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    Reddito libertà quale misura di contrasto alla violenza di genere

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    La Commissione Bilancio della Camera ha approvato all’unanimità un emendamento presentato da Italia Viva che incrementa di un milione di euro, a partire dal 2025, il “Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza”. Il reddito di libertà era stato istituito nel 2020 durante il Governo Conte II, con un fondo iniziale di 3 milioni di euro, quale strumento di contrasto della violenza degli uomini contro le donne. La legge di bilancio del 2024 aveva previsto per il reddito di libertà un fondo di 10 milioni di euro all’anno per il 2024, il 2025 e il 2026, raggiungendo così un totale di 30 milioni di euro. Dal 2027 saranno stanziati, invece, 6 milioni di euro all’anno. 

    Il decreto attuativo, firmato dai ministri Roccella, Calderone e Giorgetti stabilisce che le risorse statali saranno distribuite alle Regioni in proporzione alla popolazione femminile residente di età compresa tra i 18 e i 67 anni. Introdotto dal Decreto Rilancio, il reddito libertà è un contributo economico mensile, volto a favorire l’indipendenza economica e l’emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà legata ad uno stato di bisogno urgente, seguite dai centri antiviolenza. 

    Reddito di libertà: i requisiti

    Il reddito di libertà può essere richiesto dalle donne vittime di violenza, sole o con figli minori a carico, già seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali locali. Le destinatarie devono poi rispettare i seguenti requisiti: essere residenti nel territorio italiano; essere cittadine italiane o comunitarie o, in caso di cittadine di Stato extracomunitario, in possesso di regolare permesso di soggiorno; aver intrapreso un percorso di fuoriuscita dalla violenza presso i centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali; trovarsi in una particolare condizione di povertà e di vulnerabilità, nonché di “urgenza e di bisogno” dichiarata e certificata dal servizio sociale professionale di riferimento territoriale che si sta occupando della donna interessata. 

    Trattasi di un contributo massimo di 500 euro al mese, erogato per un tetto massimo di dodici mensilità. Le Regioni possono prendere in considerazione una sola domanda per beneficiaria e il contributo non può essere erogato se il richiedente ha già usufruito della stessa prestazione. Il reddito di libertà è finalizzato a sostenere prioritariamente le spese per assicurare l’autonomia abitativa e la riacquisizione dell’autonomia personale, nonché il percorso scolastico e formativo dei figli minori.

    Come fare domanda per il reddito libertà 2024 

    La domanda deve essere presentata presso il Comune di residenza o di domicilio; alcuni enti locali offrono anche la possibilità di inoltrare la domanda online. L’INPS, tramite una piattaforma dedicata, facilita l’invio telematico delle richieste redatte dai Comuni. Le domande possono essere presentate all’INPS nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre di ogni anno. Le istanze possono essere ripresentate se non accettate per mancanza di fondi, e devono essere effettuate tramite il modello di autocertificazione messo a punto dall’Istituto di previdenza. Queste devono essere altresì accompagnate dalla dichiarazione del centro antiviolenza e dei servizi sociali, che attesti il percorso di emancipazione e il bisogno urgente legato alla violenza subita dalla donna.

    Il reddito è finalizzato a sostenere l’autonomia abitativa e la formazione scolastica e professionale dei figli minori, se presenti; la condizione di povertà, legata ad uno stato di bisogno straordinario o urgente, è invece dichiarata dal servizio sociale professionale di riferimento territoriale. Il contributo non è incompatibile con altri strumenti di supporto come, ad esempio, l’assegno di inclusione.

    Le Regioni avranno inoltre la possibilità di integrare questi fondi con risorse proprie o con fondi del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Reddito di Libertà è cumulabile con altri strumenti di sostegno come la NASpI e altri sussidi economici regionali o locali. Infine, il contributo è esentasse, rendendolo così interamente disponibile per le spese necessarie.

    L’impatto del reddito di libertà 

    Per il triennio 2021-2023, sono stati stanziati 9 milioni di euro annui per il finanziamento della misura. A partire dal 2024, le disposizioni prevedono un incremento dei fondi a 10 milioni di euro annui per il triennio 2024-2026, con una successiva riduzione a 6 milioni di euro a partire dal 2027. È importante monitorare le scadenze regionali per la presentazione delle domande, in quanto i fondi vengono assegnati fino ad esaurimento. Le testimonianze raccolte dai centri antiviolenza sottolineano come il Reddito di Libertà abbia avuto un impatto positivo sulla vita delle donne che ne hanno beneficiato. L’indipendenza economica è infatti un fattore chiave per interrompere il ciclo della violenza domestica.

