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    Ucraina: NATO e declino del potere di deterrenza

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    Nonostante disponga di tutti i mezzi necessari per supportare Kiev, le divisioni interne tra alleati continuano a indebolire la capacità della NATO di contenere Mosca, ponendo l’Ucraina in una situazione altamente rischiosa e minando irrimediabilmente la credibilità dell’Alleanza.

    Definito comunemente nelle relazioni internazionali come caposaldo dell’Alleanza Atlantica, l’articolo 5 del Trattato di Washington delinea chiaramente come le parti debbano intraprendere, in caso di attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale, immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria. È inoltre d’obbligo aggiungere che, come corollario dell’articolo 5, basato sul principio di legittima difesa individuale o collettiva, la missione stessa della NATO delinei come compito dell’Alleanza sia garantire la libertà e la sicurezza di tutti i suoi membri mediante strumenti politici e militari. 

    Ma la dichiarazione d’intenti della NATO va oltre lo spazio geografico degli Stati che ne fanno parte, dichiarando come l’Alleanza contribuisca alla pace e alla stabilità anche attraverso cooperazioni globali, allargando il suo raggio d’azione oltre alla mera protezione dei propri membri, impegnandosi a promuovere i propri valori specialmente al di fuori dei suoi confini. Tuttavia, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, la sua effettiva capacità di garantire stabilità mondiale in modo efficace e duraturo risulta ormai poco credibile per svariati fattori.

    Divisioni interne come ostacolo alla minaccia russa

    Una problematica profondamente radicata limita l’efficacia della NATO, un’intrinseca debolezza che compromette da tempo il suo potere di deterrenza: l’Alleanza resta internamente frammentata, con divergenze significative soprattutto per quanto riguarda l’appoggio militare e l’invio di armi all’Ucraina. In particolare, alcuni Paesi dell’Europa orientale, come Ungheria e Slovacchia, guidati da governi il cui operato sembra discostarsi di molto dai principi democratici alla base dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica, percepiscono le politiche NATO come oppressive e intrusive, alimentando un distacco che li avvicina, eccezion fatta per la Polonia, alla Russia

    Anche la Turchia, pur essendo membro NATO, ha preso una posizione sempre più indipendente, allineandosi con attori come l’Iran e i Fratelli Musulmani, sostenendo Hamas e mantenendo un atteggiamento ostile verso Israele, storico alleato degli Stati Uniti e dell’Occidente. Di recente, inoltre, Erdogan ha avanzato richiesta di adesione ai BRICS, un blocco politico-commerciale guidato da Russia e Cina, che mirando a costruire un ordine alternativo a quello occidentale presentandosi come contrappeso alla NATO e ai valori occidentali, sta riuscendo ad attirare Paesi autoritari come Iran, Corea del Nord e altri regimi, aumentando il divario all’interno dell’Alleanza.

    Inoltre, nonostante la NATO abbia incrementato il proprio budget per la difesa collettiva del 9%, destinando risorse aggiuntive a supporto dell’Ucraina, un altro fattore fondamentale che limita i singoli governi nel raggiungere una posizione unitaria rispetto sul sostegno all’Ucraina risiede nel persistente timore da parte dell’Alleanza di una possibile escalation del conflitto. Comprensibilmente, la paura risulta particolarmente evidente tra i membri più influenti, come Stati Uniti, Regno Unito e Germania, che hanno imposto precise restrizioni sull’impiego di alcune tipologie di armi fornite a Kiev. 

    Le principali preoccupazioni riguardano l’eventualità che tali armi possano essere impiegate per attaccare direttamente il territorio russo, andando così a provocare una risposta militare di più ampia portata da parte di Mosca. Questo timore, dimostrato più volte in modo esplicito dai rispettivi leader politici, rischia però di incoraggiare l’aggressività di Putin: vedendo nella NATO la mancanza di volontà nello spingersi troppo avanti per paura delle sue reazioni, il leader russo potrebbe sentirsi autorizzato a proseguire con le sue politiche espansionistiche, fiducioso di non subire risposte militari dirette. 

    Il “Piano di vittoria di Zelensky”: tra integrazione nella NATO e minaccia di escalation

    Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha recentemente esposto quello che ha chiamato “Piano per la vittoria”, che include tre proposte strategiche principali, la prima delle quali consiste proprio nell’integrazione dell’Ucraina all’interno dell’Alleanza Atlantica come misura di protezione a lungo termine e simbolo di sostegno internazionale contro la minaccia russa. La seconda è un supporto diretto della NATO in un’operazione difensiva congiunta in modo tale da intercettare e abbattere i missili e droni lanciati da Mosca. La terza, che suggerisce di rafforzare la difesa nazionale attraverso un aumento delle risorse e delle capacità militari ucraine, implicherebbe eliminare le attuali restrizioni sull’impiego di missili a lungo raggio, in modo da poter colpire obiettivi strategici russi e indebolirne le basi operative

    Come è facile immaginare, l’Alleanza ha respinto senza possibilità di mediazione la proposta, temendo che tale coinvolgimento possa provocare un’ulteriore escalation del conflitto. Di fronte a questi limiti di cooperazione, Zelensky si è sbilanciato ventilando l’idea che l’Ucraina possa sviluppare armi nucleari, un’opzione estrema che riflette però la frustrazione del presidente verso un supporto incostante ricevuto dalla NATO. 

    Un test per la credibilità dell’Alleanza

    In un contesto così altamente divisivo, risulta ora semplice comprendere come l’entrata dell’Ucraina nell’Alleanza appaia sempre più incerta, o comunque ulteriormente ritardata dalle differenti posizioni degli Stati membri. Nell’ultimo summit NATO a Washington DC, gli Stati membri avevano già affermato congiuntamente la possibilità dell’Ucraina di entrare a far parte dell’Alleanza militare solamente “a consenso raggiunto, e dopo che tutte le condizioni necessarie saranno soddisfatte.”

    Oggi, nonostante la situazione per Kiev sia notevolmente peggiorata, la posizione degli alleati sembra essere rimasta invariata. Questo ritardo nell’adesione, come sottolineato dal presidente ucraino, non sembra solo ostacolare ulteriormente gli sforzi per rafforzare la difesa dell’Ucraina contro l’aggressione russa, ma andrà irrimediabilmente a minare la credibilità internazionale dell’Alleanza Atlantica nel rispondere alle sfide della sicurezza globale. Di fronte a queste dinamiche, la NATO, al settantacinquesimo anniversario della sua fondazione, non può considerarsi in grado di rispondere efficacemente alle sfide globali senza un’effettiva riacquisizione del suo potere deterrente attraverso un accerchiamento compatto e omogeneo contro la minaccia russa. Dopo l’annessione della Crimea e con gli Accordi di Minsk come parentesi di un processo d’espansione ormai segnato, il Cremlino non si accontenterà di una mera influenza sull’Ucraina, ma al dominio completo del Paese. Sta ora alla NATO reagire con un’unica voce.

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