assume: non è raro che un Papa si distacchi, per responsabilità e prospettiva, dal profilo che lo aveva contraddistinto da cardinale. Il motivo è semplice e profondamente ecclesiologico: il pontefice, pur operando in spirito di sinodalità, non agisce più solo in modo collegiale, ma esercita un primato effettivo, come sancito dal canone 331 del Codice di Diritto Canonico, che attribuisce al Romano Pontefice “la potestà ordinaria, suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa”.
Difficilmente, dunque, si assisterà a un’inversione di rotta netta rispetto a conquiste pastorali che hanno segnato in modo profondo e storico il pontificato di Francesco. Piuttosto, ci si attende un cambiamento di tono: Leone XIV si presenta come un pontefice più mite, forse meno carismatico, ma comunque deciso nell’affermare una visione di Chiesa attenta ai drammi del nostro tempo, capace di ascolto e di discernimento. La sobrietà che lo caratterizza non implica una riduzione dell’impegno, ma piuttosto una forma diversa di esercizio dell’autorità.
Il ritorno al Palazzo Apostolico
Una differenza concreta e simbolicamente rilevante sarà il ritorno del Papa al Palazzo Apostolico. Dopo dodici anni, il successore di Pietro tornerà a risiedere stabilmente nelle stanze tradizionali del Vaticano, segnando una discontinuità rispetto alla scelta di Papa Francesco di abitare alla Domus Sanctae Marthae. Una decisione legata più a esigenze operative e logistiche che a motivazioni di principio, ma che in ogni caso rappresenta un segno del cambiamento nello stile quotidiano di governo della Chiesa.
Sarà diverso nella continuità
Non è la prima volta che, dopo un pontificato di rottura, la Chiesa scelga di intraprendere una fase di normalizzazione per poter proseguire nel suo cammino. Già durante il Concilio Vaticano II, con Giovanni XXIII che aveva aperto una stagione di rinnovamento ispirato anche dalla Rerum Novarum di Leone XIII e dalle battaglie di don Lorenzo Milani, il conclave scelse di affidarsi a una figura più prudente e riflessiva come Paolo VI. Fu proprio Paolo VI, tuttavia, a portare a termine il Concilio e a guidare la Chiesa con lucidità, affrontando le sfide del tempo nuovo senza mai perdere la bussola. Nel 1978, in piena Guerra Fredda, la Chiesa scelse Giovanni Paolo II, come risposta all'”Impero del male”.
Oggi, la risposta sembra volgere verso un altro tipo di impero, quello dell’odio e della divisione, simbolicamente rappresentato da un altro contesto mondiale. In questa prospettiva, la scelta di un Papa americano, pur se formalmente tale, riflette la volontà di orientarsi verso un uomo che, pur avendo radici negli Stati Uniti, è profondamente legato alla missione e alla dimensione universale della Chiesa. Robert Francis Prevost incarna un ponte, non un muro, un pastore che conosce i confini perché li ha attraversati, e che, proprio per questa esperienza, potrà forse guidare la Chiesa a superare le divisioni.
Con l’elezione di Leone XIV, è evidente che molte consuetudini che avevamo imparato a conoscere potrebbero mutare. È improbabile assistere a gesti eclatanti o ad uscite pubbliche sorprendenti, come quelle a cui ci aveva abituato Papa Francesco. Leone XIV si profila come un Papa più sobrio, forse più “normale”, ma non per questo meno incisivo. Il suo motto episcopale, In Illo uno unum – “Nell’Unico siamo uno”, tratto da Sant’Agostino, suggerisce chiaramente la sua visione: un richiamo all’unità nella diversità, alla sinodalità e alla comunione tra le molteplici anime della Chiesa. È un segno del suo stile pastorale: meno gesti spettacolari, più riflessione, maggiore radicamento nella tradizione e nella realtà del popolo di Dio.
Conclusioni
Resta ora da osservare quale linea assumerà su temi delicati come i diritti civili: continuerà sulla scia di Papa Francesco o segnerà una distanza? La storia insegna che i Papi, una volta eletti, non sono mai esattamente come ci si aspetta. Le decisioni che prenderanno sono pesanti e le posizioni si evolvono con il tempo.
Il modo migliore per comprendere questa transizione è forse considerare che, se Francesco era il Papa che veniva dalla fine del mondo, Leone XIV rappresenta il Papa che viene dal mondo stesso. Con radici molteplici e intrecciate – statunitense, ma anche peruviano, agostiniano, romano, missionario – Leone XIV è un Papa che, pur radicato in una pluralità di esperienze, è chiamato a raccogliere il testimone delle riforme e a portarle a maturazione, con una visione globale che unisce.
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