    Questo contributo ha permesso a molte donne di avviare percorsi di formazione o riqualificazione professionale, ma ha anche aumentato le opportunità di inserimento lavorativo e garantito un’abitazione sicura per sé e per i propri figli, mettendo le stesse donne nella condizione di prendere distanze dal contesto di violenza e sostenere le spese quotidiane, riducendo così la dipendenza economica dal partner violento.

    Indipendenza economica quale strumento di libertà 

    L’art. 3 della Convenzione di Istanbul definisce la violenza contro le donne “una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata.” Per le donne, oggi, discutere di denaro è dunque il primo passo per rompere i tabù, migliorare le proprie competenze e la propria autoefficacia, decostruire stereotipi, allontanarsi dalla violenza, acquisire consapevolezza. 

    Secondo il Report annuale di D.i.Re, pubblicato a luglio 2023, la forma più frequente di violenza esercitata contro le donne è quella psicologica, segue poi quella fisica. Almeno 1 donna su 3, invece, subisce violenza economica. Quest’ultima, nello specifico, ha carattere trasversale: è indipendente dalle fasce di reddito, riguarda un’età compresa principalmente tra i 40 e i 60 anni, e affonda le radici nella relazione che le persone instaurano con il denaro sin dall’infanzia. Questo tipo di violenza può essere considerato un modello di controllo che impedisce alla donna di guadagnare e di gestire in autonomia le risorse della famiglia; si concretizza in comportamenti dell’uomo volti a depotenziare la propria partner, appropriandosi del suo reddito o facendo in modo che non lavori.

    Queste condotte rendono la donna dipendente dal punto di vista economico e finanziario, privandola della possibilità di autodeterminarsi e della libertà di allontanarsi da eventuali situazioni di pericolo, fenomeno che si verifica anche a livelli socioeconomici elevati. Secondo i dati di D.i.Re, le donne che vengono accolte nei centri antiviolenza, oltre a denunciare casi di violenza psicologica (79%) e fisica (61%), sono vittime anche di violenza economica (34%).  

    Differenze di genere

    È diffusa la credenza che sia l’uomo a doversi occupare principalmente delle questioni economiche e che spetti a lui, di conseguenza, accrescere le proprie conoscenze finanziarie. Le donne, invece, secondo la tradizione, gestiscono le questioni quotidiane e familiari e mostrano poco interesse nel possedere conoscenze finanziarie, anche di base. La maggior parte delle persone ritiene che questa ripartizione dei compiti sia equilibrata. Tuttavia, questa divisione è problematica da molti punti di vista perché, oltre a relegare la donna a determinati compiti, minaccia la percezione del proprio valore e della propria capacità di gestire le entrate in maniera autonoma. 

    Oltre alla libertà, l’indipendenza economica dà poi maggiore sicurezza: essere in grado di guadagnare, risparmiare e investire aiuta ad avere maggiore controllo sul proprio futuro e maggiore consapevolezza di sé stesse e del proprio valore.

    Il futuro e l’autonomia

    Raggiungere l’indipendenza economica costituisce uno degli obiettivi principali nella vita di ogni individuo, a prescindere dal suo genere. Tuttavia, è particolarmente rilevante per le donne, per le quali le sfide da affrontare per raggiungere l’autonomia economica sono ancora molte. Le motivazioni che tengono le donne lontane dall’emancipazione finanziaria, e che le dissuadono dal coltivare interesse per le questioni economiche, sono da ricercare soprattutto negli stereotipi culturali che ancora sopravvivono nella nostra società

    Una delle sfide da affrontare per raggiungere l’indipendenza economica riguarda infatti proprio la disuguaglianza di genere. Proprio per questo, è fondamentale ripensare il modo in cui l’educazione finanziaria viene insegnata alle bambine per far sì che, una volta adulte, queste abbiano consapevolezza dei propri diritti e delle proprie possibilità.

    Per le donne, oggi, discutere di denaro è dunque il primo passo per rompere i tabù, migliorare le proprie competenze e la propria autoefficacia, ma anche decostruire gli stereotipi, allontanarsi dalla violenza ed acquisire consapevolezza.

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